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— Uhm… — Leo fece un rapido ripasso delle sue nozioni di pronto soccorso. — La sinta-morfina dovrebbe andare, finché non si metterà in contatto con il dottor Minchenko. Ma dovrà dosarla bene: questi ragazzi pesano meno di quanto sembrerebbe, credo che il peso di Tony sia di circa, uh, quarantadue chili.

E finalmente la strana natura della ferita di Tony si fece strada nella sua mente. Aveva pensato a una caduta, a ossa rotte, magari anche danni alla spina dorsale o alla testa… — Che cosa è successo, qui?

— Ferita da arma da fuoco — lo ragguagliò brevemente l’infermiere. — Parte bassa dell’addome e… ehm, non femore, arto inferiore sinistro. Ma quella è solo una ferita superficiale, quella addominale invece è seria.

— Un colpo di arma da fuoco! — Leo fissò incredulo la guardia. — Ma voi… pensavo che voi portaste degli storditori… perché in nome di Dio…

— Quando quel maledetto isterico ha chiamato dall’Habitat, blaterando dei suoi mostri che erano fuggiti, ho pensato… ho pensato… non so che cosa ho pensato. — La guardia fissò furente i propri stivali.

— Ma non ha guardato prima di sparare?

— Maledizione, ho quasi rischiato di sparare alla ragazza con il bambino. — La guardia rabbrividì. — Ho colpito il ragazzo accidentalmente, mentre cercavo di spostare la mira da un’altra parte.

Van Atta arrivò ansimante. — Per la miseria, che casino! — Il suo sguardo si posò sull’uomo della Sicurezza. — Pensavo di averle detto di fare le cose senza chiasso, Bannerji. Che cosa ha combinato, ha fatto esplodere una bomba?

— Ha sparato a Tony — disse Leo a denti stretti.

— Idiota, le avevo detto di catturarli, non di assassinarli! Come diavolo pensa che farò a mettere a tacere tutto questo — e con il braccio indicò il corridoio 29. — E che cosa diavolo ci faceva con una pistola?

— Lei ha detto… io ho pensato… — cominciò la guardia.

— Giuro che la farò licenziare per questo. Di tutte le stronzate… credeva che questo fosse uno di quei film dell’olovideo? Non so chi sia più idiota: lei o quelli che l’hanno assunta…

Il viso della guardia era diventato prima rosso e poi bianco. — Tu, stupido figlio di puttana, sei stato tu a dirmi…

Era meglio che qualcuno mantenesse un po’ di sangue freddo, pensò Leo. Bannerji aveva recuperato e rimesso nel fodero la sua pistola, una cosa di cui Van Atta sembrava del tutto ignaro… ma la tentazione di sparare al capo del progetto non doveva diventare troppo soverchiante. Leo intervenne: — Signori, suggerirei di rimandare le accuse e le difese a un’inchiesta formale, dove tutti saranno meno eccitati e più, uhm, ragionevoli. Nel frattempo, abbiamo dei ragazzi feriti e spaventati di cui occuparci.

Bannerji tacque, risentito per l’ingiustizia. Van Atta grugnì in segno di assenso, limitandosi a lanciare un’occhiata di fuoco a Bannerji che non lasciava presagire nulla di buono per la carriera futura della guardia. I due infermieri estrassero le ruote della barella di Tony e lo trasportarono lungo il corridoio verso il mezzo elettrico in attesa. Claire tese istintivamente un braccio verso di lui, poi lo lasciò ricadere, in segno d’impotenza.

Quel gesto attirò l’attenzione di Van Atta. La sua rabbia repressa aveva trovato un oggetto su cui potersi sfogare. — Tu!… — disse rivolto a Claire.

Lei trasalì, raggomitolandosi ancor di più.

— Hai un idea di che cosa costerà questa vostra impresa al Progetto Cay? Di tutti i gesti irresponsabili… sei stata tu a spingere Tony a fare questo?

Lei scosse il capo, spalancando gli occhi.

— Certo che sei stata tu. Non è sempre così? Il maschio caccia fuori la testa e la femmina gliela fa tagliare…

— Oh, no…

— E la scelta del momento… stavate deliberatamente cercando di fregarmi? Come avete scoperto che il Vice Presidente delle Operazioni… pensavate che vi avrei retto il gioco solo perché lei era qui? Abile, abile, ma non abbastanza…

Il sangue rimbombava nella testa e nelle orecchie di Leo. — La smetta, Bruce. Ne ha già passate abbastanza per oggi.

— Quella puttanella quasi fa ammazzare il suo miglior studente e lei la difende? Ma sia serio, Leo.

— È già terrorizzata, la lasci stare.

— Fa maledettamente bene ad esserlo. Quando la riporterò all’Habitat… — Van Atta passò accanto a Leo, afferrò Claire per una delle braccia superiori e la trascinò violentemente in piedi. Lei gridò e quasi lasciò cadere Andy; Van Atta non ci fece caso. — Volevi venire sul pianeta, allora puoi provare a camminare… fino alla navetta.

Leo non fu in grado di ricordare in seguito che cosa lo avesse indotto a scagliarsi in avanti, afferrando Van Atta e costringendolo a voltarsi: ricordava solo l’espressione stupita e la bocca spalancata di quest’ultimo. — Bruce — esclamò attraverso una fitta nebbia rossastra, — viscido serpente, lasciala stare!

Il montante alla mascella di Van Atta, che sottolineò quell’ordine, risultò sorprendentemente efficace, considerando che quella era la prima volta in vita sua che Leo colpiva un uomo in un impeto di rabbia. Van Atta cadde all’indietro sul cemento.

Leo avanzò in una specie di gioia confusa. Avrebbe riaggiustato l’anatomia di Van Atta in un modo che neppure il dottor Cay si era mai sognato…

— Oh, signor Graf — esclamò la guardia, toccandogli una spalla.

— Va tutto bene, sono settimane che voglio farlo — lo rassicurò Leo, afferrando Van Atta per il colletto.

— Non è questo, signore…

Una nuova voce si intromise in tono freddo: — Affascinante tecnica. Devo prenderne nota.

Affiancata dalla sua scorta di ragionieri e assistenti, il Vice Presidente Apmad era apparsa nel corridoio 29 alle spalle di Leo.

CAPITOLO SESTO

— Be’, non è stata colpa mia — scattò Chalopin, Amministratrice del porto di attracco delle navette. — Non sono neppure stata informata di quello che stava succedendo. — E rivolse uno sguardo rovente a Van Atta. — Come posso controllare la mia giurisdizione quando altri amministratori sconvolgono i miei canali di comando mettendosi allegramente a impartire ordini ai miei uomini senza neppure informarmi, violando il protocollo…

— Si trattava di una situazione fuori dell’ordinario e il tempo era della massima importanza — mormorò Van Atta con tracotanza.

In cuor suo, Leo non poteva condannare la permalosità di Chalopin: la sua tranquilla routine sconvolta, l’ufficio requisito per l’improvvisa inchiesta del Vice Presidente delle Operazioni… Apmad infatti non amava perdere tempo. Le indagini ufficiali erano cominciate dietro suo ordine meno di un’ora prima nel corridoio 29; si sarebbe stupito se ci avesse messo più di un’altra ora per concluderle.

Le finestre degli uffici amministrativi del Porto Tre, sigillate contro la pressione interna dell’edificio, incorniciavano una veduta del complesso: le passerelle, le zone di carico, i magazzini, gli uffici, gli hangar, i dormitori degli operai, la monorotaia che correva verso la raffineria che luccicava all’orizzonte, le vette frastagliate delle montagne lontane. E l’impianto di energia vitale: l’atmosfera di Rodeo era composta di ossigeno, idrogeno e anidride carbonica, ma nelle proporzioni sbagliate, e con una pressione troppo bassa per il metabolismo umano. L’impianto di condizionamento dell’aria lavorava di continuo per adeguare la miscela di gas e filtrare le sostanze inquinanti. Un essere umano poteva vivere quindici minuti all’esterno senza una maschera; Leo non sapeva se considerare la cosa come un utile margine di salvezza o una morte lenta. Decisamente non si trattava di un paradiso.

Bannerji era scivolato dietro l’amministratore del porto. Nascosto dietro di lei, pensò Leo, e quella poteva essere la tattica migliore per la guardia della Sicurezza. Dalla punta delle scarpe lucide all’uniforme immacolata della GalacTech e all’acconciatura perfetta, senza un capello fuori posto, fino alla mascella dritta e ferma, Chalopin irradiava abilità e risolutezza nel difendere il proprio territorio.

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