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Claire si svegliò ma non aprì gli occhi, rimanendo rannicchiata nel sacco. Lo sfinimento che l’aveva colta alla fine dell’ultimo turno faticava ad abbandonare il suo corpo. Non sentiva ancora Andy muoversi; bene, un breve respiro prima del cambio dei pannolini. Tra dieci minuti lo avrebbe svegliato e si sarebbero scambiati i favori: Andy avrebbe succhiato il latte dai suoi seni dolenti, e così avrebbe riempito il suo pancino affamato… le mamme hanno bisogno dei bambini, tanto quanto i bambini hanno bisogno delle mamme, pensò assonnata, due pezzi che combaciavano, due individui che condividevano lo stesso sistema biologico… come i quad che partecipavano al sistema tecnologico dell’Habitat, ciascuno dipendente da tutti gli altri…

E dipendenti anche dal suo lavoro. Qual era la prossima cosa che doveva fare? Scatole di germinazione, tubi di crescita… no, oggi non poteva trasportare i tubi di crescita, oggi era il giorno dell’Accelerazione… aprì gli occhi di colpo e li spalancò per la gioia.

— Tony! — esclamò senza fiato. — Da quanto sei qui?

— Sono rimasto a guardarti per quasi un quarto d’ora. Sei bella quando dormi. Posso entrare? — Era sospeso in aria, con indosso di nuovo la maglietta e i pantaloncini rossi, e la fissava nella tenue luce della camera. — Devo comunque legarmi, l’accelerazione sta per cominciare.

— Di già? — Si spostò per fargli posto, si strinsero con tutte le braccia e lei sentì la fasciatura sotto la maglia. — Stai bene?

— Adesso sì — sospirò felice. — Stare là, in quell’ospedale… be’, non mi aspettavo che veniste a prendermi. Era un terribile rischio per voi, non ne valeva la pena! — Le sfiorò i capelli.

— Abbiamo parlato dei rischi, ma non potevamo lasciarti. Noi quad… dobbiamo stare uniti. — Era completamente sveglia, adesso, e godeva del contatto fisico, delle mani muscolose, degli occhi luminosi, dei capelli biondi e ricci. — Perderti ci avrebbe sminuiti, ha detto Leo, e non solo geneticamente. Ora dobbiamo essere un popolo, non più solo Claire e Tony e Silver e Siggy… e Andy… credo che sia quello che Leo chiama «sinergia». Adesso siamo qualcosa di sinergistico.

Una strana vibrazione si propagò attraverso le pareti della sua stanza. Lei si voltò, tolse Andy dal suo giaciglio e lo strinse tra le braccia superiori, mentre con quelle inferiori continuava ad abbracciare Tony sotto la coperta. Andy squittì, fece schioccare le labbra e si rimise a dormire. Dolcemente, lentamente, le spalle cominciarono a premere contro la parete.

— Siamo in viaggio — sussurrò. — È cominciata…

— E resiste — osservò meravigliato Tony. Si strinsero. — Volevo essere con te in questo momento…

Lei si abbandonò all’accelerazione, appoggiando la testa contro la parete e avvicinando Andy sul petto. Qualcosa nel suo armadietto fece clunk… avrebbe controllato più tardi.

— Questo è il modo di viaggiare — sospirò Tony, — meglio che nascosti in una stiva…

— Sarà strano, senza la GalacTech — disse Claire dopo un po’. — Solo noi quad. Chissà come sarà il mondo di Andy.

— Dipenderà da noi, penso — disse Tony con espressione seria. — È una cosa che mi spaventa assai di più di un terricolo con un’arma in mano, lo sai? Libertà. Uhm. — Scosse il capo. — Non è come me l’ero figurata.

Il riposo suggerito dalla dottoressa era fuori questione. Con espressione cupa, Van Atta si diresse non al suo alloggio, ma al suo ufficio a terra. Erano un paio di settimane che non lo controllava più. Era quasi mezzanotte, ora del Porto Tre; la sua segretaria non era al lavoro e starsene a rimuginare da solo si adattava al suo pessimo umore.

Dopo aver passato circa una ventina di minuti a mormorare tra sé, decise di dare una scorsa alla posta elettronica. La normale routine del suo ufficio era precipitata nel caos nelle ultime settimane e naturalmente gli avvenimenti dei giorni scorsi l’avevano definitivamente stravolta. Forse un po’ di noiosa routine lo avrebbe calmato abbastanza per fargli prendere in considerazione l’idea di andare a dormire.

Vecchi memorandum, richieste sorpassate di istruzioni, rapporti irrilevanti… le baracche dei quad, notò sbuffando, venivano segnalate come già pronte per essere occupate con il quindici per cento di spesa in più sul bilancio preventivo. Se fosse riuscito ad acciuffare qualche quad da metterci dentro. Istruzioni dal Quartier Generale per quel che riguardava la chiusura del Progetto Cay, consigli non richiesti per il recupero e l’utilizzo delle varie parti…

Van Atta si fermò di colpo, attratto dall’immagine comparsa su uno degli schermi. Che cosa diceva quello?

Soggetto: Colture sperimentali di tessuto post-fetale. Quantità: 1000. Disposizione: cremazione secondo le Regole Standard di Biolaboratorio.

Controllò la fonte dell’ordine. No, non era arrivato dall’ufficio di Apmad, come aveva pensato in un primo tempo. Veniva dal Controllo Inventario e Contabilità Generale, come parte di una lunga lista computerizzata che comprendeva un’ampia varietà di campioni di laboratorio. Ma l’ordine era firmato da un essere umano, qualche sconosciuto dirigente di CI CG, sulla Terra.

— Per la miseria — imprecò sottovoce Van Atta. — Non credo che quel tizio sappia che cosa sono i quad. — L’ordine era stato firmato alcune settimane prima.

Rilesse il paragrafo iniziale. Il capo del Progetto provvederà a chiudere il Progetto stesso con la dovuta sollecitudine. È auspicata l’immediata disponibilità del personale da assegnare ad altri incarichi. Siete quindi autorizzati ad effettuare qualunque requisizione temporanea di materiale o di personale da altre divisioni per completare la procedura di cessazione entro il 6/1.

Dopo qualche istante allargò le labbra in un sorriso furioso. Con cautela, estrasse il prezioso disco dalla macchina, se lo mise in tasca e andò a cercare Chalopin. Sperò di riuscire a tirarla giù dal letto.

CAPITOLO SEDICESIMO

— Non avete ancora finito, là fuori? — gracchiò la voce tesa di Ti nell’interfono.

— Un’ultima saldatura, Ti — rispose Leo. — Tony, controlla ancora quell’allineamento.

Tony agitò una mano guantata in cenno d’assenso e fece scorrere il laser ottico lungo la linea che il saldatore a elettroni avrebbe di lì a poco seguito. — Puoi andare, Pramod — gridò, e si spostò di lato.

Il saldatore avanzò sulle rotaie, sistemando una flangia per l’ultima ganascia che doveva fissare il nuovo riflettore di vortice nel suo alloggiamento. Dalla punta della saldatrice scaturì un lampo prima rosso e poi verde, infine si spense e Pramod si avvicinò per staccarlo. Bobbi galleggiò subito dietro di lui per controllare la saldatura con un rilevatore sonico. — È buona, Leo. Resisterà.

— Bene. Levate di mezzo tutta la roba e portate dentro il riflettore.

I quad si mossero rapidamente. Dopo pochi minuti, il riflettore di vortice era stato inserito nelle ganasce ricoperte di materiale ìsolante e l’allineamento controllato. — Bene, ragazzi. Spostiamoci e lasciamo che Ti faccia la prova del fumo.

— La prova del fumo? — ripeté la voce di Ti nella radio. — E che cos’è? Pensavo che volessi una potenza del dieci per cento.

— È un termine di vecchia data per definire l’ultimo collaudo in ogni progetto tecnico — spiegò Leo. — Accendilo e vedi se fuma.

— Avrei dovuto indovinarlo — ridacchiò Ti. — Suona molto scientifico.

— La prova finale è sempre l’uso. Ma sta attento a dare energia molto lentamente, eh? Con dolcezza. Abbiamo una signora molto delicata, qui.

— L’hai già detto almeno otto o dieci volte, Leo. Quell’aggeggio è nei parametri o no?

— Nei parametri. Almeno sulla superficie. Ma la struttura cristallina interna del titanio… be’, non è stata controllata proprio come in una fabbricazione normale.

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