Van Atta spinse la dottoressa verso di lui. Su Bannerji, che si agitava a disagio sul sedile, non si poteva certo contare. – Tenga ferma questa pazza. Ha appena cercato di uccidermi con la chiave inglese.
— Oh? A me aveva detto che le serviva per correggere la posizione di un sedile – commentò Fors, – o forse non ha detto sedile? – Ma afferrò la dottoressa e la tenne stretta. Gli sforzi della donna, come al solito, furono deboli e futili.
Con un sibilo furioso, Van Atta si mise nuovamente a sedere alla consolle degli armamenti e richiamò il programma di assetto e mira. Lo sistemò e accese i rilevatori esterni. La configurazione D-620-Habitat balzò nitida sullo schermo, resa argentea dalla luce distante del sole che illuminava le strutture. Gli schemi la intrappolarono sullo schermo, convergendo implacabilmente.
Il D-620 tremolò, ruotò e scomparve.
I laser spararono, fiammate di luce che colpirono il vuoto dello spazio.
Van Atta batté i pugni sulla consolle, urlando, mentre del sangue gli usciva dalla ferita sulla guancia. – Ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta. Ce l’hanno fatta…
La dottoressa Yei ridacchiò.
Leo era accasciato sul sedile, sorretto dalle cinture, con una risata che gli gorgogliava in gola. – Ce l’abbiamo fatta!
Ti sollevò il casco, rimanendo seduto, ma non meno stravolto di lui, anzi con il viso pallido e tirato: il balzo prosciugava i piloti. Leo si sentiva come se fosse stato appena rivoltato come un guanto, ed era tutto dolorante, ma la nausea passò in fretta.
— Il tuo riflettore era nei parametri, Leo – disse Ti debolmente.
– Sì. Temevo che potesse esplodere, durante la tensione del balzo.
Ti gli lanciò uno sguardo indignato. – Non è quello che avevi detto. Pensavo che tu fossi il genio degli ingegneri collaudatori.
– Senti, non avevo mai fatto una di quelle cose, prima d’ora – protestò Leo. – Non si sa mai. Si fanno solo le migliori congetture possibili. – Si raddrizzò, cercando di riordinare le idee. – Siamo qui, ce l’abbiamo fatta. Ma che succede all’esterno? Ci sono stati danni all’Habitat? Silver, vedi cosa riesci a sapere all’interfono.
Anche lei era pallida. – Cielo – disse, sbattendo le palpebre. – Così questo è un balzo. Come sei ore del siero della verità della dottoressa Yei concentrate in un solo secondo. Accidenti, ne dovremo fare molti altri?
– Spero proprio di sì. – Leo sganciò le cinghie e galleggiò verso di lei per aiutarla.
Lo spazio intorno al punto di uscita era vuoto e rassicurante: la sua visione segreta e paranoica di balzare dritto in mezzo a navi militari pronte ad aprire il fuoco non si era avverata, notò con sollievo. Ma, un momento… una nave stava avvicinandosi… non un velivolo commerciale, ma qualcosa di minaccioso e dall’apparenza ufficiale…
– È una nave di polizia proveniente da Orient IV – la identificò Silver, – siamo nei guai?
– Senza dubbio – intervenne la voce del dottor Minchenko, che entrava in quel momento nella cabina di pilotaggio. – La GalacTech non sarà certo disposta a lasciar correre. Farà un favore a tutti, Graf, se adesso lascerà parlare me. – Spostò di lato Silver e Leo e si insediò alle comunicazioni. – Si dà il caso che il ministro della Sanità di Orient IV sia un mio collega medico. Anche se la sua posizione non gli conferisce un gran potere politico, è sempre un canale di comunicazione con gli alti gradi governativi. Se riesco ad arrivare a lui ci troveremo in una posizione certo migliore che non in quella di dover trattare con qualche sergente di polizia o, peggio ancora, qualche militare. – Negli occhi di Minchenko balenò un lampo. – Non corre buon sangue tra la GalacTech e Orient IV, in questo momento. A tutte le accuse di reato della GalacTech, possiamo ribattere… frode valutaria… oh, quante possibilità.
– Cosa facciamo mentre lei parla? – chiese Ti.
– Continuate a stare all’erta – consigliò Minchenko.
– Non è ancora finita, vero? – domandò tranquilla Silver, mentre lei e Leo si allontanavano da Minchenko. – Chissà perché avevo pensato che sarebbe bastato allontanarsi da Van Atta per mettere fine ai nostri guai.
Leo scosse il capo mentre un sorriso di trionfo indugiava agli angoli della bocca. Tenendola per mano, le disse: – I nostri guai sarebbero finiti se Bruce avesse fatto centro. O se il riflettore di vortice fosse scoppiato durante il balzo, o se… non temere i guai, Silver. Sono un segno di vita. Ce ne occuperemo insieme… domani.
Silver trasse un profondo sospiro, mentre la tensione svaniva dal suo viso, dalle braccia, dal corpo. Alla fine, un sorriso di reazione si accese nei suoi occhi, facendoli brillare come stelle. Piegò il viso verso Leo, e attese.
Lui si ritrovò a sorridere piuttosto scioccamente, per un uomo che si avvicinava ai quaranta. Cercò di assumere un’espressione più dignitosa. Seguì una pausa.
– Leo – disse Silver nel tono di chi ha appena avuto una folgorazione, – sei per caso timido?
– Chi, io?
Dalle stelle azzurre scaturirono lampi predatori. Lei lo baciò. Offeso da quell’accusa, Leo a sua volta la baciò ancor più appassionatamente. E allora fu il turno di Silver a sorridere scioccamente. Una vita intera con i quad, rifletté Leo, poteva essere affascinante…
Si voltarono entrambi verso il nuovo sole.
RINGRAZIAMENTI
Desidero ringraziare tre persone che hanno contribuito a migliorare l’aspetto scientifico di questo libro: il Dott. Henry Bielstein, per le nozioni di medicina e fisiologia spaziale; James A. McMaster, tecnico saldatore; Wallace A. Voreck, esperto di esplosivi. Devo a loro, infatti, la precisione tecnica delle descrizioni, ma non sono comunque responsabili di eventuali errori, che devono essere attribuiti esclusivamente a me.
Non vi sono parole, infine, per esprimere il debito di riconoscenza che mi lega allo scomparso Dott. Robert C. McMaster, fisico, ingegnere, insegnante e inventore, il cui contributo va ben al di là dell’aspetto prettamente tecnico, e rimane incalcolabile. Anche in questo caso, gli errori sono esclusivamente miei, anche se mi sto impegnando per evitarli in futuro.
Lois McMaster Bujold
maggio 1987
FINE