Reich arretrò. Si voltò. Cadde. Si trascinò privo di forze per quell’eterno vuoto, urlando: — Powell! Duffy! Hassop! Quizzard! T8! Church! Dove siete tutti? Per l’amor di Dio!
Ed era faccia a faccia con l’Uomo senza Volto, che disse: — Non esiste Dio. Nulla esiste tranne tu e io.
Reich alzò gli occhi e li fissò nel volto del suo mortale nemico, dell’uomo a cui non poteva sfuggire, il terrore dei suoi incubi, la rovina della sua esistenza.
Era…
Lui stesso.
D’Courtney.
Entrambi.
Due visi fusi in uno solo. Craye D’Courtney. Ben Reich. D’Courtney-Reich.
Non riusciva a emetter suono. Non riusciva a compiere un gesto. Non vi era né tempo né spazio né materia. Non vi era nulla tranne il suo pensiero agonizzante.
Padre?
Figlio.
Tu sei me?
Siamo noi.
Non capisco. Che è accaduto?
Hai perduto la posta, Ben.
Al gioco della Sardina?
No, al gioco del Cosmo.
Ho vinto. Ho dominato il mondo intero.
E per questo hai perduto. Per questo perdiamo.
Che cosa perdiamo?
La sopravvivenza.
Non riesco a capire.
La mia parte di noi capisce, Ben. Anche tu capiresti, se non mi avessi allontanato da te.
Come ho fatto ad allontanarti da me?
Con la tua corruzione.
Tu dici questo, traditore?
Io ho tradito senza passione, Ben. Ho tradito per distruggerti prima che tu potessi distruggere noi, per aiutarti a perdere il mondo e vincere la posta.
Che posta? Di quale gioco cosmico?
L’enigma. Il labirinto. Le Galassie, le Stelle, il Sole, i Pianeti, le Lune… questo era il problema che dovevamo risolvere. Noi eravamo la sola realtà. Tutto il resto era invenzione, balocchi con cui trastullarci, scenari, bambole, pupazzi, passioni fittizie. Era una realtà da burla quella che avremmo dovuto risolvere.
Io l’ho conquistata. Io l’ho posseduta.
Ma non sei riuscito a risolverla. Io non so quale sia la soluzione, ma non è certo furto, terrore, odio, ingordigia, assassinio, rapina. Tu non ci sei riuscito e tutto è stato distrutto, disperso.
Allora che sarà di noi?
Siamo finiti anche noi.
Perché? Chi siamo noi? Che cosa siamo?
Forse che il seme del nostro fittizio universo sapeva chi o che cosa era quando non trovava un terreno fertile in cui germogliare? Forse che lo sperma sapeva chi o che cosa era quando non trovava qualcuno da fecondare? Importa forse chi o che cosa siamo? Siamo falliti. Siamo finiti.
Ma esistevamo!
Forse se avessimo risolto l’enigma, Ben, il mondo avrebbe mantenuto la sua realtà e potremmo essere ancora tra le cose che conoscevamo e amavamo. Ma tutto è finito. La realtà si è mutata in ipotesi e tu ti sei svegliato infine… al nulla.
Torneremo indietro! Tenteremo di nuovo!
Non c’è ritorno. È finita.
Troveremo il modo. Ci deve essere qualcosa…
Non c’è nulla. È finita.
È questa la morte?
Come vi può essere morte quando non vi è mai stata vita? È finita. Noi ci dissolviamo, svaniamo, scompariamo. È…
Finito.
Trovarono i due uomini la mattina seguente nei giardini sovrastanti il vecchio canale di Harlen. Powell era seduto a gambe incrociate sull’erba umida, il viso segnato, il respiro faticoso. Reich era avvolto su se stesso, come un feto, completamente catatonico.
Trasportarono subito Powell a casa sua, nella Hudson Ramp, dove gli scienziati del Laboratorio della Lega si diedero subito da fare attorno a lui e poi si congratularono che per la prima volta nella storia della Lega l’Azione di Massa fosse stata applicata con successo. Non c’era nessuna fretta di occuparsi di Reich. Al momento opportuno, secondo la procedura opportuna, il suo corpo inerte fu trasportato al Kingston Hospital.
Otto giorni dopo Powell si alzò, fece un bagno, si vestì, salutò con riconoscenza le infermiere e uscì. Si fermò un momento da Sucre e Cie e ne uscì con un pacco, e poi proseguì verso il Comando della polizia per fare il suo rapporto al commissario Crabbe.
Passando, fece una capatina nell’ufficio di Son.
Salve, Chas. Peetcy ha dato la sua approvazione circa il movente del delitto D’Courtney?
È andato tutto a meraviglia. Il processo è durato un’ora. Reich andrà alla disintegrazione, ora.
Bene. È meglio che salga e lo dica chiaro e tondo a Crabbe.
Che cos’hai sotto il braccio?
Un regalo.
Per Crabbe?
No, i regali che faccio a lui sono sempre illegali.
Arrivederci.
Powell salì all’ufficio tutto ebano e argento di Crabbe. Crabbe fu corretto, ma freddo. Il caso D’Courtney non aveva certo migliorato i suoi rapporti con Powell.
— Dichiarato colpevole, eh? — disse con tono bellicoso. — Che io sia dannato se mi portate delle prove obiettive…
— Si trattava di un caso eccezionalmente complicato, signore — rispose Powell cortesemente. — Nessuno di noi riusciva a vederci chiaro. Neppure lo stesso Reich sapeva perché avesse ucciso D’Courtney. L’unico che ha afferrato la verità è stato il Calcolatore Legale di Accusa.
— Peetcy? E come ha fatto?
— Quando gli sottoponemmo per la prima volta gli elementi da noi raccolti, Peetcy dichiarò che il movente passionale non era sufficientemente documentato. Noi tutti eravamo convinti che si trattasse di movente economico. Così credeva anche Reich. Sotto questo pretesto la sua coscienza mascherava il vero movente del delitto, che era passionale. Non potremmo sostenere la nostra tesi su un piano obiettivo perché venimmo a sapere che, quando Reich propose a D’Courtney la fusione delle due compagnie, D’Courtney la accettò, ma Reich diede al messaggio cifrato un’interpretazione errata. Doveva accadere così. Reich doveva continuare a credere di voler uccidere D’Courtney per ragioni finanziarie.
— Perché?
— Perché non poteva fronteggiare il vero motivo.
— Qual era?
— D’Courtney era suo padre.
— Come! — esclamò Crabbe sbalordito. — Suo padre? Sua carne e sangue?
— Sì, signore. Tutto era dinanzi ai nostri occhi. Solo che non potevamo capire… perché neppure Reich poteva capire. Quella proprietà su Callisto, ad esempio, quella di cui si servì per allontanare dalla Terra il dottor 1/4 Maine, Reich la ereditò da sua madre, che l’aveva avuta da D’Courtney. Tutti noi eravamo convinti che il padre di Reich l’avesse in un modo o nell’altro sottratta a D’Courtney nel corso di qualche affare e l’avesse intestata a sua moglie. Ci sbagliavamo. D’Courtney l’aveva regalata alla madre di Reich come pegno d’amore alla madre di suo figlio.
Crabbe spalancò la bocca.
— E c’erano anche altri indizi. L’impulso al suicidio di D’Courtney, provocato da un grave complesso di colpa e di abbandono. Aveva ripudiato suo figlio. Quel pensiero lo perseguitava. Ora aggiungete l’immagine, da me intravista nel subcosciente di Barbara D’Courtney, di Ben Reich e di lei stessa uniti come fratelli siamesi. Oscuramente lei sentiva di essergli quasi sorella. Poi, l’incapacità di Ben Reich a uccidere Barbara: anch’egli sapeva la verità, nel profondo del subcosciente. Lui voleva uccidere lo spietato padre che l’aveva ripudiato, ma non riusciva a fare alcun male alla sorella.
— Quando avete scoperto tutto questo?
— Quando Reich mi attaccò per chiarire l’origine dei tranelli di cui era vittima.
— Dannazione, Powell, qualcuno doveva averglieli tesi! E se non voi chi altro?
— Reich stesso, signore!
— Reich?
— Egli uccise suo padre, e con ciò si liberò della sua carica d’odio. Ma la sua coscienza non poteva permettere che il delitto rimanesse impunito. Dal momento che la polizia non riusciva a condannarlo, la sua coscienza stessa entrò in azione. Questo il significato degli incubi di Reich.