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Il volto di lei era esangue. Sul suo collo candido una vena pulsava con violenza.

Gregor inarcò un sopracciglio. — Tuttavia, se lei farà ciò che le sarà chiesto, le garantirò l'uscita dal Mozzo Hegen, via Barrayar, quando tutto sarà finito. E, con lei, ciò che resterà delle sue truppe o quanti vorranno seguirla. Questo le darà un paio di mesi di vantaggio sui cetagandani che decidessero di farle pagare il suo tradimento.

— In effetti — continuò Miles, — se reciterà il suo ruolo potrebbe perfino passare per un'eroina. Che ironia!

— Io te ne farò pentire — sibilò Cavilo.

— Oggi come oggi è l'unico contratto che le sia rimasto da firmare. In cambio della vita. Di un nuovo inizio lontano da qui… molto lontano. Di questo si occuperà Simon Illyan. Lontano, ma non inosservata.

Uno sguardo calcolatore cominciò a sostituire la rabbia negli occhi azzurri di lei. — Cosa volete farmi fare?

— Non molto. Cedere il controllo che ha ancora sulle sue truppe a un ufficiale di nostra scelta. Probabilmente sotto il comando dei vervani, visto che dopotutto loro hanno pagato per avervi. Lei presenterà il suo sostituto ai Rangers, e poi si ritirerà al sicuro in una cella della Triumph per la durata dell'attività bellica.

— Quando tutto sarà finito non resterà più un solo Ranger ancora in vita!

— Dovranno affrontare la loro parte di rischio — annuì Miles. — Lei stava rinunciando a loro, del resto. Noti, per favore, che non le offriamo questo in alternativa a qualche scelta migliore. O questo, o i cetagandani. I quali apprezzano i traditori solo quando tradiscono a loro favore.

Cavilo sembrava sul punto di sputargli in faccia, ma disse: — Molto bene. Avrete quello che volete. Accetto.

— La ringrazio.

— Ma tu… — La sua voce si abbassò, rauca e velenosa. — Tu la pagherai, piccolo serpente. Oggi ti fai bello con le tue manovre, ma verrà il giorno che ruzzolerai nella polvere. Dovessero volerci vent'anni… ma dubito che vivrai tanto. Gli intriganti come te si consumano a forza di strisciare, finché qualcuno si stanca di loro e li schiaccia. Mi spiace solo che non sarò lì a guardare, quando il tuo corpiciattolo sarà ridotto come una polpetta.

Miles richiamò dentro i mercenari. — Portatela via — li supplicò quasi. Quando la prigioniera fu uscita si voltò, e si accorse che Elena lo stava guardando.

— Dio, quella femmina mi dà i brividi — disse, con una smorfia.

— Sì? — chiese Gregor, coi gomiti ancora poggiati sul tavolo. — Però, stranamente, sembra che sappiate intendervi al volo voi due. Pensate nello stesso modo.

— Ti prego! — protestò lui. Guardò Elena per avere il suo appoggio. — Ti sembra giusto da parte sua?

— Siete entrambi piuttosto contorti — lo deluse lei, dopo averci pensato un momento. — O forse dovrei dire entrambi «corti». — E mentre Miles si accigliava, offeso, continuò: — È una questione di schemi, più che di contenuto. Se tu fossi follemente desideroso di potere, invece di…

— Invece di essere folle in qualche altro modo, certo. Vai pure avanti, prego.

— … potresti complottare come lei. Mi è sembrato che te la sia goduta molto a metterla fuori gioco.

— Grazie per la sincerità, suppongo. — Miles curvò le spalle. Qual era la verità? Sarebbe stato così anche lui, da lì a vent'anni? Reso cinico dalle sue delusioni personali, pieno di rabbia e di rancori mal trattenuti, capace di dedicarsi soltanto a spietati giochi di potere per saziare l'appetito della bestia ferita dentro di lui?

— Trasferiamoci a bordo della Triumph - disse, secco. — Abbiamo del lavoro da fare.

Miles camminava avanti e indietro nel breve spazio dell'ufficio di Oser, sulla Triumph. Seduto sul bordo della consolle piena di strumenti, Gregor lo ascoltava, seguendolo con lo sguardo.

— … naturalmente i vervani saranno cauti e sospettosi, ma con i cetagandani che li stanno azzannando alla gola avranno un buon motivo per fidarsi. E per contrattare. Tu dovrai indorargli la pillola il più possibile per accelerare le cose, ma non cedere più del minimo indispensabile…

— Forse — disse bruscamente Gregor, — preferiresti mettermi una trasmittente nel cervello e parlare tu per la mia bocca.

Miles si fermò, schiarendosi la gola. — Scusa. So che tu hai più esperienza di me in materia di trattati. A me poi, quando sono nervoso, capita di balbettare.

— Sì, lo so.

Miles fece lo sforzo di tenere chiusa la bocca, ma non fermi i piedi, finché la porta emise un ronzio. — I prigionieri, come ha ordinato, signore — disse la voce di Chodak dall'intercom.

— Va bene, sergente. Entrate. — Miles andò a premere il pulsante sulla consolle.

La squadra di Chodak introdusse nell'ufficio il capitano Ungari e il sergente Keller. Entrambi erano come Miles aveva ordinato: ben puliti, rasati, pettinati, e vestiti con uniformi dendarii adeguate al loro grado. Sembravano tutt'altro che entusiasti di doverle indossare, e ostili perfino all'aria che stavano respirando.

— Grazie, sergente. Tu e la tua squadra potete andare.

— Andare? — Le sopracciglia di Chodak lo interrogarono sulla saggezza di quell'ordine. — È sicuro di non volere che aspettiamo fuori, signore? Le ricordo quel che è successo l'ultima volta.

— Questa volta non sarà necessario.

Lo sguardo di Ungari prometteva il contrario. Chodak annuì, dubbioso, ma prima di uscire richiamò l'attenzione dei due sul distruttore neuronico che aveva al fianco, con un gesto chiaro come una sentenza.

Appena sentì chiudersi la porta alle sue spalle, Ungari lasciò uscire il fiato che aveva in corpo. — Vorkosigan! Bastardo traditore ammutinato! Io la trascinerò davanti alla corte marziale, con tante di quelle accuse che dovranno impiccarla dieci volte prima di…

L'uomo non aveva ancora fatto caso a Gregor, che sedeva in silenzio sul bordo della consolle e indossava un'uniforme dendarii, senza gradi perché i Dendarii non avevano gradi adatti a un Imperatore.

— Uh, signore… — Con un gesto Miles dirottò lo sguardo fosco del capitano verso di lui.

— Queste sue ambizioni sono talmente condivise da tanti altri, capitano — disse Gregor con un sorrisetto, — che dovrà fare la fila per presentare le sue accuse alla corte.

Il fiato rimasto nei polmoni di Ungari uscì senza dar voce ad altre parole. Sbatté le palpebre. A suo credito, tuttavia, le selvagge emozioni che gli deformavano il volto lasciarono subito il posto a un enorme sollievo. — Altezza Imperiale!

— Capitano, le faccio le mie scuse — disse Miles, — per il brusco trattamento che ho dovuto riservare a lei e al sergente Keller. Ma ho dovuto ritenere l'azione con cui mi proponevo di salvare l'Imperatore troppo… uh, estemporanea per i suoi nervi. — Sei stato ben felice di non esserne responsabile tu, in realtà. E io sono stato felice di non averti fra i piedi.

— Un alfiere non può ritenersi responsabile di operazioni di questa portata — sbottò Ungari, come se gli avesse letto nella mente. — Il responsabile è il suo diretto superiore. E Illyan si sarebbe rivolto a me, se la sua, uh, azione fosse fallita…

— Be', allora congratulazioni, signore. Lei è appena riuscito a salvare l'Imperatore — ribatté Miles. — Il quale, come suo comandante in capo, ha ora alcune istruzioni da darle, se lei gli consente di mettere bocca in questa discussione.

Ungari tacque. Con uno sforzo visibile distolse la sua attenzione da Miles e la focalizzò su Gregor. — Ai suoi ordini, Altezza.

Gregor disse: — Come unico ufficiale della Sicurezza Imperiale nel raggio di molti milioni di chilometri, a parte l'alfiere Vorkosigan che ha altri incarichi, lei, col suo sergente, è ora addetto alla protezione della mia persona, in attesa di contattare le nostre forze. Uno di voi potrà anche svolgere mansioni di corriere. Prima di lasciare la Triumph la prego di mettere a disposizione degli ufficiali dendarii tutte le informazioni militari di cui è in possesso. I mercenari ora agiscono come miei, uh…

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