— Salve, Ben.
— Non aver quell’aria così allegra, Ellery — brontolò Reich. — Dov’è Hassop? Pensavo che con ogni probabilità tu…
West gli mostrò i volumi. — La storia della mia carriera alla Sacramento per i tuoi registri. Detta carriera si è conclusa stamattina alle nove.
— Che cosa?
— La Lega ha rotto i suoi rapporti con la Sacramento. Lo spionaggio al servizio di una compagnia è stato definito immorale.
— Ellery, non puoi andartene ora. Qualcuno mi ha teso un tranello sull’astronave stamattina. Devo scoprire chi è stato. Ho bisogno di una telespia.
— Mi dispiace, Ben.
— Non devi lavorare per la Sacramento. Ti farò un contratto personale per servizio privato. Lo stesso contratto che ha Breen.
— Breen? Lo psicanalista? Non ce l’ha più.
— Più?
— La disposizione è stata emanata oggi. Vieta ogni pratica telepatica a servizio di un singolo ente o di una singola persona. L’attività professionale delle telespie ha ora dei limiti ben precisi. La nostra opera deve giovare al maggior numero di persone possibile.
— È quel bastardo di Powell! — gridò Reich. — Sta mettendo in azione tutti i più luridi mezzucci da telespia che possa ideare quella sua mente tenebrosa per demolirmi.
— Ti sbagli, Ben. Powell non c’entra nulla in tutto questo. È stato T’sung Hsai, il nostro presidente. Il vecchio T-H ha finalmente esteso la sua giurisdizione al campo commerciale e ha emanato una serie di nuove disposizioni proprio questa mattina. Tu sei rimasto impigliato tra due di esse, ecco tuttol
— Voi dannate telespie parlate tanto di morale, ma vi battete con mezzi più sporchi di…
— A che serve inveire, Ben? Abbiamo sempre cercato di andare d’accordo. Non urtiamoci proprio ora!
— Va’ al diavolo! — tuonò Reich e interruppe la comunicazione. Nello stesso tono disse al pilota dell’astrolancia: — Conducetemi a casa!
Reich irruppe nel suo appartamento risvegliando ancora una volta i cuori dei suoi dipendenti al terrore e all’odio. Gettò la valigia al maggiordomo dalla faccia equina e si precipitò nell’appartamento di Breen.
Non c’era nessuno.
A grandi passi raggiunse le sue stanze e si accostò al telefono. Compose il numero di Gus T8. Lo schermo s’illuminò:
CHIUSO DEFINITIVAMENTE
Reich fissò queste parole, stupito, e chiamò Jeremy Church. Sullo schermo apparve:
CHIUSO DEFINITIVAMENTE
Imprecò e tentò di entrare in comunicazione con il casinò di Keno Quizzard. Di nuovo quelle parole:
CHIUSO DEFINITIVAMENTE
Reich si aggirò incerto nel suo studio, poi si avvicinò al bagliore di vivida luce che era la sua cassaforte, nella speranza che il vecchio Reich avesse qualche consiglio da dargli. Mise la cassaforte in fase visibile: comparvero subito gli scaffali disposti ad alveare e allungò la mano per prendere la busta rossa. Mentre la stava afferrando udì un lieve suono secco. Si chinò di scatto e fece un balzo indietro, col viso nascosto tra le braccia. Qualcosa lo colpì con violenza a un fianco e lo sbatté contro la parete. Udì i passi frettolosi dei servi nel corridoio e urlò: — Non entrate! Nessuno!
Inciampò tra le rovine e si mise a frugare tra i resti della sua cassaforte. Trovò il disgregatore psichico che aveva sottratto alla donna dagli occhi rossi amica di Chooka Frood. Trovò il malefico fiore d’acciaio, la pistola a stiletto con cui aveva ucciso D’Courtney. Conteneva ancora quattro proiettili carichi d’acqua racchiusi in capsule di plastica. Si ficcò le due armi in tasca, prese dalla sua scrivania una nuova scatola di bulbi esplosivi, e uscì di corsa dalla stanza, senza badare ai servi che lo fissavano attoniti.
Reich discese bestemmiando rabbiosamente dal suo appartamento nella Torre al garage sotterraneo dove introdusse la chiave della sua Cavalletta nella fessura apposita e attese che l’apparecchio uscisse. Quando comparve, con la chiavetta infilata nella portiera, Reich fece girare la chiave nella serratura e spalancò la portiera per balzare a bordo. Ci fu una sorda esplosione. Reich si gettò a terra. Il serbatoio della Cavalletta saltò in aria, vomitando un rovinoso torrente di carburante e di frantumi di metallo. Reich si trascinò affannosamente verso la scala che conduceva all’uscita, la raggiunse, e vi s’infilò di corsa.
Una volta in strada, insanguinato, impregnato dell’odore del creosoto, fece cenno a una Cavalletta pubblica di fermarsi.
— Dove andiamo? — chiese il conducente.
Egli cercò di ricomporre i suoi pensieri. — Da Chooka Frood, Bastion West.
— Ma non vi lasceranno entrare conciato così.
— Chooka Frood! — ripeté Reich.
In un balzo la Cavalletta lo portò a destinazione. Reich passò come un lampo dinanzi al portiere, che invano cercava di protestare, e all’indignato usciere, e entrò nell’ufficio di Chooka. La donna sedeva alla scrivania, con addosso una blusa nerastra e sul viso un’espressione fosca che si mutò in apprensione quando Reich si trasse di tasca il disgregatore.
— Eccomi qua, Chooka — disse con voce rauca. — Già una volta ho usato questo disgregatore contro di voi. Mi sento in vena di ripetere la scenetta.
Lei urlò: — Magda!
Reich l’afferrò per un braccio e la trascinò attraverso l’ufficio. La donna dagli occhi rossi accorse rapida. Reich l’attendeva. La colpì alla nuca, seccamente.
Poi, ignorandola completamente, sibilò all’orecchio di Chooka: — Sistemiamo la faccenda. Perché tutti quei tranelli?
Chooka scosse con forza la testa, alquanto stranita.
— Già tre, finora. Uno sull’astronave proveniente da Pardi. Uno nel mio studio. Uno sulla mia Cavalletta. Quanti altri ne stai preparando, Chooka?
— Ma non sono stata io, Reich. Lasciatemi in pace!
— La serratura della mia cabina è stata forzata. La chiusura della mia cassaforte è stata forzata, la serratura della portiera della Cavalletta è stata forzata. Soltanto un delinquente di professione può aver fatto un lavoro simile. C’entri tu, non c’è dubbio, così sistemiamo le cose una volta per sempre. — Tolse la sicura al disgregatore. — Devo battere un uomo a nome Powell, io. Devo battere una compagnia a nome D’Courtney. Non ho tempo da perdere con te.
— Per amor di Dio — urlò Chooka. — Ma che cosa posso avere io contro di voi? È vero che mi avete messo la casa sottosopra. È vero che ve la siete presa con Magda e che per colpa vostra la ragazza D’Courtney mi è sfuggita; ma vi sembra che potrei tendervi insidie mortali solo perché mi avete minacciato con un disgregatore? Usate il cervello, se l’avete.
— Lo so usare bene. Se non si tratta di te di chi altro si può trattare?
— Keno Quizzard. Anche lui ha rapporti con la malavita. Vi ho sentito parlare di…
— Quizzard è morto. Chi altro può essere?
— Church.
— Non ha il fegato sufficiente per attaccarmi o l’avrebbe fatto dieci anni fa. Ora poi sta aspettando la mia ricompensa. Chi altro può essere?
— Come posso saperlo io? Vi sono parecchie centinaia di persone che vi odiano.
— Migliaia, ma chi potrebbe arrivare alla mia cassaforte? Chi saprebbe interrompere una combinazione di fasi magnetiche e…
— Forse nessuno ha scassinato la vostra cassaforte. Forse qualcuno è penetrato nel vostro cervello e ci ha captato la combinazione.
— Captato?
— Sì, captato. Forse avete fatto male a fidarvi di Church o c’è qualche altra telespia che ha tutte le sue buone ragioni per prepararvi la bara.
— Sì — bisbigliò Reich.
— Church?
— Powell! Non riesce a raccogliere gli elementi per un processo. L’ho bloccato con la canzonetta di Duffy Wygs. L’ho bloccato con il gioco della Sardina. Non riesce a comunicare con 1/4 Maine e a venire a capo del problema del Rhodopsin. Non riesce a rintracciare l’arma del delitto. È riuscito a mettere le mani sulla ragazza D’Courtney, ma a quest’ora lei è probabilmente al Kingston Hospital. Hassop è morto travolto dagli animali in fuga o s’è perduto nella giungla. A Powell non resta altro che tendermi dei tranelli.