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La trasformazione mediante esplosione della lastra di titanio nella complessa forma del riflettore di vortice richiedeva, oltre ad un assortimento di morse, ghiere e anelli distanziatori, anche tre parti principali: lo stampo di ghiaccio, la lastra di metallo e l’esplosivo per unire i due elementi. Ma qual è la gamba più importante di un tripode? Quella che manca, naturalmente. E lui che aveva pensato che l’esplosivo semiliquido fosse la parte più semplice…

Sconsolato, Leo cominciò una perquisizione sistematica del modulo, controllando tutto quello che conteneva. Un fiasco extra di esplosivo doveva essere finito nel posto sbagliato, ma, ohimè, i quad erano fin troppo precisi nel tenere gli inventari. Ogni bidone conteneva solo quello che era indicato sull’etichetta, niente di più e niente di meno. Agba aveva persino aggiornato l’etichetta sul bidone: Contenuto: esplosivo semiliquido tipo B-2. Fiasco da mezzo litro. Quantità 0.

E fu in quel momento che Leo inciampò, letteralmente, in un bidone di benzina. No, almeno sei barili del maledetto carburante, che chissà come erano finiti là e adesso erano strettamente ancorati alle pareti. Dio solo sapeva dove fosse finito il resto delle cento tonnellate. Leo sperò che fossero all’inferno, dove almeno potevano essere di qualche utilità. Avrebbe volentieri barattato le cento tonnellate per quattro aspirine. Cento tonnellate di benzina, di cui…

Leo batté le palpebre e si lasciò sfuggire un grido di esultanza.

Di cui, un litro o poco più, mischiato con tetranitrometano, avrebbe prodotto un esplosivo anche più potente.

Certo avrebbe dovuto controllare sui testi, per essere sicuro, e in ogni caso avrebbe dovuto cercare le giuste proporzioni… ma era certo di ricordare giusto. Nozioni e ispirazione, quella era la miglior combinazione in assoluto. Il tetranitrometano era usato come soluzione di emergenza per produrre ossigeno in parecchi sistemi dell’Habitat e sui rimorchiatori. Produceva più anidride per centimetro cubo dell’ossigeno liquido, senza i problemi di immagazzinaggio dovuti a pressione e temperatura, in una versione molto più sofisticata delle vecchie candele al tetranitrometano che, quando bruciavano, emettevano ossigeno. Ora… oh, Dio… sempre che il TNM non fosse stato usato tutto da qualcuno, per… per gonfiare palloncini per bambini o qualche altra maledetta cosa… in effetti avevano perso aria durante la riconfigurazione dell’Habitat.

Si trattenne per il tempo necessario a rimettere il fiasco nel contenitore e scrivere sui barili a grosse lettere rosse: QUESTA BENZINA È DI LEO GRAF. SE QUALCUN ALTRO LA TOCCA, SI RITROVERÀ CON TUTTE LE BRACCIA SPEZZATE. Uscì a spron battuto dal Magazzino Sostanze Tossiche, diretto al più vicino terminale collegato alla biblioteca.

CAPITOLO QUINDICESIMO

Il crepuscolo indugiava sul lago asciutto, mentre la luminosa volta del cielo sfumava dal turchese cupo all’indaco trapunto di stelle. I mutevoli colori dell’atmosfera distraevano l’attenzione di Silver dalle immagini trasmesse dal monitor. Di quante incredibili variazioni godevano i terricoli: strisce color porpora, arancio, limone, verde, azzurro, con sfumature color cobalto dovute al vapore acqueo che si diffondeva nel cielo occidentale. Fu con un po’ di rimpianto che sintonizzò il monitor sulla ricerca a infrarossi. I colori amplificati dal computer resero più chiara la sua visione, ma sembrarono crudi e vistosi in confronto alla realtà.

E finalmente quello che il suo cuore aspettava, comparve: un fuoristrada, che superava traballando il lontano passo fra le colline e scendeva sbandando dall’ultimo declivio roccioso per poi percorrere a tutta velocità la distesa pianeggiante del lago inaridito. Madame Minchenko si affrettò a uscire dalla cabina di pilotaggio per calare la scaletta, mentre con un ruggito il veicolo si fermava accanto alla navetta.

Silver batté tutte e quattro le mani per la gioia quando vide Ti salire traballando lungo la rampa, con il corpo di Tony caricato di traverso sulle spalle, nello stesso modo in cui Leo aveva trasportato lei alla Stazione di Trasferimento. L’avevano preso! L’avevano preso! Il dottor Minchenko li seguiva a breve distanza.

Vi fu una breve discussione davanti al portello, con le voci del dottore e della signora che giungevano soffocate, poi Minchenko ridiscese al trotto la scaletta per sistemare sul tetto del fuoristrada un razzo di segnalazione che emise una intensa fiammata verde. Bene, pensò Silver sollevata, le guardie appiedate non avrebbero avuto difficoltà a vedere quel segnale.

Si spostò sul sedile del secondo pilota, mentre Ti entrava traballando nella cabina di pilotaggio, mollava Tony nel sedile del tecnico e si insediava con un’abile piroetta nel suo. Con una mano si tolse la maschera, lasciandola penzolare dal collo mentre con l’altra premeva i pulsanti di guida. — Ehi, chi ha pasticciato con la mia nave?

Silver si sollevò in aria, voltandosi verso Tony, che nel frattempo si era liberato della maschera e stava armeggiando con le cinture. — Ce l’avete fatta! — esclamò con allegria.

Lui le sorrise di rimando — Pef un pefo. Fono pfofio dietfo di noi — Silver si accorse che i suoi occhi azzurri erano dilatati non solo per l’eccitazione, ma anche per il dolore mentre le labbra erano gonfie.

— Che cosa ti è successo? — Si rivolse a Ti. — Che cosa è successo a Tony?

— Quel miserabile di Van Atta gli ha bruciato la bocca con quell’arnese che teneva in mano — rispose cupo Ti, mentre le sue mani danzavano sui controlli. I motori si accesero, le luci presero a lampeggiare e la navetta cominciò a rollare. Ti schiacciò il bottone dell’interfono. — Dottor Minchenko? Voi due siete legati là dietro?

— Solo un attimo… — fu la risposta di Minchenko. — Ecco fatto. Sì, vada!

— Avete avuto problemi? — chiese Silver, rimettendosi a sedere e assicurandosi le cinghie mentre la navetta acquistava velocità.

— Al principio no. Siamo arrivati all’ospedale e siamo entrati senza problemi. Pensavo che le infermiere ci avrebbero fatto delle domande sul perché portavamo via Tony, ma evidentemente laggiù tutti pensano che il dottor Minchenko sia Dio. Abbiamo fatto tutto in un baleno e proprio mentre stavamo uscendo (e, detto fra noi, io facevo l’asino da soma… in fondo che altro sono, se non un semplice trasportatore?) quando chi incontriamo sulla porta, se non quel figlio di puttana di Van Atta che stava entrando proprio in quel momento?

Silver rimase senza fiato.

— Lo abbiamo fatto cadere con uno sgambetto: il dottor Minchenko voleva fermarsi a riempirlo di botte per quello che aveva fatto alla bocca di Tony, ma avrebbe dovuto delegare a me la maggior parte del compito… è un uomo anziano, per quanto non voglia ammetterlo, e così l’ho trascinato fuori verso il fuoristrada. L’ultima cosa che ho sentito era Van Atta che correva via urlando in cerca di un elijet. Di certo a quest’ora ne avrà trovato uno… — Ti controllò nervosamente i monitor. — Sì, maledizione, laggiù — e indicò una fiammata multicolore che stava scendendo dalle montagne, e che segnalava sullo schermo la posizione dell’elijet inseguitore. — Be’, adesso non possono prenderci.

La navetta compì un ampio circolo, poi si fermò: il rumore dei motori passò dal semplice ronzio, al gemito e poi all’urlo lacerante. Le bianche luci di atterraggio fendevano il buio davanti a loro. Ti mollò i freni e la nave balzò in avanti con un ruggito terrificante che cessò di colpo quando ruotarono in aria. L’accelerazione li spinse tutti contro lo schienale dei sedili.

— Che cosa diavolo crede di fare, quell’idiota? — borbottò Ti a denti stretti quando vide l’elijet che ingrandiva rapidamente nel monitor. — Stai cercando di fare il furbo con me?

Fu subito chiaro che era proprio quello l’intento del pilota. L’elijet si innalzò verso di loro, tuffandosi proprio nel momento in cui la navetta si era sollevata, evidentemente con l’idea di obbligarli a scendere. Le labbra di Ti si tesero in una sottile linea bianca, gli occhi fiammeggiarono, e i motori salirono di potenza. Silver strinse i denti, ma tenne gli occhi aperti.

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