Литмир - Электронная Библиотека
A
A

A metà pomeriggio arrivò al fiume. L’acqua bruna scorreva in un letto stretto al di là del quale sorgeva un’isola. C’era una zattera tirata sulla riva dell’isola fra il fiume e gli alberi.

Nia smontò di sella. Il terreno attorno a lei era disseminato di cenere e frammenti di legno bruciato. C’erano orme nella terra, di persone e cornacurve, e mucchi di sterco. Tutto lo sterco era vecchio.

Nia si prese cura dell’animale, poi raccolse legna e accese un fuoco. Anzitutto legna morta. Non i pezzi marci che erano stati mangiati dagli insetti, ma dei bei pezzi asciutti, compatti, senza su niente a parte qualche chiazza della pianta rossa a scaglie. Quando il fuoco ardeva ormai veramente bene, vi aggiunse legna viva. Questa fece fumo, che si alzò come il tronco di un albero, denso e scuro.

Non successe nulla per il resto della giornata. Nia mantenne il fuoco acceso. Durante la notte dormì accanto al fuoco e si svegliò parecchie volte per aggiungere legna. Nella foresta poteva esserci di tutto: lucertole grosse come gli umazi, assassini dagli artigli affilati, osupai o tulpai. Molto meglio la pianura. Le piaceva vedere che cosa la seguiva.

Al mattino raccolse altra legna. Il cibo era quasi finito. Alimentò bene il fuoco, poi si sedette ad aspettare. Aveva il corpo irrigidito e si sentiva la mente come una pentola di ferro: pesante e vuota.

A metà della giornata una persona emerse dalla foresta sull’isola. Spinse in acqua la zattera e vi salì. Sul lato della zattera era attaccato un bastone biforcuto. La persona sistemò nella biforcazione un lungo remo.

La zattera si allontanò lentamente dalla riva. La persona incominciò a muoversi in un modo che in un primo momento Nia non riuscì a capire: chinandosi e raddrizzandosi. Il remo si alzava e si abbassava. L’acqua gocciolava dalla pala lunga e larga.

Su e giù. Dentro e fuori dall’acqua. Dopo un po’ Nia si rese conto di quello che stava accadendo. Il remo spingeva la zattera. Invece di scendere la corrente, la zattera l’attraversava.

Un lavoro lento! E duro! Nia osservava, sentendosi irrequieta. Non era mai facile stare seduti a mani vuote quando altre persone facevano qualcosa di utile. Si alzò e si diresse verso la riva.

La zattera era vicina. La persona sulla zattera era Tanajin. Lanciò un’occhiata a Nia, ma non fece alcun cenno di riconoscimento. Continuò invece a muovere il remo. Nonostante tutti i suoi sforzi, la zattera veniva trascinata dalla corrente. Sarebbe arrivata a riva più a valle di Nia.

Nia s’incamminò lungo l’argine, poi si tolse i sandali ed entrò con i piedi nell’acqua. — Che cosa posso fare? — gridò.

Tanajin si chinò e afferrò qualcosa. — Ecco! — Lo gettò.

Una fune. Si srotolò a mezz’aria e cadde nell’acqua. Nia afferrò un’estremità. L’altra era fissata alla zattera.

— Tira! — ordinò Tanajin.

Nia si avvolse la fune attorno all’avambraccio finché non fu tesa, poi allargò i piedi e conficcò le dita nel fondo fangoso, afferrò saldamente la fune e incominciò a tirare.

Hunh!

La zattera rallentò.

Hunh!

La zattera si fermò.

Hunh!

La zattera incominciò a virare.

Tanajin tirò fuori dall’acqua il remo, che restò sollevato, sostenuto dal bastone biforcuto, anche se Nia non riusciva a capire esattamente come. Poi saltò nel fiume. Aiya! Che tonfo! Era nell’acqua fino al torace, appoggiata alla zattera e spingeva con forza. Nia continuava a tirare. Grugnivano tutte e due come cornacurve. La zattera arrivò a riva.

Le due donne uscirono dall’acqua. Tanajin prese la fune e la legò attorno a un albero. — Dov’è Ulzai? — chiese. — Non è tornato.

Nia fece il gesto che significava "non lo so".

Tanajin fece il gesto della domanda.

— Una lucertola ci ha seguiti nelle rapide. Ulzai si è alzato in piedi per affrontarla. È successo qualcosa. Non so esattamente che cosa. La barca si è capovolta. Tutti noi… — Chiuse la mano a pugno, poi l’aprì. Il gesto significava "dispersi" o "spariti".

— Ahi! — esclamò Tanajin.

— La lucertola non era un umazi. Ulzai ha osservato bene l’animale. Ha detto che non era niente di eccezionale. Ci ha parlato del suo sogno. Gli umazi gli avevano promesso che sarebbero stati loro la sua morte.

— Che ne è stato delle persone senza pelo? — s’informò Tanajin. — E del pazzo? Sono affogati?

Nia fece il gesto che significava "no". — C’è un nuovo villaggio sul lago. L’hanno costruito le persone senza pelo e non assomiglia a nessun altro villaggio che io abbia visto. Li-sa e Deragu sono laggiù. E anche l’oracolo. Io sono venuta ad aggiustare la tua pentola.

Tanajin fece il gesto che significava "andiamo avanti".

Si diressero all’accampamento di Nia. Il fuoco era quasi spento. Tanajin disperse i rami con un calcio. Era impazzita? Era a piedi nudi. Senza dubbio sembrava furiosa. Aveva un’espressione corrucciata e il pelo sulle arcate sopraccigliari scendeva a tal punto che le nascondeva gli occhi.

Nia sellò Macchia Bianca, muovendosi con circospezione e facendo il minimo rumore possibile. Condusse l’animale fino alla zattera e lo fece salire. Non fu un’impresa facile. L’animale tremava e sbuffava. — Non è il modo di comportarsi di un castrato — disse Nia. — Calmati! Non comportarti come un maschio! — L’animale agitò le orecchie. La coda fremeva, ma non si alzò. Era un buon segno. L’animale era inquieto, ma non realmente spaventato. Non era sul punto di fuggire per il terrore. Nia tenne saldamente le briglie e fece dei suoni per calmarlo.

Tanajin slegò la fune, poi spinse la zattera verso il largo, usando il remo.

La zattera si mosse dolcemente. Era fatta di tronchi legati insieme. La corda non era del tipo usato sulla pianura, fatto con lunghi e sottili pezzi di cuoio intrecciati. Questa corda era fatta di una fibra pelosa. Nia aveva visto qualcosa di simile nell’est. Il Popolo del Rame la usava per fabbricare reti. Proveniva dal lontano sud.

Quanti tipi di persone c’erano? Quante specie di doni?

Si spostarono lentamente verso il centro del fiume. Macchia Bianca sbuffava e batteva uno zoccolo. Nia gli massaggiava il collo peloso. Si voltò a guardare indietro. C’era una lucertola nel fiume fra loro e la riva occidentale. Era grossa, diretta a sud.

Aiya! Nia tirò con forza la briglia, facendo girare la testa al cornacurve e assicurandosi che Macchia Bianca non la vedesse. — Ce ne sono state parecchie? — chiese.

Tanajin alzò lo sguardo. — Lucertole? Sì.

Riprese a spingere con il remo. Quando arrivarono all’isola, parlò di nuovo. — Vedo le lucertole quando trasporto le persone attraverso il fiume. Loro amano viaggiare lungo questa riva. L’acqua scorre lentamente e ci sono le paludi dove cacciano. La lucertola che vi ha seguiti si è comportata in modo molto strano.

— Seguiva il sangue — disse Nia. — L’oracolo aveva una ferita. Perdeva sangue nell’acqua.

— È lui la causa!

Nia fece il gesto del dissenso. — Credo che la causa risalga a molto prima. Penso che siano stati gli spiriti della caverna.

Tanajin fece il gesto della domanda.

Nia le parlò della caverna con le pitture sulle pareti. — L’oracolo ha detto che era piena di spiriti. Erano affamati. Li ha nutriti, ma non erano soddisfatti. Volevano altro sangue. Questa è la mia opinione, comunque. Non lo so con certezza.

— È troppo complicato per me — ribatté Tanajin. — Ho bisogno di una sciamana. Forse dovrei andare a cercarne una.

Tirarono fuori dall’acqua la zattera e la lasciarono lì, attraversando l’isola a piedi. Gli alberi erano pieni di uccelli chiassosi. Il terreno era ricoperto di escrementi: bianchi, rossi e color porpora.

Dall’altra parte dell’isola c’era un’altra zattera. La usarono per attraversare un altro ramo del fiume.

Successe la stessa cosa. Tirarono sulla riva la zattera e attraversarono l’isola. Trovarono un’altra zattera.

127
{"b":"120967","o":1}