— Non importa — disse Van Atta. Bannerji fece una smorfia dubbiosa. — Senta, capitano — aggiunse Van Atta in tono impaziente, — I quad sono… si sono resi sacrificabili, trasformandosi in criminali. Non è diverso da sparare a un ladro in fuga o a qualunque altro scassinatore. E poi non si può fare una frittata senza rompere le uova.
La dottoressa Yei si passò le mani sul viso. — Per Krishna! — gemette, rivolgendo un sorriso tirato e molto particolare a Van Atta. — Mi chiedevo quando lo avrebbe detto. Avrei potuto scommetterci…
Van Atta assunse un atteggiamento difensivo. — Se lei avesse fatto bene il suo lavoro — ribatté sullo stesso tono, — adesso non saremmo qui a rompere le uova. Ci saremmo potuti limitare a farle bollire con tutto il guscio giù a Rodeo. E non mancherò di farlo notare all’amministrazione, quando sarà il momento, mi creda. Ma non devo più discutere con lei. Per tutto quello che intendo fare, ho l’autorizzazione necessaria.
— Che non mi ha mostrato.
— Chalopin e il capitano Bannerji l’hanno vista. Se potessi fare a modo mio, lei da questo ne uscirebbe con un licenziamento, Yei.
La dottoressa tacque, ma riconobbe la minaccia con un ironico cenno del capo. Si appoggiò allo schienale incrociando le braccia, apparentemente ammutolita, finalmente. Grazie a Dio, aggiunse tra sé Van Atta.
— Indossate le tute, Fors — ordinò al sergente.
La cabina di pilotaggio del D-620 era una stanza affollata. Ti, sulla poltrona di comando, troneggiava sotto il suo casco sospeso in aria; Silver era alle comunicazioni, e Leo… be’, forse occupava il posto del tecnico-capo di bordo. A quel punto la catena di comando si faceva un tantino confusa. Forse il suo grado doveva essere quello di Pessimista Ufficiale della Nave. Ora che tutte le sue azioni erano confluite nel punto di non ritorno, aveva lo stomaco sottosopra e la gola chiusa.
— La navetta ha smesso di trasmettere — riferì Silver.
— È un sollievo — rispose Ti. — Puoi alzare il volume, adesso.
— Non è un sollievo — disse Leo. — Se hanno smesso di parlare, forse sono pronti ad aprire il fuoco. — Ed era troppo tardi, erano troppo vicini al punto di balzo per far uscire una squadra con le saldatrici laser per rispondere al fuoco.
Ti accennò a una smorfia, sconfortato, e chiuse gli occhi: il D-620 sembrò inclinarsi sotto la spinta dell’accelerazione. — Siamo quasi al punto di balzo — disse.
Leo controllò un monitor. — E loro sono quasi a distanza di tiro… — tacque, e poi aggiunse: — sono a distanza di tiro.
Ti emise un suono acuto e si infilò il casco. — Accendo il campo Necklin…
— Dolcemente - esclamò Leo. — Il mio riflettore di vortice…
La mano di Silver cercò quella di Leo, il quale venne sopraffatto dal desiderio di chiedere scusa a Silver, ai quad, a Dio, a non sapeva chi altro. Sono stato io a trascinarvi in questo… mi spiace.
— Se apri una frequenza, Silver — disse disperatamente, con la testa annebbiata dal panico… tutti quei bambini… — possiamo ancora arrenderci.
— Mai — disse Silver e gli strinse con forza la mano, mentre i suoi occhi azzurri cercavano quelli di Leo. — E io scelgo per tutti, non solo per me stessa. Noi andiamo.
Leo digrignò i denti e annuì brevemente. I secondi rimbombarono nella sua mente, scandendo i battiti del suo cuore. Nel monitor, la navetta della Sicurezza ingrandiva rapidamente.
— Perché non fanno fuoco ora? — chiese Silver.
— Fuoco — ordinò Van Atta.
Le immagini schematizzate e luminose sul computer di Bannerji si avvicinarono all’allineamento, i numeri lampeggiarono, le luci cominciarono a convergere. Van Atta notò che la dottoressa Yei non era più al suo posto. Probabilmente si era nascosta nel gabinetto. Quella dose massiccia di vita reale e di conseguenze altrettanto reali erano state troppo per lei. Proprio come uno di quei politici codardi, pensò Van Atta con disprezzo, che con le loro parole portano la gente verso il disastro e poi scompaiono quando si comincia a sparare…
— Fuoco ora - ripeté, rivolto a Bannerji, quando il computer lampeggiò, pronto sul bersaglio.
La mano del capitano si mosse verso il pulsante di fuoco e poi esitò. – Ha un’autorizzazione per questo? – chiese all’improvviso.
— Se ho cosa? – disse van Atta.
— Un’autorizzazione. Mi è venuto in mente che, tecnicamente, questo potrebbe essere considerato uno spreco di risorse. Ci vuole un documento firmato da chi ne fa richiesta, cioè lei, dal mio supervisore, cioè l’amministratore Chalopin, e dal Dirigente dell’Amministrazione Sprechi Inutili.
— Chalopin l’ha messa a mia disposizione. E questo rende la cosa ufficiale, caro mio!
— Ma non completa. Il Dirigente dell’Amministrazione Sprechi Inutili è Laurie Gompf, e lei si trova su Rodeo. La sua autorizzazione non ce l’ho. L’autorizzazione è incompleta. Mi spiace, signore. – Bannerji lasciò la consolle degli armamenti e si sistemò nel sedile del tecnico, incrociando le braccia. – Non rischio il mio lavoro per portare a termine un inutile spreco di risorse senza un ordine specifico. Ed è necessario anche un Accertamento dell’Impatto Ambientale.
— Questo è ammutinamento! – urlò Van Atta.
— No, non lo è – lo contraddisse Bannerji in tono cordiale. – Qui non siamo nell’esercito.
Van Atta, paonazzo in viso, fissò Bannerji, che si stava guardando le unghie e con un’imprecazione si tuffò nel sedile degli armamenti e riaggiustò la mira. Avrebbe dovuto saperlo: se vuoi che sia fatta qualcosa, pensaci da solo; esitò, mentre i parametri ingegneristici di una supernave di classe D gli scorrevano nella mente. In quale parte di quella complessa struttura poteva piazzare un colpo che non solo disattivasse le barre, ma facesse saltare in aria i propulsori principali?
Cremazione, davvero. E le morti dei quattro o cinque terrestri a bordo, potevano, eventualmente, essere imputate a Bannerji… Io ho fatto del mio meglio, signora… se lui avesse fatto il suo lavoro come gli avevo chiesto fin dall’inizio…
Le schematiche ruotarono nell’olovideo. Ci doveva essere un punto nelle strutture… sì, eccolo! Se fosse riuscito a mettere fuori uso sia quel ganglio di controllo che quelle linee di raffreddamento, avrebbe dato il via ad una reazione incontrollata che avrebbe portato… alla promozione, probabilmente, dopo che il polverone si fosse dissipato. Apmad lo avrebbe abbracciato e baciato, come un eroico dottore che da solo aveva impedito a un’abominazione genetica di diffondersi nella Galassia…
Di nuovo le linee degli schemi cominciarono a convergere, centrando il bersaglio. Il palmo sudato di Van Atta si strinse sul bottone di sparo. Tra un momento, solo un momento…
— Che cosa fa con quello, dottoressa Yei? – chiese Bannerji con voce sorpresa.
— Psicologia applicata.
La nuca di Van Atta sembrò esplodere con un nauseante scricchiolio. Cadde in avanti, tagliandosi una guancia sulla consolle, sbattendo contro le leve, e trasformando il programma di tiro in una pioggia di scintille colorate. Vide le stelle dentro la navetta, confuse macchie verdi e rosse… boccheggiando, si rialzò.
— Dottoressa Yei – obiettò Bannerji, – se vuole mettere fuori combattimento un uomo, deve picchiare molto più forte di così.
La dottoressa indietreggiò spaventata mentre Van Atta si alzava dal sedile. – Non volevo correre il rischio di ucciderlo…
— E perché no? – mormorò sotto voce Bannerji.
Come una furia, Van Atta strinse le mani attorno al polso della dottoressa, strappandole la chiave di metallo. – Non riesce a fare niente per il verso giusto, vero? – ringhiò.
Lei piangeva e boccheggiava. Fors, già in tuta, ma senza il casco, cacciò di nuovo dentro la testa. – Che cosa diavolo sta succedendo, qui?