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Miles si piegò in avanti, inchinandosi per quanto glielo permetteva la sua posizione. — Altezza Imperiale, ho l'onore di mettere ai suoi ordini la Libera Flotta dei Mercenari Dendarii. Ne disponga secondo la sua augusta volontà.

Gregor gettò uno sguardo di lato, senza dubbio a uno schermo tattico analogo a quello della Ariel. - Santo cielo, li hai davvero tirati dalla tua parte. Miles, sei decisamente diabolico. — Il suo umorismo lasciò subito il posto alla formalità. — Noi le siamo grati, Lord Vorkosigan. Accettiamo la sua offerta e le truppe di cui dispone.

— Altezza, appena lei si sarà trasferito a bordo della sua nave ammiraglia, la Ariel, potrà prendere personalmente il comando delle Sue forze.

Cavilo si fece subito avanti. — E ora ha scoperto il suo inganno. Lascia che io ti faccia sentire una registrazione delle proposte che quest'individuo ha osato farmi, Gregor. — La bionda si spostò ai comandi della consolle, e Miles ricevette, benché solo in audio, il replay delle sue fosche ambizioni, dalle osservazioni sull'eredità al trono al suggerimento di una relazione adulterina fra lui e Cavilo. Fra un delitto e l'altro. Tutto ben orchestrato.

Gregor ascoltò con pensierosa attenzione, perfettamente calmo e controllato, e quando la voce di Miles tacque annuì fra sé. — E questo ti sorprende tanto, Cavy? — domandò in tono innocente, prendendola per mano con gesto affettuoso. Dall'espressione del volto di lei, comunque, qualcosa la stava sorprendendo. — Le gravi infermità mutanti di Lord Vorkosigan hanno alterato la sua mente, è una cosa che tutti sanno. Ordisce piccoli tranelli, rimesta nel torbido, si circonda di sicofanti prezzolati. È ovvio che, se non c'è il padre a tenerlo sotto controllo, io devo guardarmi dalle sue manovre…

Grazie, Gregor. Terrò a mente questa linea di condotta.

— … ma finché decide che i suoi interessi coincidono coi nostri, è anche un prezioso alleato. I Vorkosigan hanno un enorme potere nella politica di Barrayar. È stato suo nonno, il Conte Piotr, a mettere sul trono mio nonno, l'Imperatore Ezar. Sono nemici che nessuno può permettersi. Preferirei che tu ed io governassimo Barrayar con la loro collaborazione.

— Togliendoli di mezzo avremmo lo stesso risultato, o migliore — disse Cavilo, guardando Miles.

— Il tempo è dalla nostra parte, mia cara. Suo padre è un vecchio, lui è un mutante. La sua linea ereditaria è un vicolo cieco. Nessun barrayarano accetterebbe un mutante per Imperatore, come suo padre il Conte Aral sa bene, e come lui stesso si rende conto nei rari momenti di lucidità mentale. Ma può darci dei guai, se vuole. Può alterare i giochi di potere. Lei è d'accordo con le mie osservazioni realistiche, Lord Vorkosigan?

Miles s'inchinò ancora. — Come Sua Altezza afferma, si tratta di osservazioni realistiche. Ne comprendo il significato. — E anche tu, mi auguro. Gettò una rapida occhiata a Elena, che durante il discorsetto di Gregor circa la follia di Miles aveva abbandonato il suo posto: appoggiata a un angolo della consolle, era impegnata a soffocare con una manica dell'uniforme un accesso di risa che minacciava di travolgerla. I suoi occhi lampeggiavano, sopra la stoffa grigia. A fatica la giovane donna ritrovò l'autocontrollo e tornò a sedersi, scambiando cenni divertiti con Arde Mayhew. Miles sbatté le palpebre. Tenete la bocca chiusa, dannazione.

— La cosa migliore, Cavy — continuò Gregor, — è che io mi trasferisca sulla nave ammiraglia. A questo punto avremo la Flotta sotto controllo. E ogni tuo desiderio — le baciò la mano, cingendole le spalle con un braccio, — sarà un ordine per me, mia cara.

— Pensi che ci sia da fidarsi? È uno psicopatico, l'hai detto tu stesso.

— Brillante, forse nevrotico, ma finché prende i suoi sedativi non c'è niente da temere. In questo periodo è un po' instabile, a causa dell'eccitazione e dei continui spostamenti. Ti assicuro che io so come prenderlo.

Lo scarto trasmissione/ricezione s'era molto ridotto. — Venti minuti al rendez-vous, signore — riferì Elena, fuori campo.

— Altezza Imperiale, trasborderete con una delle vostre navette, o preferisce che ne mandi una io? — domandò educatamente Miles.

Gregor scrollò le spalle, indifferente. — Questo può deciderlo la comandante Cavilo.

— Una delle nostre — disse subito lei.

— Attendiamo il vostro arrivo. — E saremo pronti.

Cavilo interruppe la trasmissione.

CAPITOLO SEDICESIMO

Sul monitor di una telecamera interna Miles assisté all'ingresso del primo Randall Ranger, in scafandro spaziale, nel compartimento stagno della Ariel collegato alla navetta. L'uomo fu seguito subito da altri quattro, che studiarono con circospezione il corridoio al di là di esso, completamente deserto e chiuso all'estremità opposta da un portello anti-esplosione. Nessun nemico, nessun pericolo, nessuna arma automatica puntata su di loro: soltanto un lungo locale vuoto e silenzioso. Perplessi, i Rangers si schierarono in formazione difensiva ai lati del portello.

Gregor uscì dal tubolare di collegamento. Miles non fu sorpreso nel vedere che Cavilo non aveva fatto indossare all'Imperatore lo scafandro da combattimento. Indossava una semplice uniforme dei Rangers, ben stirata e priva di gradi, e la sua unica protezione era un paio di stivali militari. Anche quelli gli sarebbero serviti a poco, se uno dei cinque mostri in armatura spaziale rinforzata gli avesse calpestato un piede. Gli scafandri da combattimento erano equipaggiamenti sofisticati e costosi, a prova di storditori e distruttori neuronici, isolati contro gli aggressivi chimici e batteriologici, resistenti (fino a un certo punto) ai raggi al plasma e alla radioattività, ben forniti di armi, servomeccanismi di movimento e computer telemetrici. Più che adatti per operazioni di abbordaggio. In realtà Miles, una volta, era riuscito a catturare la stessa Ariel con pochi compagni privi di protezioni fisiche e armati in modo assai meno formidabile. Ma per l'occasione aveva avuto dalla sua parte il fattore sorpresa.

Cavilo entrò subito dopo Gregor. La bionda indossava uno scafandro identico agli altri, anche se in quel momento portava il casco sottobraccio come una grossa testa mozzata dal corpo. Gettò un'occhiata al corridoio vuoto e si accigliò. — E va bene. Dov'è il trucco? — domandò ad alta voce.

Per rispondere alla tua domanda… Miles premette il pulsante di una scatola di controlli a distanza.

Un'esplosione soffocata mandò un lampo di luce nel corridoio. Il tubolare flessibile unito alla navetta si staccò con violenza. I portelli automatici, captando un calo nella pressione dell'aria, si chiusero all'istante. Soltanto pochi litri d'aria erano sfuggiti nello spazio. Apparecchiature efficienti. Miles le aveva fatte ricontrollare dai tecnici di bordo, quando avevano applicato le mine direzionali alle flange d'attracco fuori dallo scafo. Miles osservò i monitor. La navetta da guerra di Cavilo si stava allontanando dal fianco della Ariel, con tutti i sensori e gli apparati elettronici momentaneamente «accecati» dalla stessa esplosione che l'aveva respinta. Le armi di bordo sarebbero rimaste fuori uso finché il pilota, freneticamente impegnato con le sue inservibili consolle di manovra, ne avesse ripreso il controllo. Se ci fosse riuscito.

Miles accese l'intercom portatile e chiamò la plancia della Ariel. - Tienilo d'occhio, Bel. Non voglio che pensi di poterci dare dei problemi — disse a Thorne.

— Posso spazzarlo via con una bordata, se vuoi.

— No, aspettiamo. C'è ancora tempo prima di vedere come si metteranno le cose, quaggiù. — E che Dio ci aiuti.

Cavilo si stava infilando il casco, ora, circondata dagli uomini che brandivano le armi. Canne puntate, avide di vomitare la morte, e niente su cui sparare. Diamo loro un momento per calmarsi i nervi, il tempo necessario perché non comincino a sparare di riflesso, ma non abbastanza da poter pensare…

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