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— Era un tuo paziente?

Fu così che m’intrappolò. Ma ne sono uscito, ora. Di’ alla Lega che sono disposto a confessare tutto. Church è testimonio…

—  Io non sono affatto testimonio — urlò Church. — Hai cantato, eh? Dopo che Ben Reich ti ha promesso…

— Taci. Tu sei stato pazzo abbastanza da fidarti di Reich. Io giocherò lui prima che lui giochi me. Andrò in tribunale e comparirò al banco dei tre testimoni e farò quanto è in mio potere per aiutare Powell.

— Non farai niente del genere — sbottò Powell. — Fai ancora parte della Lega. Da quando in qua un esper rivela i segreti dei suoi pazienti?

— È questa la testimonianza che cercate per rovinare Reich, non è vero?

— È vero, ma non permetterò mai che alcun esper getti l’onta su tutti noi.

— Potresti perdere il posto se non riesci ad agguantare Reich.

— Voglio conservare il mio lavoro e voglio sconfiggere Reich, ma non a questo prezzo.

Lasciò il cerchio di luce e si incamminò nell’oscurità. Mentre apriva la porta, Church lo chiamò improvvisamente: — Un minuto!

Powell si fermò, la figura delineata contro la luce della strada. — Sì?

— Lascia che legga direttamente il tuo pensiero.

— Fa’ pure. — Powell lasciò cadere molti dei suoi schermi mentali. Quello che Church doveva ignorare fu accuratamente confuso e dissimulato.

— Non so — disse infine Church. — Non riesco a decidermi per quel che riguarda te, Reich e la pistola. Dio sa che tu incanti sempre tutti con le tue parole, ma questa volta credo che farei meglio a fidarmi proprio di te.

— Ti ho detto che non posso fare promesse.

— Forse tutti i miei guai derivano dal fatto che cerco sempre promesse invece di…

In quel preciso momento Powell girò rapidamente su se stesso e chiuse la porta. Via dal pavimento! Presto! Balzò sul banco. Salite quassù con me!

La bottega fu investita da un rullìo nauseante e scossa da vibrazioni spaventose. Powell affibbiò un calcio al globo di luce, spegnendola.

Fate un balzo e abbrancatevi ben stretti al lampadario pendente dal soffitto. Si tratta di un’arma ultrasonica. Su! Church ansò e spiccò un salto. Powell afferrò il braccio tremante di T8: Ti aiuterò io.

Spinse T8 verso l’alto e lo seguì aggrappandosi ai lunghi bracci. I tre stettero appesi lassù, nel vuoto, protetti dalle mortali vibrazioni che squassavano la bottega… vibrazioni che traevano un fragore di distruzione da ogni cosa a contatto con il pavimento. Vetro, metalli, pietra, materie plastiche, tutto esplodeva con forza. T8 gemette.

Forza, Gus. È uno dei sicari di Quizzard. Gente poco in gamba. Mi hanno mancato anche prima.

L’idea della distruzione strisciò nel subcosciente del piccolo esper. Powell comprese che questo era il suo momento critico. Le mani di T8 allentarono la presa ed egli cadde sul pavimento. Un istante dopo le vibrazioni cessarono, ma in quel secondo Powell udì l’esplodere di un corpo. Church ritrovò abbastanza forza da lanciare un grido.

Zitto, Jerry! Sta’ fermo!

Ha… hai sentito?

Ho sentito, certo. Non siamo ancora fuori pericolo. Tienti saldo!

La porta del monte di pegni si aprì. Solo uno spiraglio. Una lama di luce filtrò a frugare il pavimento. Individuò una chiazza rossa e grigia, poi scomparve. La porta si chiuse.

Pensano che io sia morto. È già la seconda volta. Ora fatti prendere da un attacco isterico con tutto tuo comodo.

Non ce la faccio a scendere, Powell. Non riesco a muovermi.

Niente di strano. Powell, sorreggendosi con una sola mano, afferrò un braccio di Church e lo tirò giù verso il banco. Church cadde e rabbrividì di raccapriccio. Powell lo seguì, lottando contro l’ondata di nausea che lo assaliva.

Hai detto che era uno dei sicari di Quizzard?

Certo. Ha una squadra di uomini capaci di ogni atrocità. Ora sono alle dipendenze di Ben, però. Ben sta lasciandosi prendere dal panico.

Ben Reich? Ma hanno colpito la mia bottega. Avrei potuto essere qui.

In effetti eri qui. Che differenza fa per lui?

Reich non può volere che mi si faccia fuori così.

Ah, no?

Church trasse un profondo respiro. Poi esplose improvvisamente: — Dannato figlio di un cane!

— Reich si batte per la sua stessa vita. Non puoi pretendere che si preoccupi troppo di quella degli altri.

— Bene, anch’io voglio battermi. Tienti pronto, Powell. Ti rivelerò tutto.

Barbara D’Courtney teneva una matita nera nella mano destra e una rossa nella sinistra. Era intenta a scarabocchiare vigorosamente sulle pareti, la lingua tra i denti e gli occhi scuri quasi strabici per l’estrema concentrazione.

— Piccola! — esclamò Powell. — Che cosa stai facendo?

— Pitture per papà — balbettò lei.

— Grazie, tesoro — disse Powell. — È un bel pensiero. Ora vieni a fare un po’ di compagnia a papà.

— No — disse lei.

— La mia bambina fa sempre quello che dice papà?

Ci pensò sopra un poco. — Fi — disse. Si mise le matite in tasca e sedette sul divano accanto a Powell.

Lentamente lui cominciò a penetrare per gli strati paralizzati della sua coscienza fino alla zona tumultuosa del precosciente invasa da grandi nubi oscure, dietro le quali splendeva quel fioco chiarore, una piccola isola infantile di intelligenza, a cui egli si era andato affezionando. Ma quel debole barlume divampò allora con bruciante intensità.

— Ehi, Mary — chiamò. — Vieni subito.

Mary Noyes sbucò dalla cucina. — Ancora nei guai?

— La nostra paziente sta migliorando rapidamente. È entrata in contatto con il suo id. Laggiù, nel profondo. Mi ha quasi bruciato le cervella.

— Che cosa vuoi da me? Che faccia da chaperon? Vuoi qualcuno che protegga i segreti dei suoi dolci desideri adolescenti?

— Sono io che ho bisogno di protezione. Vieni a tenermi per mano. — Powell gettò un’occhiata incerto al tranquillo viso da bambola che gli stava davanti e alle mani fresche abbandonate nelle sue. Di nuovo discese per gli oscuri passaggi verso il ricettacolo senza età dell’energia psichica, un’energia irragionevole, libera da rimorsi, mossa soltanto dall’inesauribile desiderio della soddisfazione. Sentì che Mary Noyes lo seguiva, cautamente.

Salve, Barbara.

Fu accolto da un’ondata di odio.

Ti ricordi di me?

All’ondata di odio ne segui una di ardente desiderio.

Pres, sarebbe meglio che uscissi subito di laggiù, intervenne Mary Noyes. Se rimani prigioniero in quel groviglio di pena e di piacere, sei finito.

Vorrei individuare qualcosa.

Non troverai altro che amore e morte, allo stato brado, puri istinti non toccati dal pensiero.

Voglio scoprire in che rapporti era con suo padre. Voglio sapere perché lui aveva quel complesso di colpa verso di lei.

Powell colse parte dell’immagine prenatale, la seguì fino all’associazione sensoriale di un bacio, poi al riflesso psichico del neonato che succhia avidamente dal seno… di sua madre? No, di una balia. Negazione. Orfana di madre? Powell sfuggì a una fiamma di risentimento e d’ira infantile, il Complesso dell’Orfano. Ricercò l’associazione di idee con un padre.

Improvvisamente si trovò a faccia a faccia con la sua stessa immagine.

L’immagine sparì. Dannazione! Si è innamorata di me?

Ora c’era il quadro che lei si faceva di se stessa, una patetica caricatura, i biondi capelli a cernecchi, gli occhi scuri simili a macchie, la graziosa figura deformata, ingrassata, goffa. Poi tutto ciò scomparve e di nuovo l’immagine di Powell — Possente — Protettore — Paterno si precipitò verso di lui, impetuosa, distruttrice. La testa era bifronte: dall’altro lato si scorgeva il viso di D’Courtney. Seguì quella immagine di Giano giù per un ardente canale di equivoci, doppioni, associazioni di idee fino a… sì, a Ben Reich e alla caricatura di Barbara unite indissolubilmente come due fratelli siamesi.

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