«Cosa ne pensi di questo tu, Ywain dal capo orgoglioso, che ci hai sempre odiato e disprezzato?»
«Penso,» disse Ywain, «Che prima di vedere questo momento, mi getterò sulla mia spada.»
Hishah alzò le sottili spalle da rettile.
«Gettati sulla tua spada, allora.» Si rivolse a Garach. «E tu?»
Ma Garach era già caduto al suolo, svenuto.
Hishah si rivolse nuovamente a Carse.
«E adesso,» disse, «Vedrai come diamo il benvenuto al nostro signore!»
Boghaz gemette, e si nascose il volto tra le mani. Carse strinse più forte l’impugnatura dell’inutile spada, e domandò, con voce bassa e strana:
«E nessuno seppe mai che Rhiannon, alla fine, si era rivoltato contro voi Dhuviani?»
Hishah rispose, con la sua voce sommessa:
«I Quiru lo sapevano, ma condannarono ugualmente Rhiannon, perché il suo pentimento era giunto troppo tardi. A parte i Quiru, solo noi lo sapevamo. E perché avremmo dovuto rivelare la verità al mondo, quando il vedere Rhiannon, che ci odiava, maledetto come nostro amico e protettore, ci divertiva e nello stesso tempo favoriva i nostri disegni?»
Carse chiuse gli occhi. Il mondo pareva girare, intorno a lui, sprofondare sotto i suoi piedi, e c’era un rombo bizzarro, nelle sue orecchie, e la rivelazione nella sua mente con la forza di un uragano.
Dunque Rhiannon aveva detto la verità, nella caverna dei Sapienti! Aveva detto la verità, quando aveva gridato tutto il suo odio per i Dhuviani!
Il grande salone si riempì di un suono che ricordava il fruscio delle foglie secche portate dal vento, mentre le file dei Dhuviani si chiudevano, lentamente e implacabilmente, intorno a Carse.
Con uno sforzo che trascendeva, quasi, le capacità e la forza di un essere umano, Carse spalancò tutti i canali della sua mente, cercando disperatamente, ora, nel momento supremo, di raggiungere quell’angolo stranamente silenzioso e segreto della sua niente.
Gridò, a gran voce:
«Rhiannon!»
Quel grido rauco fece arrestare per un momento i Dhuviani. Non per paura, ma per il divertimento. Per quelle creature strane, dall’umorismo crudele, quello era veramente il culmine della beffa.
Hishah esclamò:
«Sì, chiama pure Rhiannon! Forse uscirà dalla sua Tomba, per aiutarti!»
E lo fissarono tutti, con i glauchi occhi maliziosi, guardarono Carse che barcollava, angosciato… lo guardarono, e risero della loro sottile, terribile risata sibilante.
Ma Ywain sapeva. Rapida, venne al fianco di Carse, e sguainò la spada, brandendola alta, decisa a proteggere il terrestre fino a quando avesse potuto farlo.
Hishah rise ancora:
«Una degna coppia… la principessa senza impero, e il falso dio!»
Carse ripeté, allora, in un rauco, disperato bisbiglio:
«Rhiannon!»
E Rhiannon rispose.
Dalle profondità della mente di Carse, dove era rimasto nascosto, il Maledetto venne,, avventandosi con forza terribile attraverso ogni cellula, e ogni atomo, del cervello del terrestre, prendendo completamente possesso del suo cervello e del suo corpo, ora che Carse gli aveva aperto la strada.
Come già era accaduto nella caverna dei Sapienti, la coscienza di Matthew Carse parve ritirarsi in disparte, nel suo stesso corpo, e rimase a osservare e ad ascoltare.
Udì la voce di Rhiannon… la vera voce divina che lui aveva soltanto copiato… uscire possente dalle sue labbra, con una collera superiore alle capacità di comprensione della mente umana.
«Guardate il vostro Signore, striscianti figli del Serpente! Guardatelo… e morite!»
La risata di scherno smori e si spense in un improvviso, lugubre silenzio. Hishah indietreggiò, e nei suoi occhi glauchi comparve la prima ombra di paura.
La voce di Rhiannon parlò ancora, tonante, riecheggiante tra le pareti. La forza e la collera di Rhiannon ardevano sul volto del terrestre, e ora il suo corpo pareva torreggiare sui Dhuviani, e la spada era come uno scettro lampeggiante, bello e orribile, tra le sue mani.
«Che ne dici ora del contatto mentale, Hishah? Cerca di sondare in profondità… molto più in profondità di quanto tu non abbia potuto fare prima, quando le tue deboli forze, sono state incapaci di sormontare la barriera mentale che io ho eretto contro di voi!»
Hishah lanciò un grido acuto e sibilante, il sibilo di un serpente in preda all’orrore. Indietreggiò, torcendosi sinuosamente, in preda alla paura, e il cerchio dei Dhuviani si spezzò, mentre tutti si volgevano in cerca delle loro armi, con le bocche prive di labbra tese in un orribile ghigno di paura.
Rhiannon rise, allora, la risata terribile di chi ha aspettato per un’era la propria vendetta, e finalmente l’ha trovata.
«Correte! Correte, e cercate di combattere… perché, nella vostra grande saggezza, voi avete lasciato passare Rhiannon attraverso il Velo, e ora la morte incombe su Caer Dhu!»
E i Dhuviani correvano, torcendosi e strisciando nell’ombra, cercando di afferrare le armi delle quali non avevano creduto di avere bisogno. La luce verde scintillava su lucidi tubi e prismi.
Ma la mano di Carse, guidata ora dalla sicura sapienza di Rhiannon, aveva già afferrato la più grande delle antiche armi… la grande ruota piatta di cristallo. Rhiannon ne toccò l’orlo, e cominciò a farla girare.
Doveva esserci qualche complicato meccanismo, nel globo metallico, un comando segreto che forse era in parte fisico, in parte mentale, e che ora le dita di Carse, guidate dalla mente di Uhiannon, avevano messo in azione. Carse non poté saperlo. Seppe soltanto che nell’aria fievolmente illuminata era comparso uno strano alone oscuro, che aveva racchiuso lui, Ywain, il tremante Boghaz e l’ancora più tremante Garach, che si era sollevato, come un cane, reggendosi sulle mani e sulle ginocchia, e ora si stava guardando intorno, come un animale, e con occhi che non possedevano più alcuna luce di ragione. Anche le antiche armi erano racchiuse da quell’anello di energia nera, e dalle sbarre di cristallo giunse un sommesso ronzio.
L’anello oscuro cominciò a espandersi, come un’onda circolare sollevata dalla caduta di un sasso in uno specchio d’acqua.
Le armi dei Dhuviani presero di mira quell’inesplicabile anello. Veloci serpentine di pura luce, come minuscoli fulmini prigionieri, lance e speroni di fiamma gelida, e di calore solido, balzarono verso il cerchio tenebroso, lo colpirono… e tremolarono, e si spensero, al contatto. Potentissime scariche di elettricità, che si perdevano assorbite dall’invisibile difesa che proteggeva il circolo oscuro di Rhiannon.
E l’anello di energia oscura di Rhiannon continuava a espandersi, inesorabile, sempre di più, e là dove esso toccava i corpi dei Dhuviani, quei freddi corpi si ritraevano, si annerivano e raggrinzivano, e cadevano, come vuoti involucri prosciugati di ogni vita, sul pavimento della sala.
Rhiannon non parlava più. Carse sentiva il mortale battito di energia nella sua mano, la pulsazione vibrante, terribile, che aumentava mentre la ruota girava sempre più veloce, sempre più veloce, sul suo supporto, e la mente del terrestre tremava, ritraendosi involontariamente da ciò che poteva avvertire nella mente di Rhiannon.
Perché egli era in grado di comprendere, sia pure confusamente, la natura dell’arma terribile del Maledetto. Era affine alle mortali radiazioni ultraviolette del Sole, che avrebbero distrutto ogni forma di vita, senza la protezione offerta dal filtro di ozono presente nell’atmosfera dei mondi sui quali la vita era nata.
Però, là dove le radiazioni ultraviolette note alla scienza terrestre dell’epoca di Carse venivano assorbite facilmente, quelle dell’antica scienza aliena di Rhiannon si trovavano in ottave sconosciute, al di sotto del limite di quattrocento angstrom, e potevano essere prodotte sotto forma di un alone in espansione, una manifestazione che la materia non poteva assorbire… la materia, sotto qualsiasi forma. E dove quelle micidiali radiazioni toccavano un tessuto vivente, lo uccidevano istantaneamente.