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— Ubbidienti servitori — suggerì Miles sottovoce.

— … mie truppe — tagliò corto Gregor. — Consideri l'uniforme che indossa — Ungari guardò con disprezzo il tessuto grigio e bianco — quella di un esercito regolare, e la rispetti di conseguenza. Senza dubbio riavrà quella verde del Servizio Imperiale quando anch'io riavrò la mia.

Miles aggiunse: — Distaccherò l'incrociatore leggero Ariel e il più veloce dei nostri due corrieri al servizio personale di Sua Altezza, appena lascerete la Stazione Vervain. Se uno di voi dovrà partire potrà usare il corriere, mentre la Ariel resterà a tutela dell'Imperatore. Il suo comandante, Bel Thorne, è leale e fidato. Uno dei più esperti combattenti fra gli ufficiali dendarii.

— Sempre preoccupato di lasciarmi aperta una via di fuga, eh, Miles? — Gregor scosse il capo, seccato.

Lui s'inchinò leggermente. — Se le cose andassero male, potrà sopravvivere per vendicarci. Per non parlare del fatto che qualcuno dovrà maledettamente assicurarsi che i Dendarii siano pagati. Abbiamo dei doveri verso di loro, suppongo.

— Giusto — assentì Gregor, a bassa voce.

— Anch'io ho qui un rapporto, sugli ultimi eventi, da far pervenire a Illyan — proseguì Miles. — Nel caso che io… nel caso che voi lo vediate prima di me. — Prese un dischetto da uno scaffale, lo chiuse nella custodia e lo consegnò a Ungari.

Lui annuì appena, assorto in tutt'altre preoccupazioni. — La Stazione Vervain? La sua sicurezza mi impone di suggerire Pol Sei, Altezza.

— Ma i miei doveri mi impongono Stazione Vervain, capitano. E così anche i suoi. — Gregor si alzò. — Venga, le spiegherò la situazione mentre ci prepariamo a sbarcare.

— E lascerà Vorkosigan da solo? — obiettò lui, accigliato. — Con questi mercenari? È un problema di cui vorrei occuparmi un momento, Altezza.

— Signore — disse Miles a Ungari, — mi spiace di non poter… — di non poterti ubbidire, pensò, ma non lo disse. — Ho anch'io un problema con questi mercenari. Si tratta di prepararli alla battaglia. Inoltre c'è da regolare un'ultima questione con la ex-comandante dei Rangers. Si tratta di particolari che io solo posso seguire, per avere certe garanzie. Sono sicuro che Gre… che sua Altezza Imperiale capirà.

— Mmh — disse Gregor. — Sì, capitano Ungari. Nomino l'alfiere Vorkosigan nostro ufficiale di collegamento presso i Dendarii, sotto la mia responsabilità personale. Questo dovrebbe accontentare anche lei, penso.

— Non sono io quello che deve essere accontentato, Altezza!

Lui esitò un attimo. — Diciamo allora che questo è nel miglior interesse di Barrayar. Argomento che dovrà essere sufficiente anche per Illyan. Andiamo, capitano.

— Sergente Keller — aggiunse Miles, — lei sarà la guardia del corpo e l'attendente personale dell'Imperatore, fino a nuovo ordine.

Keller non parve affatto ringalluzzito da quell'inattesa promozione sul campo. — Signore — mormorò, piegandosi verso Miles, — io non ho neppure fatto il corso di specializzazione!

Si riferiva al corso d'addestramento avanzato che tenevano al Quartier Generale della Sicurezza Imperiale, e da cui uscivano guardie di palazzo dai modi impeccabili che esteticamente facevano un gran bell'effetto.

— Anche noi ci troviamo alle prese con problemi analoghi qui, sergente, mi creda — mormorò Miles in risposta. — Faccia del suo meglio.

La sala tattica della Triumph ferveva d'attività; ogni consolle era occupata, ogni schermo olovisivo mostrava gli spiegamenti delle flotte e le varianti che intervenivano nella loro disposizione. In piedi al fianco di Tung, Miles si sentiva inutile. Gli veniva da pensare a una vecchia battuta dell'Accademia: «Regola 1: ignorate i suggerimenti del computer tattico solo se sapete qualcosa che lui non conosce. Regola 2: il computer tattico ne sa sempre una più di voi».

Quella era una battaglia? Quel silenzio disturbato solo da qualche mormorio, quelle luci morbide, quella grafica computerizzata, quelle comode poltroncine imbottite? Forse tanto distacco era positivo, per chi aveva il comando. Lui si sentiva battere forte il cuore. Una sala tattica di quelle dimensioni poteva sovraccaricare la mente di dati fino a mandarla in corto circuito, se uno perdeva il controllo un momento. Il trucco stava nel concentrarsi sulle cose essenziali, e mai, mai dimenticare che la mappa non era il territorio.

Il suo lavoro lì, ricordò a se stesso, non era quello di comandare. Era di osservare come Tung dirigeva le operazioni e imparare un modo di vedere le cose alternativo a quello che insegnavano all'Accademia Imperiale di Barrayar. La sola condizione lecita per un suo intervento si sarebbe presentata se qualcosa, nella strategia/politica esterna, avesse assunto la precedenza sulle necessità tattiche immediate. Miles pregava che non accadesse, perché una breve e spiacevole definizione per una cosa del genere era: «Tradire la fiducia delle truppe in lui».

La sua attenzione fu attratta da una piccola nave da esplorazione balzata fuori dal corridoio di transito. Il display la mostrava come un puntolino luminoso in lento spostamento su uno sfondo nero. Sullo schermo del teleradar era una forma affusolata; su quello di navigazione un vettore che si allungava; su di un altro ancora un insieme di dati telemetrici, cifre, simboli, quasi un ideale platonico. Qual è la verità? Tutte, nessuna.

— Squalo Uno a Flotta Uno — disse la voce del pilota sulla consolle di Tung. — Rotta libera per dieci minuti fra i punti di balzo. Rapporto su canale ristretto ad alta velocità pronto per la trasmissione.

Tung parlò in un microfono: — Flotta pronta al balzo. Rapporto in arrivo su canale Y-G. Computer in ricezione dati.

La prima nave dendarii in attesa all'imbocco del corridoio di transito si mosse in avanti, lampeggiò un attimo sullo schermo tattico (sugli altri non ci fu niente) e scomparve. Una seconda nave la seguì a trenta secondi di distanza, limite di sicurezza minimo fra due oggetti in transito fuori dallo spazio normale. Due navi che si fossero materializzate nello stesso punto all'uscita dal balzo avrebbero dato origine a un solo esplosivo ammasso di atomi.

Mentre il computer digeriva i dati telemetrici di Squalo Uno, ciò che l'altra nave aveva visto apparve anche sullo schermo della Triumph: il vortice (puramente energetico) d'ingresso del corridoio di transito fu sostituito dal vortice identico all'altra estremità. Oltre quell'immagine c'erano punti e linee in movimento, astronavi che manovravano, sparavano, deviavano su percorsi d'attacco e di difesa: la battaglia in corso sul lato di Vervain, nei pressi della stazione interna, gemellata alla stazione sul lato Mozzo dove Miles aveva lasciato Gregor. Gli attaccanti cetagandani. Finalmente una panoramica della loro destinazione. In differita, naturalmente; quelle immagini risalivano a una decina di minuti prima.

— Cristo — commentò Tung, — che confusione. Quindici secondi al balzo.

Il cicalino suonò. Era il turno della Triumph. Miles si aggrappò allo schienale della poltroncina di Tung, pur sapendo che l'impressione di muoversi era illusoria. Un refolo di sogni sembrò annebbiare la sua mente, per un attimo, per un giorno; impossibile stabilirlo. La nausea che subito dopo gli salì dallo stomaco non era un sogno. Balzo avvenuto. Nella sala ci fu qualche secondo di silenzio mentre gli altri lottavano per riprendere il controllo delle loro disorientate percezioni. Poi il mormorio riprese là dove s'era interrotto. Benvenuti a Vervain. L'inferno non vi ha voluti neanche stavolta.

Il computer tattico sparò su tutti gli schermi le immagini che ora captava in diretta da quella sezione dell'universo. Lo sbocco (o meglio, ora l'imboccatura) del corridoio di transito era sorvegliato dalla stazione di balzo e dalla Marina Spaziale di Vervain, con l'appoggio delle navi dei Rangers sotto il comando vervano. L'attacco era appena finito; i cetagandani avevano colpito, erano stati respinti e adesso si stavano portando a distanza in attesa dei rinforzi per la prossima offensiva. E i loro rinforzi erano ormai un flusso continuo, sul lato opposto del sistema, dove sfociava il corridoio di transito fra Vervain e Cetaganda.

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