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Doveva uscire.

Fuori dall’appartamento, fuori dall’enclave. Jackson di solito la incalzava a non guardare i notiziari perché la facevano sentire male e, fino a qualche mese prima, Theresa era stata felice di accontentarlo. Negli ultimi tempi, tuttavia, aveva guardato gli olonotiziari tutte le volte in cui Jackson non si trovava in casa e, anche se la maggior parte delle notizie riguardavano solitamente i Muli, c’erano stati anche accenni ai Vivi, in mezzo ai servizi sul mercato azionario, alle notizie politiche dell’enclave e perfino all’occasionale reportage nazionale da Washington, che più nessuno considerava importante quanto gli affari interni dell’enclave. Soltanto qualche accenno ai Vivi, e quei Vivi stavano soffrendo. Non di fame, quello mai più, ma di mancanza di beni come coni a energia, abbigliamento adeguato e parti di ricambio per i terminali, mentre persone come Theresa, Jackson, Cazie e quegli orribili amici che Cazie aveva portato la sera prima, avevano più "cose" di quante potessero usarne. Ecco quando le bruciava dentro la vergogna.

Poi Theresa aveva visto all’oloTV qualcosa che le aveva fatto capire che lei "doveva" andare fuori. C’erano Vivi che cercavano effettivamente di organizzarsi in gruppi spirituali! Il canale dei notiziari aveva indicato dove stava trascorrendo l’inverno uno di quei gruppi. L’oloservizio era stato carico di scherno, ovviamente… ma le aveva fornito le coordinate del distretto.

Si mise uno dei lunghi e ampi vestiti a fiori. Theresa li disegnava personalmente e poi inviava gli schizzi con le misure a una ditta tessile che lavorava ancora il cotone. Trovò un cappotto caldo, non avevano effettuato votazioni per stabilire il clima, fuori, e un vecchio paio di stivali. Quindi esitò.

Che cosa poteva portare da dare loro? Coni a energia, certo: ne aveva già ordinati una decina a spese della TenTech, e il robot della posta glieli aveva consegnati la settimana precedente. Theresa non aveva capito bene come effettuare l’ordinazione. Di solito era Jackson a occuparsi di quelle cose. Aveva utilizzato un "codice chiave del proprietario" che lui le aveva dato una volta, ma doveva essere quello sbagliato perché il sistema aveva capito che lei voleva entrare nella documentazione delia ditta. Aveva vagato un po’ nei dati prima di rendersi conto dell’errore: sperava soltanto di non avere causato disfunzioni in nessun sistema da nessuna parte. Dopo avere trovato il file con le ordinazioni per la casa, comunque, era stata in grado capire come richiedere quello che voleva. La cosa le aveva dato uno strano senso di potere, di cui aveva diffidato immediatamente. "L’orgoglio precede sempre la caduta". Glielo diceva sempre sua madre.

Abiti. Avrebbe portato degli abiti decenti. Negli olovideo i Vivi indossavano quelle cose terribili tessute in casa oppure tute di colori davvero terrificanti, ma tutti i suoi abiti erano in cotone o in seta. Non sarebbero andati bene. I Vivi erano tutti Cambiati. Avevano bisogno di tessuti non consumabili.

Entrò nella camera di Jackson e depredò il suo guardaroba. Camicie, pantaloni, tuniche, giacconi, calze, scarpe. Lui poteva sempre ordinarne degli altri. Il viaggio successivo, avrebbe portato qualche abito non consumabile da donna.

Che altro? Denaro, ovviamente. Ma come funzionavano le cose per i Vivi? Non usavano soldi, non lo avevano fatto prima del Cambiamento. Avevano avuto gettoni pasto e carte di Identificazione e i politici inviavano gratuitamente ogni cosa in cambio di voti. Ormai nessuno votava più, eccetto che per le elezioni delle enclavi. Be’, era evidente: i Vivi si trovavano in quella posizione perché non avevano soldi per comperare i beni di cui avevano bisogno. La maggior parte di loro si spingeva a sud, dove non c’era bisogno di riscaldamento o di vestiti, si nutriva all’aria aperta, si gettava in stupide guerre e si dimenticava completamente della civiltà. Non tutti, però. Quelli che avrebbe visitato Theresa avrebbero trovato un uso per i soldi. Ma come si firmava un accredito per delle persone che non avevano conti correnti?

Avrebbe usato un terminale portatile. Un’unità mobile. Forse loro avevano una specie di conto collettivo intestato all’organizzazione, o qualcosa del genere. Forse avrebbe studiato come aprirne uno a loro nome ma con un accesso parziale al suo denaro. Non doveva essere troppo difficile. La gente apriva conti in Rete di continuo. Avrebbe lasciato loro l’unità mobile.

L’avrebbe fatto. Davvero. Per la prima volta in vita sua, dopo tante false partenze lei, Theresa Katherine Aranow, sarebbe stata di aiuto a qualcosa più grande di lei.

La nuvola nera che aveva nella mente non si dissipò ma si alleggerì un poco, e Theresa sorrise.

Nella via verso l’uscita, passò davanti al terminale principale. Era acceso e mostrava una schermata del libro di Theresa su una delle prime Insonni, Leisha Camden. Un’altra falsa partenza. Sapeva di non essere un gran che come scrittrice: il libro non era molto bello. Tuttavia aveva voluto scrivere su Leisha, quell’outsider rispetto alla sua stessa gente che aveva combattuto strenuamente per evitare che Muli e Insonni si dividessero in due fazioni armate. Leisha aveva cercato di impedire agli Insonni di ritirarsi, armati, nel Rifugio. Aveva cercato di impedire agli Insonni di boicottare le multinazionali in cui avevano investito denaro. Aveva cercato di salvare Miranda Sharifi dall’isolamento che aveva portato al tradimento la nonna di Miranda.

Leisha aveva fallito, su tutti i fronti. Gli Insonni avevano creato i Super-Insonni e tutto era peggiorato. Leisha però aveva tentato. Che cosa aveva spinto Leisha, si chiedeva Theresa, prima che fosse uccisa da Vivi fuorilegge in un desolato acquitrino della Georgia? Qualcosa l’aveva spinta. Una specie di luce forse che Leisha vedeva più chiaramente di Theresa.

Arrivata all’ascensore che portava sul tetto, con le braccia cariche di vestiti di Jackson, costosi e dal taglio perfetto, Theresa esitò. Era difficile uscire. Così tante cose nuove… e se le fosse venuto un attacco? Forse, se prima avesse guardato un concerto di Drew Arlen, quello per affrontare i rischi…

Drew Arlen, il Sognatore Lucido. C’era stato un periodo, lungo svariati mesi, durante il quale Theresa aveva guardato un concerto di Arlen due o tre volte al giorno. Aveva lasciato che Arlen la ipnotizzasse, con le sue forme grafiche subliminali e programmate che afferravano la mente inconscia, portandola a un diverso tipo di sogno: un sogno profondo, personale, creato dall’arte di Drew tramite ipnosi di massa e simboli universali cui lui aveva facile accesso. Il sogno diveniva tutto quello che l’ascoltatore desiderava che fosse, aveva bisogno che fosse, e il sognatore si svegliava più libero e più forte. Come con una qualsiasi droga temporanea.

No. "Oggi no." Non avrebbe guardato un concerto di Drew Arlen, né lo avrebbe utilizzato come un qualsiasi altro neurofarmaco. Avrebbe agito da sola. Poteva farlo. Quello era il gran giorno.

— Buon giorno, signorina Aranow — disse l’ascensore.

Lei si lasciò ingoiare dalla cabina.

— Perché lo stai facendo, tu?

— Io volevo… Vi ho visti al notiziario. Il vostro… i tentativi che state portando avanti… — Theresa trasse un profondo respiro. L’uomo non era alto ma era grosso, aveva la barba, era bruciato dal sole e la guardava con espressione truce. Le stava troppo vicino. Erano in tre, due uomini e una donna, erano corsi all’aeromobile non appena essa era atterrata a una rispettosa distanza dal loro edificio. Il cuore le batteva all’impazzata, il respiro le si bloccava in gola e non voleva uscire. Oh, non adesso, non "adesso". Respirò a fondo. L’aria all’esterno era più fredda di quanto non si fosse aspettata e più grigia. Tutto lì fuori, aria, alberi, facce, pareva freddo, grigio e duro.

Theresa si rivolse alla donna. Forse con una donna sarebbe stato più facile. — So che state cercando di trovare… di fare… il notiziario diceva che era un "esperimento spirituale". — Ciò che il notiziario aveva detto, in effetti, era stato "un esperimento semispirituale che si riferiva a un’allucinazione umana del tutto irrilevante".

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