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Nia osservò: — Davvero, il mondo sta cambiando. Incontro persone che si accoppiano in estate, e adesso compare un sant’uomo, deciso a lasciare il suo luogo sacro e a viaggiare con gente comune. — Poi guardò me e Derek. — Non intendo dire gente comune. Voglio dire, gente che non è santa.

— Bene — disse Derek in inglese. — Viaggia con noi?

— Perché no? — Guardai Nia e parlai nel linguaggio dei doni. — Che cosa pensi di lui?

— Non possiamo lasciarlo da solo sulla pianura. È indifeso come un bambino o una donna anziana. Inoltre è santo. Se lo abbandoniamo, gli spiriti si adireranno. Su questo non c’è alcun dubbio. Deve venire con noi.

Derek annuì e si alzò in piedi. — Torno a fare la guardia. Cerca di dormire un po’, Lixia. Ti sveglierò più tardi.

Mi svegliò dopo mezzanotte e feci il mio turno di guardia. La notte era fresca e silenziosa, a parte il rumore che facevano gli insetti fra la pseudo-erba. Verso l’alba svegliai Nia. Lei si alzò e io tornai a dormire.

L’indomani mattina proseguimmo. Nia e l’oracolo cavalcarono mentre io viaggiai a piedi con Derek. La pista serpeggiava fra le colline. In questa zona c’erano numerose rocce: rupi, affioramenti e massi, tutti neri e scabri. Le valli erano coperte d’erba. Di quando in quando vedevamo un gregge di bipedi: pseudo-dinosauri. Erano alti per lo più un metro e di un vivace azzurro turchese.

— È un bellissimo pianeta — osservò Derek mentre camminava al mio fianco.

— Sì.

— Come fa quel verso di Donne? "O mia America, mia terra nuova!" Naturalmente parlava di una donna. Una nuova amante.

Da’ licenza alle mie mani erranti, e lasciale andare,

Davanti, dietro, in mezzo, sopra, sotto,

Oh mia America! Mia terra nuova,

Mio regno, più sicuro se abitato da un solo uomo.

Mia miniera di pietre preziose, mio impero.

Che fortuna averti scoperta.

— Derek, come fai a essere così colto?

Mi rivolse un’occhiata e sorrise. — Duro lavoro, mia cara. E un’intelligenza superiore.

— Oh. Okay.

Rise. — In ogni modo, mi sento come dev’essersi sentito Colombo. O il prode Cortés, silenzioso sul suo picco di Darien. Quale scoperta! Quale pianeta! — Fece un ampio gesto con la mano, indicando le colline e il cielo verdeazzurro. Uno pseudo-dinosauro lanciò un grido e fuggì.

Nia si voltò a guardare. — Che cosa c’è?

— Niente. A Derek piace questa regione.

— A me no.

— Perché no?

Si fermò e si guardò attorno. — Non me la ricordo. Devo aver preso la direzione sbagliata in qualche punto. Questa non è la pista che volevo seguire.

L’oracolo fece il gesto che significava "non preoccupatevi". — Ci guiderà lo spirito.

— Può darsi.

Nel pomeriggio il cielo si annuvolò e verso sera incominciò a piovere, una pioggerella leggera. Ci accampammo in un boschetto di alberi. Derek uccise uno pseudo-dinosauro. Nia lo pulì. Io e la Voce della Cascata andammo in cerca di legna.

Dopo cena chiamai la nave. Rispose un computer. Aveva una tranquilla e gradevole voce femminile con un leggerissimo accento russo.

— In questo momento non è disponibile nessun umano — disse. — Puoi riferire a me.

Lo feci.

Il computer mi ringraziò e disse che le informazioni sarebbero state trasmesse alle persone adatte. — Sono un programma di livello sei — spiegò. — La mia intelligenza è una costruzione mentale e… dovrei dire o?… un’illusione. Pertanto non sono una persona, in base alla corrente definizione del termine.

— Ti dispiace? — chiesi.

— Questa non è una domanda che abbia senso, almeno se rivolta a me. Io non penso e non ho sentimenti. Faccio quello che mi si dice di fare.

Mi sembrò di avvertire del sarcasmo nella cortese voce uniforme. Ma non era molto probabile. Perché mai qualcuno avrebbe dovuto inserire del sarcasmo in un programma di livello sei?

Spensi la radio, mi coricai e restai ad ascoltare la pioggia che picchiettava sulle foglie sopra di me.

La mattina era uggiosa. Nia disse: — Oggi cavalca tu, Lisa. Voglio scoprire come va la mia caviglia.

— I piedi mi fanno ancora male — disse l’oracolo. — Sono ricoperti di vesciche.

Derek rise. — Non preoccuparti. Puoi prendere l’altro cornacurve.

Incominciò a cadere la pioggia e la foschia nascondeva le distanze. Viaggiammo in mezzo al grigiore, risalendo un lungo pendio. Più o meno intorno a mezzogiorno arrivammo in cima. C’era uno spazio pianeggiante, poi un precipizio. Ci trovavamo sul limitare di una valle. Tirai le redini del mio animale. Il fondo della valle era visibile nonostante la foschia. Il terreno era brullo e di un arancione acceso.

Derek annusò. — Uova marce e zolfo. Penso che si possa presumere dell’attività geotermica. — Parlò in un miscuglio di inglese e linguaggio dei doni. Io riuscii a capire tutto, ma i nostri compagni apparivano perplessi.

Dopo un momento Nia disse: — Non so di che genere di attività stiate parlando. Ma l’aspetto di questa valle non mi piace. E neppure l’odore, se è per questo.

Derek lanciò un’occhiata di lato. — Non preoccuparti. Non andiamo giù. La pista corre lungo il ciglio.

Seguimmo la pista. La pioggia cessò. Le nuvole si alzarono. Ora vedevo chiaramente la valle. Era poco profonda e più o meno circolare. L’intero fondo aveva brillanti colori: arancione, arancione rossiccio e giallo. Qua e là si levavano bianchi pennacchi. Vapore. I pennacchi si muovevano, spinti dal vento. Al centro della valle c’era un lago: scuro e rotondo. Derek continuava a guardarlo.

— C’è qualcosa che non va. Quel lago è singolare.

— Non stento a crederlo — osservò Nia. — Questa terra è singolare. — Usò lo stesso termine utilizzato da Derek. Significava "insolito", "imprevisto", "sbagliato". Dopo una breve pausa proseguì. — Non mi ricordo affatto di questo posto. Sono sicura che siamo sulla pista sbagliata, anche se non so come sia possibile. Ho una buona memoria e un eccellente senso dell’orientamento. Non mi sono mai persa.

Mi girai sulla sella. Nia arrancava accanto a me. Aveva i piedi infangati e la pelliccia bagnata. La tunica le si incollava al corpo. — Che cosa dobbiamo fare?

Nia fece il gesto dell’incertezza.

— Proseguire — disse l’oracolo alle mie spalle. — Lo Spirito della Cascata provvederà a farci arrivare nel posto giusto.

— Che consolazione! — fu il commento di Derek.

Finalmente arrivammo in un punto in cui la parete della valle era bassa. Un pendio conduceva giù verso il fondo giallo e arancione. La sommità del pendio era ricoperta di vegetazione: piccoli arbusti e moltissima pseudo-erba. Più in basso il terreno era brullo. Una linea scura l’attraversava serpeggiando: un’altra pista, più stretta della nostra, meno usata, che si addentrava nella valle.

Derek si fermò. Io tirai le redini del mio animale.

L’oracolo venne a fermarsi accanto a me. — Che cosa c’è? — chiese.

— Penso che dovremmo accamparci.

— Qui? — domandai.

Derek fece il gesto dell’affermazione.

Mi guardai attorno. Su un lato avevo il pendio, sull’altro un affioramento di roccia, nero e massiccio. La pista, quella principale, conduceva oltre la roccia. Non c’era nient’altro. Non c’era legna, a parte i piccoli arbusti, né alcuna traccia di acqua. — Perché? — chiesi.

— Non riusciremo a discendere il pendio prima di notte, e non ho visto nessun luogo che sia migliore di questo.

— Ha ragione lui — disse Nia. — La roccia ha una sporgenza. Dovrebbe ripararci, se pioverà, e c’è foraggio per gli animali. Ammetto che mi piacerebbe un po’ d’acqua fresca. L’acqua nelle nostre ghirbe sta diventando vecchia. Ma quando una persona viaggia senza il proprio villaggio, deve prendere quello che riesce a trovare.

— Ed essere grata di questo — aggiunse l’oracolo.

Nia fece il gesto dell’approvazione.

Smontai di sella. L’oracolo fece lo stesso. Mi stiracchiai e mi allungai il più possibile, poi mi piegai. Riuscivo a stento a toccare il terreno. Lo sfiorai con la punta delle dita e mi raddrizzai, inspirando nello stesso tempo. Altra ginnastica! Questa spedizione non doveva servire da scusa per impigrirmi.

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