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C'era, lo si doveva ammettere, qualcosa di affascinante negli attrezzi per la pulitura rapida delle condutture. E non mancavano i momenti di eccitazione. Da certi tubi ad alta pressione potevano emergere effetti sorprendenti. Gli scarichi prodotti da diversi impianti automatizzati, ad esempio, contenevano una sostanza usata anche nelle armi chimiche, capace di dissolvere all'istante parecchie cose, compresa la carne umana. Nei tre giorni che seguirono, Miles apprese sulle infrastrutture della Base Lazkowski più di quanto avrebbe mai immaginato di voler conoscere. Ebbe anche l'occasione di calcolare il punto in cui una sola carica di esplosivo avrebbe fatto schiattare l'intero sistema delle fognature, se fosse arrivato ad accumulare sufficiente esasperazione.

Il sesto giorno Miles e la sua squadra furono mandati a stasare uno degli scarichi dell'acqua piovana, accanto al percorso di guerra. Ci volle poco a individuare il punto. La strada che scorreva sul lato esterno del campo era semiallagata, mentre dalla conduttura che sboccava nello scarico a cielo aperto sgocciolava fuori solo un rivolo d'acqua.

Miles prese un lungo flessibile d'acciaio dal retro della motopulce, avanzò nella pozzanghera e lo spinse sotto la superficie fangosa. La grata dello scarico sembrava del tutto libera, e così anche i primi tre metri dello scarico. La porcheria che l'aveva intasato doveva essere molto più all'interno. Divertente. Consegnò il flessibile a Pattas, attraversò la strada e andò a chinarsi nel canaletto scoperto. La conduttura che vi sfociava, raccogliendo il drenaggio dell'intero percorso di guerra, era larga più di mezzo metro. — Dammi la torcia elettrica — disse a Olney.

Si tolse il parka, lo gettò sulla motopulce e con un grugnito si inginocchiò nell'alveo di cemento. Puntò la torcia nella conduttura. Probabilmente faceva subito una curva, decise, perché da lì non riusciva a vedere un accidente. Sospirò, considerando la larghezza rispettivamente delle spalle di Olney, di quelle di Pattas e delle sue.

C'era mai stato, a bordo di qualsiasi astronave, un lavoro che richiedesse all'uomo di trasformarsi fisicamente in un verme? L'esperienza più simile a quella — frugando nei suoi ricordi non ne trovava altre — era stata nei cunicoli dei Monti Dendarii. Terra e acqua, su verso il fuoco e l'aria. Visto tutto lo yin che la sua vita stava accumulando, lo yang che doveva venire a bilanciarlo sarebbe stato qualcosa di stupendo.

Impugnò saldamente la torcia, cacciò la testa nella conduttura e strisciando sui ginocchi e sui gomiti si spinse avanti.

L'acqua gelida inzuppò subito la parte inferiore dei pantaloni della tuta, intorpidendo la sua carne dai polpacci in giù. Altra acqua gli stava entrando nel guanto sinistro, e scuotendola via sbatté dolorosamente le dita contro la parete scabra.

C'era uno strano silenzio lì sotto. Miles si trovò a meditare su Olney e Pattas. In quei giorni i due avevano sviluppato con lui un'efficiente relazione di lavoro, basata — non si faceva illusioni — su un sano timor di Dio instillato in loro dal suo angelo custode, il tenente Bonn. Ma come riusciva, fra l'altro, quell'ufficiale a farsi ubbidire senza ricorrere mai a modi autoritari? Ecco una cosa che avrebbe dovuto scoprire. Bonn era esperto nel suo lavoro, questo sì, ma cos'altro?

Miles strisciò sulla parete lungo la curva, puntò la luce contro l'ostruzione e subito indietreggiò, imprecando. Fece una pausa per riprendere fiato, esaminò più da vicino ciò che bloccava lo scarico e poi tornò fuori in fretta.

Nel canaletto di cemento si rialzò lentamente, raddrizzando la schiena vertebra dopo vertebra. Il caporale Olney, in piedi sul bordo della strada, lo stava guardando. — Trovato qualcosa là dentro, alfiere?

Miles riuscì a sogghignare, massaggiandosi i ginocchi indolenziti. — Un paio di stivali.

— Ah. Tutto qui? — domandò Olney.

— Il loro padrone non se li è ancora tolti.

CAPITOLO QUARTO

Miles chiamò il medico-chirurgo della Base con la radio della motopulce e chiese urgentemente la sua presenza, con il necessario per la medicina legale, un sacco per cadaveri e un veicolo. Poi lui e i due aiutanti occlusero la grata su cui s'era formata la pozzanghera con una targa di plastica staccata da un attrezzatura del percorso di guerra. Infine, ormai così bagnato e infreddolito che non faceva più differenza, Miles rientrò nella conduttura e legò una corda ai due anonimi stivali. Quando tornò fuori vide che il medico e l'infermiere erano già arrivati.

L'ufficiale medico, un uomo calvo e corpulento, scrutò con una smorfia lo sbocco della conduttura. — Cos'ha visto là dentro, alfiere? Cosa può essere successo?

— Da questa estremità si vedono solo le gambe, signore — riferì lui. — La fanghiglia e i residui di drenaggio che si sono accumulati intorno al corpo hanno ostruito il passaggio dell'acqua. Dovremo tirarlo fuori e vedere cos'altro esce con lui.

— Perché diavolo sarà entrato in questo scarico? — Il medico si grattò la testa liscia come un uovo.

Miles allargò le braccia. — È un modo alquanto strano di suicidarsi. Lento e dagli effetti incerti, a meno che non stia piovendo forte.

Il medico annuì, inarcando le sopracciglia. Lui e l'infermiere dovettero poi metter mano alla corda e unirsi agli sforzi di Miles, Pattas e Olney prima che la salma irrigidita nel fango cominciasse a muoversi.

— Cristo, se era incastrato - grugnì l'infermiere. Il corpo uscì finalmente alla luce, accompagnato da un rigurgito d'acqua sporca. Pattas e Olney preferirono restarne a distanza; Miles invece si chinò a guardare da sopra una spalla del medico. Bluastro in faccia e inzuppato d'acqua, il cadavere indossava una comune tuta nera da fatica. Le piastrine sul colletto e il contenuto delle tasche lo identificarono come un soldato semplice della sussistenza. Non aveva ferite visibili, a parte alcune graffiature sulle mani e strappi nella tuta all'altezza delle spalle.

Il medico registrò a voce alcuni dati preliminari nel suo mini-comp: niente ossa rotte, nessuna vescica da distruttore neuronico. Ipotesi preliminari: morte da annegamento o ipotermia, o entrambe, avvenuta entro le ultime dodici ore. Intascò l'apparecchio e aggiunse: — Dopo che l'avremo portato in infermeria potrò dire qualcosa di più preciso.

— Succedono spesso cose di questo genere, qui alla Base? — volle sapere Miles.

Il medico si strinse nelle spalle, cupamente. — Ogni anno mi vedo arrivare in sala operatoria parecchi giovani idioti. Cosa ti puoi aspettare, quando sbatti cinquemila ragazzi fra i diciotto e i vent'anni su un'isola e li fai giocare alla guerra? Ma confesso che questo sembra aver scoperto un metodo completamente nuovo per ammazzarsi.

— Lei pensa che si sia suicidato, allora? — In effetti era strano ammazzare un uomo e poi infilarlo in un posto di quel genere.

Il medico osservò pensosamente lo sbocco della conduttura. — Così sembrerebbe. Mmh, che ne dice di dare un'altra occhiata là dentro, alfiere, giusto per scrupolo?

— Come vuole, signore. — Miles si augurò che fosse l'ultimo viaggio. Non avrebbe mai pensato che la pulizia delle fognature potesse avere risvolti da thriller. Si trascinò avanti nella curva che il condotto faceva sotto la strada, esplorandone ogni palmo, ma trovò soltanto la torcia elettrica del soldato. Indicativo. Dunque era entrato lì di proposito. Con uno scopo. Quale scopo? Cosa poteva indurre un uomo a cacciarsi in una fogna di notte, durante un temporale? Indietreggiò di nuovo alla luce e consegnò la torcia al medico.

Miles aiutò l'infermiere a insaccare il corpo, quindi ordinò a Olney di recuperare la targa con cui avevano bloccato la grata e rimetterla al suo posto. L'acqua gorgogliò liberamente giù nello scarico. Il medico restò sulla strada con lui a guardare il livello della grossa pozzanghera che si abbassava sempre più.

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