Lizzie scandì chiaramente: — Per Shockey Toor.
— Un voto per Shockey Toor. Ufficialmente registrato.
— L’ho fatto! — sospirò Lizzie con un sospiro. — Vicki, adesso tu.
Vicki votò. Jackson, non iscritto alla lista dei votanti della Contea di Willoughby sentì il petto serrarsi. Lizzie avrebbe avuto la sua vittoria, ma era l’unica che avrebbero ottenuto i Vivi. Lei non aveva idea delle forze che la struttura del potere in carica avrebbe messo in gioco appena avesse affrontato seriamente quella minaccia. Guardò i tristi boschi inzuppati di pioggia. Un chipmunk arruffato sfrecciò davanti a loro.
— Svelto! — disse Lizzie. — Richieda un totale aggiornato!
— Lizzie, sono soltanto le nove e tre minuti!
— D’accordo, allora, richiami un canale di notiziari.
Lo fece Vicki. Il Canale 14 si stava interessando della storia. Jackson vide l’immagine di una robocamera del familiare campo di alimentazione della tribù, vuoto. Erano entrati tutti per votare.
Una voce disse: — Qui, nel giorno delle elezioni straordinarie nella Contea di Willoughby in Pennsylvania, i cittadini stanno votando per la carica di supervisore distrettuale in un’insolita elezione. Uno dei tre candidati non è abituato a cariche pubbliche, e forse è anche inadeguato. Queste sono le elezioni che hanno acceso un dibattito nazionale su chi sia più adatto a servire il pubblico, su come vengono compilate le liste elettorali e su quali salvaguardie abbiano diritto di aspettarsi i politicamente innocenti contro i politicamente opportunisti. Per la prima volta, alla nostra telecamera è stato concesso di affacciarsi alla porta aperta di questa "comunità"per vederne i membri votare.
La robocamera zoomò verso la porta dell’edificio e si regolò per la scarsa luce all’interno. Lenti grandangolari mostrarono il terminale della tribù in un lato del grande spazio comune, appoggiato su una tavola coperta con un telo bianco, rosso e blu. Dall’altra parte c’era la tribù allineata per avanzare, uno alla volta, e votare. Centosessantadue Vivi si trascinavano in avanti, tenendo in braccio bambini, dandosi la mano.
— Ecco la mamma con Dirk! — squittì Lizzie. — E Billy. E Sharon con Callie. Shockey deve avere già votato, voleva andare per primo. — Passò un istante. — Ma perché sono così?
Jackson si sporse in avanti per guardare lo schermo.
Lizzie disse: — Perché sembrano tutti così strani?
La robocamera zoomò in avanti. Sharon Nugent, Franklin Caterino, Norma Kroll, Scott Morrison: un volto dopo l’altro appariva teso, insicuro. Fronti aggrottate, sguardi abbassati, respiro accelerato quando gli occhi si sollevavano verso la telecamera. Sharon stava aggrappata alla madre anziana e poi Sam Webster si avvicinò a tutt’e due.
— Ma che sta succedendo? — gridò Lizzie. — Dov’è Shockey?
La robocamera lo individuò, raggomitolato su una vecchia sedia da giardino, in un angolo buio. Shockey teneva le mani serrate in grembo. Quando alzò gli occhi sui votanti il suo viso si tese. Jackson avrebbe giurato che Shockey stesse tremando.
Qualcuno chiuse di scatto la porta dell’edificio dall’interno.
— In violazione agli accordi presi precedentemente, i Vivi hanno appena escluso la nostra robocamera — disse il giornalista fortemente dispiaciuto. — Adesso passiamo a un altro seggio tribale nella contea… No, anche questo edificio pare chiuso.
— Spegni. Passa ai totali — disse Vicki.
Erano le 9:17. Jackson trovò la tabella sul canale governativo, un diagramma silenzioso e spoglio:
VOTO POPOLARE
SUPERVISORE DISTRETTUALE CONTEA DI WILLOUGHBY
ELEZIONI STRAORDINARIE
SUSANNAH WELLS LIVINGSTON: 3
DONALD THOMAS SERRANO: 192
SHOCKEY TOOR: 2
Mentre guardavano vennero registrati altri due voti a favore di Donald Thomas Serrano.
— Stanno barando, loro! — gridò Lizzie. — Abbiamo visto la gente votare per Shockey.
— Abbiamo visto delle persone votare — la corresse Vicki. — Non possiamo sapere realmente per chi.
— Dev’essere un broglio!
Jackson rifletté rapidamente. I risultati non avevano alcun senso. Però Vicki aveva ragione, probabilmente, e il sistema non stava barando: nessuno avrebbe osato tanto. Un sistema truccato contro un candidato Vivo quel giorno poteva essere truccato a sfavore di un candidato Mulo in futuro. I notiziari avrebbero assoldato fantastici pirati informatici per portare a galla l’imbroglio. No. Stava succedendo qualcos’altro. Che cosa? Perché?
— Voli verso casa — ordinò Lizzie. — Forza, in fretta!
Jackson scambiò un’occhiata con Vicki, fece decollare il veicolo e tornò indietro. Durante il breve percorso, videro Donald Thomas Serrano catturare virtualmente ogni voto. Tutti votavano presto, come cittadini seri. Jackson fece atterrare l’aeromobile di fianco ai veicoli della stampa: nessuno lo degnò di attenzione finché non emerse Lizzie. Lei ignorò domande e commenti, correndo verso la porta principale. Jackson e Vicki la seguirono, mostrandosi di pietra.
La porta era bloccata.
Lizzie pronunciò i codici di sovrapposizione e si lanciò all’interno.
— Lizzie! — esclamò Annie. — Perché corri, tu? Che cos’è successo? — Annie strinse forte Dirk che cominciò a piangere.
— Cosa è "successo"? — gridò Lizzie. — Shockey sta perdendo! Nessuno vota per lui!
Annie indietreggiò di un passo e abbassò lo sguardo. "Annie" che rispondeva sempre all’insubordinazione con espressioni accigliate e ordini. Sollevò Dirk fino alle spalle. Il piccolo vide la madre e Vicki e si quietò, finché non notò Jackson. Immediatamente riprese a piangere, nascondendo la testa contro la spalla di Annie.
Vicki chiese con voce piatta: — Annie, hai votato?
Annie si fece piccola piccola e mormorò: — Sì.
— Hai votato per Shockey?
Muta, a disagio, Annie scosse la testa in un no.
Lizzie gridò: — Perché no? — Intanto Dirk continuava a piangere ogni volta che sollevava la testa dalla spalla della nonna e coglieva una nuova occhiata di Jackson.
Annie serrò la presa sul piccolo. — Io non… Shockey non è, lui… Mi dispiace, tesoro, ma è solo che… stiamo messi meglio, noi, con qualcuno che sa, lui, quello che sta facendo.
Jackson restò immobile. I modi di Annie gli rammentavano qualcosa che lui, così confuso, non riusciva a focalizzare. In un attimo avrebbe ricordato. Dall’altra parte della vasta zona comune, ora vuota di votanti, Billy Washington uscì dal loculo suo e di Annie. Il vecchio ben piazzato fece qualche passo esitante, si fermò, guardò Annie, avanzò di qualche altro passo e abbassò lo sguardo. Jackson vide che gli tremavano le mani, vide che si sforzava di avanzare.
"Theresa." Erano tutti… Billy, Annie e perfino Dirk… agivano come Theresa.
Perfino Shockey. Accucciato sulla sedia da giardino, nervoso e impaurito, fino al giorno prima ammalato di spavalda innocente corruzione che scopava la ragazza Mulo nel bosco…
La ragazzina che sniffava dall’inalatore.
— Uscite — disse in fretta a Vicki e Lizzie. — Adesso. Uscite dall’edificio all’istante. Vicki, porta Annie.
Vicki apparve sbalordita ma non protestò forse per il tono che aveva usato; afferrò Annie per un braccio e la trascinò verso la porta. — No, no — implorò Annie. — No, per favore. Non voglio uscire lì fuori, per favore…
— Forza — incoraggiò Jackson, afferrando l’altro braccio di Annie e aiutando Vicki a trascinarla via.
Lizzie chiedeva: — Cosa? Cosa succede? — ma li seguì.
Una volta fuori, Dirk guardò da sopra la spalla di Annie la zona aperta e si mise a gridare più forte. Lizzie lo prese in braccio. Jackson li fece affrettare, Annie senza nemmeno il cappotto, sotto la pioggia verso l’aeromobile. Scesero delle robocamere, e i reporter, chiusi nei veicoli in cui stavano consultando i risultati delle elezioni, sollevarono lo sguardo. Jackson fece infilare Annie sull’aeromobile e decollò.