Tornata alla tenda, presi in prestito il terminale di Lizzie con la sua biblioteca di cristallo. "Non mi ostacolate" era stato usato per la prima volta sulle bandiere del Sud Coloniale, quando le relazioni con la Gran Bretagna si stavano deteriorando ed era stato successivamente adottato come slogan rivoluzionario in gran parte del New England. "Libertà o Morte" era apparso sulle bandiere della Virginia, seguendo l’esortazione di Patrick Henry di rivoltarsi contro i padroni inglesi. "Speranza" era la leggenda riguardante la bandiera della goletta armata coloniale Lee, la prima bandiera a rappresentare anche tredici stelle. Non riuscii a trovare da nessuna parte riferimenti relativi a "Volontà e Ideale",
Quei maniaci si ritenevano colonizzatori del loro stesso paese, combattendo per ribaltare la classe dirigente di Muli che si stava in gran parte nascondendo passivamente e, forse, una popolazione di Vivi iniettati che era essenzialmente indifesa. A meno che non si ritenesse il canto un’arma.
Il governo esisteva, in parte, per difendere i propri cittadini contro quella sorta di demenziale insurrezione civile. Avevamo ancora un governo? Avevamo ancora un paese?
L’unico rappresentante ufficiale visibile di quel paese, il Carcere Federale di Massima Sicurezza di Oak Mountain, si stagliava silente e buio. Forse era anche vuoto.
Mi incamminai nuovamente verso le mura della prigione. Questa volta arrivai proprio fino a esse, prendendo in prestito una torcia da un accampato gentile che mi chiese timidamente, senza insistenza, di riportargliela quando avessi terminato. Camminai lungo le mura della prigione, ispezionandole.
Qualche graffito, non moltissimi. Pochi Vivi sapevano scrivere. Gli scarsi graffiti presenti non erano stati scritti sulle mura stesse, che ovviamente scintillavano per un debole scudo a energia-Y. Erano stati fatti rotolare dei massi, con estrema fatica, contro lo scudo; il terreno risultava scorticato a causa del loro passaggio. Sulle rocce era dipinto: LIBBERATE MIRANDA, ANCE NOI SIAMO PERSONNE. TIRRATE CIU CUEZTE MURRA…
Si notava un patetico graffio su una pietra, profondo circa un centimetro, dove qualche gruppo aveva cominciato, almeno simbolicamente, a "tirrare ciù cuezte murra".
La porta della prigione, posta davanti al fiume, vuota e impenetrabile. Nove metri in alto gli scudi di sicurezza, difficili a vedersi a meno che non si usasse la vista periferica, si estendevano in avanti di circa un metro, come grondaie. Non riuscii a immaginare il perché.
Le torrette si profilavano ai quattro angoli: non avevano finestre o quanto meno ne avevano, ma dotate di ologrammi che le facevano apparire inesistenti.
Tornai alla tenda, restituendo la torcia durante il tragitto. Annie, Billy, Lizzie e Brad erano già spariti nelle loro, a coppie. Da occidente stavano arrivando dei nuvoloni. Rimasi seduta all’esterno per lungo tempo, avvolta in un impermeabile di plastistoffa, sentendo freddo anche se c’erano oltre trenta gradi. Anche la prigione era lì, massiccia e silente, senza nemmeno una bandiera olografica sventolante. Morta.
— Lizzie ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Una cosa tremendamente importante.
Lei sollevò lo sguardo su di me. L’avevo trovata nel fitto del bosco, dopo ore di paziente domandare a perfetti estranei se non avessero visto una bambina negra con nastrini rosa sulle trecce. Lizzie era seduta su un tronco caduto che la parte posteriore delle sue cosce stava probabilmente mangiando. Aveva pianto. Brad, ovviamente. Lo avrei ucciso. No, non lo avrei fatto. Lei non aveva altro modo per imparare. Claude-Eugene-Rex-Paul-Anthony-Russel-David.
Era un’ottima occasione per me. Avrei potuto sfruttare quelle lacrime.
Dissi: — C’è un messaggio che devo assolutamente fare arrivare a Charleston. Non posso andarci personalmente perché l’ECGS mi sta monitorando a distanza: te l’ho già detto. Se ne accorgerebbero. E non mi posso fidare di nessun altro. Annie non lo farebbe e Billy non lascerebbe Annie.
La piccola continuò a fissarmi, senza cambiare espressione, con gli occhi gonfi e il naso rosso.
— Si tratta di Miranda Sharifi — dissi. — Lizzie, è incredibilmente importante. Ho bisogno che tu arrivi a Charleston e io codificherò a tempo ciò che dovrai fare dopo che sarai arrivata. In effetti l’ho già fatto. So che sembra misterioso, ma è essenziale. — Puntai tutto quello che avevo — che un tempo avevo avuto — in quella ultima frase. L’autorità da Mulo. Il tono di comando da adulta. La sicurezza che quella ragazzina mi volesse bene.
Lizzie continuò a fissarmi con espressione vacua.
Le consegnai il terminale. — Cammina lungo il binario della ferrovia a gravità finché non si biforca ad Ash Falls. Poi…
— Non c’è nessun messaggio su Miranda Sharifi — disse Lizzie.
— Ti ho appena detto che c’era. — Autorità da Mulo. Comando da adulto.
— No. Non c’è niente che nessuno possa fare per Miranda. Vuoi soltanto che me ne vado via di qui perché hai paura che quei clandestini attaccheranno questa notte.
— No. Non è quello. Perché mai pensi… — "tu, che mi devi così tanto", diceva il mio tono di voce — …che io non abbia risorse che tu non capisci? Se dico che c’è un messaggio cruciale su Miranda, allora c’è un messaggio cruciale su Miranda.
Lizzie mi fissò con espressione vacua, priva di speranza.
— Lizzie…
— Mi ha lasciato. Brad. Per Maura Casey!
È sbagliato ridere per gli amori infantili. Tanto per cominciare non è molto diverso da quello che fa la maggior parte degli adulti. Mi sedetti sul tronco accanto a lei.
— Lui dice… che sono troppo sveglia per essere un bene.
— I Vivi lo hanno sempre detto — replicai io gentilmente. — Brad non ha semplicemente ancora capito come stanno le cose.
— Ma io sono più sveglia di lui, io. — Si esprìmeva proprio come la bambina che ancora era. — Molto più sveglia. Lui è così stupido su tante cose!
— La maggior parte delle persone ti appariranno stupide, Lizzie. A cominciare da tua madre. È semplicemente il modo in cui sei fatta, e il modo in cui sarà ora il mondo. Per te.
Si soffiò il naso in una foglia. — Lo odio, io! Voglio che la gente mi capisce, io!
— Be’, meglio abituarsi alla cosa.
— Lui dice, lui, che cerco di controllarlo! Non lo faccio, io!
"Chi dovrebbe controllare la tecnologia?" mi disse la voce di Paul, steso a letto, compiaciuto di istruire la persona che aveva appena scopato. Compiaciuto di essere sopra. Lizzie probabilmente cercava davvero di controllare Brad. "Chiunque può" aveva detto Billy.
— Lizzie… a Charleston…
Lei balzò in piedi. — Ho detto che non ci vado, io, e non ci vado! Spero che c’è un attacco questa notte! Spero di morire! — Corse via, tuffandosi nel bosco, piangendo.
Mi lanciai dietro Lizzie a capofitto. A dieci metri, cominciai a guadagnare terreno. Lei era veloce, ma io avevo più muscoli e le gambe più lunghe. Era a un metro dalla mia mano. Mancavano ancora sei ore all’imbrunire. Avrei potuto legarla, trascinarla via fisicamente da Oak Mountain, dal pericolo, per quanta strada avrei potuto percorrere in sei ore. Se avessi dovuto, l’avrei messa KO e l’avrei portata in braccio.
Le mie dita le sfiorarono la schiena. Lei accelerò in avanti e saltò oltre un cespuglio. Anche io saltai e la caviglia mi si distorse nell’atterraggio.
Il dolore mi trafisse la gamba. Gridai. Lizzie non fece una piega. Forse pensò che stessi fingendo. Cercai di chiamarla ma un’improvvisa ondata di nausea, shock biologico, mi assalì. Voltai la testa appena in tempo per vomitare. Lizzie continuò a scappare e scomparve fra gli alberi. La udii anche quando non fui più in grado di vederla. Quindi non riuscii nemmeno più a sentirla.
Mi sedetti lentamente. Mi pulsava la caviglia, già gonfia. Non ero in grado di stabilire se fosse una distorsione o addirittura una frattura. Se lo fosse stato, il nano-meccanismo di Miranda l’avrebbe aggiustata. Non istantaneamente, però.