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Theresa, che finalmente era felice.

I tre mendicanti si avvicinarono all’edificio semi intatto dove era accampata la tribù di infettati. Tutti i Vivi, ovviamente, si erano rifugiati all’interno. Theresa, Dirk e Lizzie si acquattarono davanti alla porta chiusa e cominciarono a mendicare.

— Dei vestiti caldi, per favore. Oh, per favore, dateci dei vestiti caldi se ne avete di scorta, di notte fa così freddo…

Jackson lo sapeva: sarebbero rimasti lì per giorni, se fosse stato necessario. Quella volta, lui pensava che non fosse il caso. I mendicanti avevano con loro un bambino. Gli inibiti, all’interno e all’esterno delle enclavi, erano più propensi ad aprire alle donne e ai bambini. L’Ordine del Cervello Spirituale, Jackson odiava quel nome, ma lo aveva scelto Theresa, aveva tremila membri disseminati per il paese, senza contare i medici affiliati e gli sponsor industriali, ma solo il ventotto per cento era di sesso maschile. Eppure il numero continuava a crescere. L’Ordine cresceva.

Quasi con la stessa velocità con cui si diffondeva l’inibizione.

Comunque le maggiori ditte farmaceutiche, la Kelvin-Castner, la Lilly, la Genetech Neuropharm, la Silverstone Martin, erano vicine a un antidoto. Lo sarebbero state ancor più se la piaga inibitoria si fosse trasmessa più facilmente. La razza umana era stata fortunata. Se una persona in un accampamento o in un’enclave veniva infettata, di solito la malattia si trasmetteva a tutti per le condizioni sanitarie scadenti e per le abitudini di alimentazione dei Cambiati. La trasmissione fra gli accampamenti e le enclavi, tuttavia, risultava lenta perché, una volta infettati, gli inibiti non andavano in visita e non ne ricevevano.

Theresa stava cambiando quell’attitudine.

— Vi prego, soltanto un cappotto caldo… — pregò il piccolo Dirk.

A volte all’accampamento si limitavano ad aprire la porta e a lanciare fuori quanto era stato chiesto: vestiario, una brocca d’acqua, un cono a energia-Y d’avanzo per scaldarsi. I mendicanti non andavano via. C’era una cosa da dire sugli ordini religiosi, pensò Jackson aspettando di fare la sua parte nell’ombra: erano insistenti. Matti, forse, ma insistenti.

E, a volte, efficaci.

La porta dell’edificio dei Vivi si aprì di uno spiraglio. Un uomo vi passò attraverso, seguito da una bambina. Jackson attivò gli zoom delle lenti. La bambina non era Cambiata, Jackson studiò la chiazze calve e infiammate su un fianco del cranio: lesioni arrotondate, crostose al centro e squamate sui lati. Tigna, molto probabilmente. Per il resto, però, la bambina appariva sana, anche se inibita. Ma non come altri. Il neurofarmaco traditore, come ogni altra droga, agiva su persone diverse in modo diverso. Esistevano perfino casi di immunità naturale, studiati con bramosia dalle industrie farmaceutiche e dalla CDC.

La bambina si chinò dietro le gambe dell’uomo ma sbirciò verso Dirk.

Treeboy sorrise.

Forse Jackson non avrebbe atteso a lungo per fare la sua parte.

L’equipaggiamento era pronto, caricato su un fluttuante: medicine, un roboinfermiere e, cosa più importante, olocassette da vedere sul terminale dell’accampamento, un terminale cui erano abituati, che faceva parte della solita routine. Theresa avrebbe iniziato con gli ologrammi sulla cura medica dei bambini non Cambiati. Perfino i più inibiti avrebbero fatto qualcosa di nuovo se ne andava della vita dei figli. Più bambini nonCambiati nascevano, più divenivano disperati gli inibiti, e quel bisogno era la chiave per entrare nelle loro vite.

Una volta dentro, Theresa avrebbe presentato ologrammi sulla preparazione. Lei stessa, sempre spaventata, avrebbe insegnato come superare la paura immaginando un sé differente. In seguito, avrebbero imparato le tecniche di biofeedback che avrebbero reso neurochimicamente reale quel sé differente. Temporaneo, ma reale. E pronto all’uso quando se ne avesse avuto bisogno.

O finché non si fosse trovata una soluzione medica al problema.

Una soluzione medica sarebbe stata più semplice, più facile, più veloce. Sarebbe bastato prendere un neurofarmaco. Con il neurofarmaco giusto sarebbero diventati meno paurosi, più entusiasti, più speranzosi, meno infuriati, più letargici: qualsiasi cosa. Ma Theresa e i suoi discepoli non usavano neurofarmaci. Quindi, come Jackson aveva sempre sostenuto, la questione non era: "Quanto sono influenzati neurochimicamente gli esseri umani?" La questione era: "Perché non venivano influenzati da altro se non dalla neurochimica?". Perché, e come, uomini e donne potevano scegliere di agire contro la paura, il desiderio, la speranza, la rabbia, l'inerzia? Chiaramente perché erano in grado di scegliere. Lo stava facendo Theresa proprio davanti ai suoi occhi. Quindi, non "l'uomo non è soltanto un ammasso di sostanze neurochimiche?" Ma piuttosto "come può l'uomo diventare qualcos'altro?"

Jackson non conosceva le risposte. A sette anni di distanza, quelle domande lo mettevano ancora a disagio.

Si alitò sulle mani: si stava facendo freddo. Jackson attivò i filamenti a energia-Y intessuti nei suoi abiti. Theresa, Dirk e Lizzie scomparvero all'interno dell'edificio: ottima cosa visto che gli stracci che indossavano i mendicanti non avevano inserti a riscaldamento-Y. E nemmeno scudi personali. I mendicanti avevano telecomandi monitorati dai medici e dalle infermiere di riserva, spalleggiati a loro volta da robot di sicurezza attentamente nascosti e altamente equipaggiati. Nei sette anni dell'Ordine del Cervello Spirituale di Theresa, i robot di sicurezza si erano resi necessari solo in tre occasioni. Gli inibiti non erano famosi come combattenti.

Il sole cominciò a calare sopra le rovine di St. Louis. Un'altra notte di veglia. Jackson sospirò, attivò la tenda a scudo-Y e portò all'interno il fluttuante. Chiamò Vicki.

— Salve, Jackson. Come procede l'assalto? Troia non è ancora caduta?

Jackson sogghignò. — Abbiamo appena fatto entrare il cavallo di legno. Fa' che Lizzie non ti senta mai chiamarlo in quel modo.

— La gente presa nella morsa di una mania religiosa temporanea non ha il senso dell'umorismo. Anche se la mania è temporanea da sette anni. Come stai, amore?

— Solo. — Jackson guardò con attenzione il volto di Vicki sul piccolo schermo portatile. — E tu come stai? Sembri… è successo qualcosa.

— Sì — rispose Vicki. I suoi occhi viola riflettevano la luce, come un vino purpureo.

— Qualcuno ha trovato l'antidoto — azzardò Jackson.

— No. Anche se alla K-C continuano a sbandierare che sono vicini. Qualcos'altro… Chiaramente non hai visto i notiziari. L'università di medicina di Chicago ha fatto un annuncio.

— Un annuncio? Di che?

— Ovuli e sperma. Congelati per sette anni, sconosciuti finché non sono arrivati la settimana scorsa con un robot ad attivazione temporizzata.

Un leggero battito riempì le orecchie di Jackson. In lontananza, al di là delle ombre, la porta dell'edificio dei Vivi si aprì di nuovo. — Ovuli e sperata. Di chi?

— Indovina un po', Jackson. Dei Super-Insonni. Miranda Sharifi, Terry Mwakambe, Christina Demetrios, Jonathan Markowitz: tutti i geni morti che noi normali non sapevamo come riprodurre.

Jackson non disse nulla. Una piccola figura scivolò fuori dalla porta dell'accampamento nelle lunghe ombre del tramonto.

Vicki continuò: — All'università di medicina di Chicago sono stati progettati per la prima volta gli Insonni originali, centoventicinque anni fa. Leisha Camden, Kevin Baker, Richard Keller. Miranda Sharifi doveva avere una vena sentimentale, dopo tutto.

— Quindi ricomincerà tutto da capo.

— Se li fertilizzeranno, sì. Il dibattito sarà feroce. Abbiamo bisogno di altri "dei" da una riscoperta machina? O stiamo meglio se agiamo rozzamente per conto nostro?

La piccola figura era quella di Dirk. Con lo zoom, Jackson riuscì a vedere che il piccolo era terrorizzato, entusiasta, orgoglioso di sé, desideroso di tornare dentro. Dirk agitò freneticamente le mani in direzione di Jackson perché si avvicinasse all'edificio.

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