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Non mi ha degnato di attenzione. Potevo anche non essere lì. — Miranda Sharifi! Mi senti brutta stronza? Nel nome di una umanità comune, ma che diavolo sto facendo?

Sembrava abbacinata, come se non dovesse muoversi mai più. A quel punto ha cominciato a piangere.

La dottoressa Turner. Ha cominciato a piangere.

Io non sapevo che cosa fare. Una cosa è quando piange Annie: Annie è una donna normale. Ma un Mulo che piange, singhiozzando e disperandosi come se era l’ultima ruota del carro invece della più importante, non sapevo cosa fare. E anche se lo sapevo non lo potevo fare. L’animale mi stava rodendo il petto troppo forte e nemmeno per Lizzie avrei potuto sollevarmi da terra.

— Ti prego… — sussurrò la dottoressa Turner.

E la porta nella montagna si è aperta. No, non si è aperta, non era così che funzionava. C’è stato una specie di bagliore duro, come uno scudo, e poi la terra è come svanita, fango e foglie di quercia secche, rocce coperte di muschio e tutto il resto e c’era un solido quadrato in plastichiara ai nostri piedi, solo che non era plastichiara, di circa un metro per uno. Poi è sparito pure quello e c’era una scala.

La dottoressa Turner è stata la prima a scendere, lei e ha sollevato le braccia per prendere Lizzie. Annie gliel’ha passata. Poi Annie si è infilata per le scale. Io sono andato per ultimo, io, perché anche se il petto mi faceva un gran male e la vista era annebbiata, volevo vedere che cosa succedeva dopo che eravamo scesi nel quadrato. Poteva essere l’ultima cosa che vedevo, io, e volevo vederla.

È successo che è ritornato lo scintillio e la plastichiara-che-non-era-plastichiara si è richiusa sopra la mia testa. Ho sollevato una mano per toccarla. Era dura come il diamante. Faceva il solletico. Dall’altra parte hanno cominciato a ricrescere terra e rocce e il terriccio non era allentato ma ben compatto, unito a tutto il resto della terra. Mi sono accorto che, nel giro di pochi minuti, non ci sarebbe stato alcun segno che era successo qualcosa, eccetto forse le nostre impronte nel fango. Ma non avrei giurato sulla presenza delle impronte.

Eravamo in una piccola stanza bianca e luminosa, con niente dentro. Le pareti erano perfette, non una tacca, un graffio o niente. Non avevo mai visto pareti come quelle. Siamo rimasti lì a lungo, mi è sembrato, anche se forse non è stato così. Ho serrato le braccia attorno al petto per impedire al dolore di rodermelo via. La dottoressa Turner si è rivolta verso di me e la sua faccia è cambiata: — Billy… — Poi si è aperta una porta dove non c’era stata nessuna porta ed eccola lì, la mia ragazza del bosco con la testa grossa e i capelli scuri, senza sorriso, ho avuto appena il tempo di vederla prima che l’animale che avevo nel petto indietreggiava e poi mi infilzava i denti nel cuore e tutto è scomparso.

15

Diana Covington — East Oleanta

Avevo completamente perso il contegno, la razionalità e il buon senso, quindi la porta dell’Eden si aprì.

La cosa mi preoccupò. Stavo ferma lì con una bambina morente in braccio e un vecchio che ero, contro ogni previsione, arrivata ad amare, sulla soglia del santuario tecnologico che il mio intero governo aveva ricercato per Dio solo sa quanto tempo, di fronte alla donna più potente di tutto il mondo, ed ero preoccupata del fatto che fosse stato il mio irrazionale gridare da vera nobildonna che aveva provocato lo spalancarsi dei portali dell’Eden. Solo che, ovviamente, non era stato quello. "Sapevo" che non era stato quello. Non ero lontana così tante deviazioni standard sulla curva dell’irrazionalità.

Da vicino, Miranda Sharifi appariva ancora più insignificante che a Washington. Testa grossa, leggermente deforme, ciuffi selvatici di capelli neri, corpo troppo corto e troppo pesante per essere da Mulo e tuttavia chiaramente non da Vivo. Indossava pantaloni e camicetta bianchi, dall’aspetto indefinito, ma non una tuta e aveva il volto pallido. L’unica chiazza di colore era data dal fiocco rosso che aveva fra i capelli. Ricordavo ciò che avevo pensato sulla gradinata del Tribunale Scientifico, che era troppo vecchia per i fiocchi nei capelli e provai una vaga vergogna. Era difficile mantenere la mente fissa sugli argomenti seri. Ne avevo troppi. O forse era soltanto la natura della mia mente.

Non riuscivo a pensare a nulla da dire. Restai in piedi fissando il fiocco rosso.

Lei era tutto ciò che io non ero.

Annie cadde in ginocchio. L’orlo del suo parka infangato si afflosciò con scarsa grazia sul pavimento sfavillante e il suo sguardo si sollevò come se stesse fissando un angelo. Forse era ciò che pensava fosse Miranda.

— Signora, lei ci deve aiutare, lei. La mia Lizzie sta morendo, lei, per qualche malattia, Billy dice che sta morendo, la dottoressa Turner dice che non è una cosa naturale, questa malattia, è modificata geneticamente e Billy, lui è stato così buono con noi, lui, e non ne ha cavato fuori praticamente niente, ma Lizzie, la mia piccina… — Cominciò a piangere.

Alle parole "dottoressa Turner" lo sguardo di Miranda si spostò su di me per un momento, quindi tornò su Annie. Fu come avere un laser che ti passa sopra. Avvertii improvvisamente che lei sapeva tutto quello che c’era da sapere su di me: i miei pseudonimi, la mia apparentemente segreta e pateticamente marginale affiliazione all’ECGS, l’intera storia delle mie residenze, pseudo-lavori, pseudo-amori. Mi sentii nuda fino al livello cellulare. Mi dissi di smetterla immediatamente. Lei non era una medium: era un essere umano, una donna con una terrificante tecnologia alle spalle, un cervello superpotenziato e pensieri che io non avrei mai avuto e non avrei nemmeno compreso se qualcuno me li avesse spiegati.

Ecco come dovevano sentirsi i Vivi nei confronti dei Muli come me.

Annie disse, attraverso le lacrime, ancora inginocchiata: — Per favore. — Quella semplice parola. In quel luogo aveva una sorprendente dignità.

Nella parete alle spalle di Miranda apparve una porta, una porta che un attimo prima non era esistita nemmeno come profilo, e un uomo vi sporse la testa. — Miri, sono in arrivo…

— Vai, Jon — rispose lei. Erano le prime parole che avesse pronunciato. Jon aveva la stessa testa deforme di Miranda ma aveva dei bei lineamenti, una combinazione bizzarra e sconcertante, come una manticora con la faccia di un collie domestico. La bocca di lui si irrigidì.

— Miri, "non puoi"…

— È già tutto sistemato! — replicò seccamente lei e per la prima volta mi accorsi che era sottoposta a una tremenda tensione. Si rivolse quindi a lui e disse poche parole che non riuscii a cogliere, tanto velocemente le pronunciò. A dispetto della velocità, le parole davano la strana sensazione di essere separate, ognuna una prudente comunicazione piuttosto che parte di un flusso grammaticale: stavo soltanto tentando di immaginare. Miranda portava un singolo anello, una sottile fascetta d’oro incastonata di rubini, sull’anulare della mano sinistra.

Jon si ritirò e la "porta" scomparve. Non c’era segno che fosse mai esistita.

Miranda appoggiò una mano sulla spalla di Annie. La mano tremava. — Non piangere. Posso aiutare entrambi. Di certo tua figlia.

Fu tuttavia accanto a Billy che si inginocchiò per prima. Tenne una scatoletta sul suo cuore e ne esaminò lo schermo in miniatura; gli appoggiò la scatoletta contro il collo e studiò nuovamente lo schermo; gli applicò un cerotto medico sul collo. Stando a guardare, mi sentii oscuramente rassicurata. Era una cosa nota. Stava curando Billy per l’attacco di cuore, se di questo si trattava.

Egli cominciò a respirare con maggiore facilità e gemette.

Miranda si rivolse a Lizzie. Estrasse dalla tasca una lunga e sottile siringa nera, opaca. Pochissimi medicinali venivano somministrati tramite iniezione invece che con i cerotti. Qualcosa mi si rigirò nel petto.

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