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Quando ebbi terminato, mi stesi nuovamente sui cuscini, curiosamente esausta. Hewitt e Koehler avevano espressioni identiche e non riuscivo a decifrare nessuna delle due. Ci fu un lungo silenzio, inutilmente pregno, per quello che mi riguardava.

Dissi: — E allora? Quando verrò rimandata a giudizio?

— Non è necessario — rispose Koehler. Il suo volto era ancora imperscrutabile. — È libera di andarsene.

Il mio improvviso sfinimento sparì altrettanto improvvisamente. Non era così che funzionava il sistema.

— Sono in stato di arresto per avere ostacolato la giustizia, cospirato a sovvertire…

— Le imputazioni sono state lasciate cadere — disse Hewitt.

Parlai lentamente: — Fatemi vedere un olo-notiziario.

Koehler ripeté la frase di Hewitt, con voce atona: — È libera di andare.

Portai le gambe oltre il margine del letto. Il camicione da ospedale mi avvolgeva come una tenda, informe. Nei grandi momenti le cose piccole erano importanti: il modo del mondo per mantenerci insignificanti. Chiesi bruscamente: — Dove sono i miei vestiti? — Come se avessi veramente voluto la dozzinale tuta e il parka pieni di fango che avevo indossato quando ero arrivata in ospedale.

Ovviamente ci sarebbero stati monitor corporei. Cimici sub-epidermiche, indicatori radioattivi del sangue, chissà cos’altro. Non li avrei mai trovati.

Un robot mi portò gli abiti. Li infilai, senza badare al fatto che gli uomini stessero a guardare. Le solite regole non si applicavano.

— Lizzie? Billy?

— Sono usciti due giorni fa. La bambina è guarita.

— Dove sono andati?

Koehler disse: — Non possediamo questa informazione. — Stava mentendo. Le sue informazioni mi erano interdette. Io ero fuori dalla rete governativa.

Uscii dalla stanza, aspettandomi di essere bloccata nel corridoio, all’ascensore, nell’atrio. Uscii anche dalla porta principale. Non c’era in giro assolutamente nessuno, nessuno che si stesse affrettando a entrare per far visita a un fratello, una moglie o un partner commerciale. Un robot si stava occupando dell’erba primaverile, che, ai miei occhi abituati a East Oleanta, appariva aggressivamente modificata geneticamente riguardo al verde. L’aria era dolce e calda. La luce primaverile batteva sopra di essa producendo lunghe ombre da tardo pomeriggio. Un albero di ciliegio era carico di fragranti fiorellini rosa. Il parka che avevo addosso era decisamente troppo pesante: lo tolsi e lo lasciai cadere sul marciapiede.

Camminai lungo tutto il lato dell’edificio, chiedendomi che cosa avrei fatto adesso. Ero realmente curiosa, in un modo così distaccato che mi avrebbe dovuto allertare rispetto a quanto tranquillamente e stupidamente folle fossi in quel momento. La realtà poteva soltanto interessarmi, non sorprendermi. Perfino l’interesse era precario. Il passo successivo sarebbe stata la catatonia.

Raggiunsi l’angolo dell’edificio e svoltai. C’era una navetta, compatta, verde come l’erba bio-tecnologica. La portiera era aperta. Entrai.

Il bus disse: — CARTA DI CREDITO, PER FAVORE.

Armeggiai con le mani nelle tasche della tuta. Doveva esserci una carta di credito da qualche parte: non un gettone-pasto da Vivo, ma una carta di credito da Mulo. La inserii nella fessura. La navetta disse: — GRAZIE.

— Che nome c’è su quella carta?

— AVETE SUPERATO LA CAPACITA DI LINGUAGGIO DI QUESTA UNITÀ. DESTINAZIONE. PREGO? CIVIC PLAZA. HOTEL SHEHERAZADE. HOTEL IOTO. STAZIONE CENTRALE FERROVIA A GRAVITÀ O PIAZZA EXCELSIOR?

— Stazione Centrale ferrovia a gravità.

Le portiere della navetta si chiusero.

C’rano molte persone in stazione, Vivi vestiti con brillanti tute e pochi Muli del governo; eravamo ad Albany, la capitale dello stato. Tutti sembravano avere una gran fretta. Entrai nel Caffè della Stazione Centrale Governatore John Thomas Lividini. Creano tre uomini ammassati a un tavolinetto d’angolo che parlavano animatamente. La catena del cibo si era fermata. L’olo-canale mostrava una gara di scooter e nessuno degli uomini sollevò lo sguardo quando cambiai per sintonizzarmi su un canale-notiziario dei Muli.

— "…continua a diffondersi negli stati del centro occidentali e meridionali. Visto che il virus biotecnologico può essere trasmesso da moltissime specie di animali e uccelli, il Centro per il Controllo Malattie raccomanda di evitare qualsiasi contatto con la fauna selvatica. Essendo la pestilenza anche estremamente contagiosa fra gli umani…"

Cambiai canale.

— "…severissimo embargo su ogni commercio di tipo fisico, viaggiatori, posta o qualsiasi oggetto diretto in Francia dall’America del Nord. Come con le altre nazioni, la paura della Francia di una contaminazione ha condotto a un’isteria che…"

Cambiai canale.

— "…apparentemente terminato. Gli scienziati del Massachusetts Institute of Technology hanno diramato un comunicato secondo cui i nano-meccanismi a orologeria del disgregatore di duragem non hanno ancora terminato il corso programmato, ma sono piuttosto svaniti nel tempo a causa della erronea interpretazione della complessa struttura della loro costruzione. Il Presidente del Dipartimento di Ingegneria Myron Aaron White ha parlato con noi nel suo ufficio di…"

Cambiai canale.

— "…carenza cronica di cibo. Ci si aspetta, tuttavia, che la situazione migliori ora che la crisi del disgregatore di duragem è rallentata, a causa, apparentemente, di…"

Restai a guardare per un’ora. La carestia stava diminuendo; la carestia stava aumentando. La piaga biotecnologica si stava diffondendo; la piaga biotecnologica era sotto controllo. Il resto del mondo era stato infettato da beni e viaggiatori americani; il resto del mondo mostrava soltanto segni di scarsa importanza sia di contaminazione del duragem sia della "peste da animali selvatici".

Nemmeno una volta, venne tuttavia nominata un’organizzazione clandestina di sabotatori nano-tecnologici. Nemmeno una volta venne menzionata l’organizzazione palese di Huevos Verdes. I Super-Insonni sarebbero anche potuti non esistere. Non Miranda Sharifi.

Mi avvicinai al tavolinetto degli uomini nell’angolo. Sollevarono lo sguardo senza sorridere. Indossavo una tuta color porpora e avevo gli occhi modificati geneticamente. Non allungai nemmeno la mano per controllare se avessi o no lo scudo personale sulla cintura. Doveva esserci. Koehler mi voleva viva: ero un preziosissimo laboratorio ambulante.

— Voi uomini sapete, voi, dov’è che posso trovare l’Eden?

Due volti restarono ostili. Sul terzo, il più giovane, gli occhi scintillarono e la bocca si raddolcì agli angoli. Parlai con lui.

— Io sto male, io. Penso di averla presa.

— Harry, è modificata geneticamente, lei — disse l’uomo più anziano. Nulla nel suo tono di voce mostrava timore di contagio.

— È malata — ribatté Harry. Aveva una voce più vecchia rispetto al volto.

— Non sapete dove…

— Vai alla macchinetta della droga al binario dodici, tu. C’è lì una donna con una collana che sembra di stelle. Ti porterà a un Eden, lei.

"Un" Eden. Uno dei molti. Preparati in anticipo da Huevos Verdes: tecnologia, distribuzione, diffusione di informazioni, tutto quanto. La forza di sicurezza dei Vivi, se così la si poteva chiamare, consisteva in tutto nel pacato scoraggiamento degli amici di Harry, il che significava che il governo non stava interferendo. Mi vennero le vertigini.

Durante il lungo tragitto fino al binario dodici, vidi solamente quattordici persone. Due di esse erano tecnici Muli. Non vidi alcun treno lasciare la stazione. Un robot-pulitore era bloccato, immobile, nel punto in cui si era guastato, ma non c’erano lattine di bibita, panini mezzo mangiati, torsoli di mele modificate geneticamente, carte di caramelle di soia sintetica sul pavimento. Senza tutte queste cose la stazione sembrava di Muli, non di Vivi.

Una donna di mezza età stava seduta pazientemente per terra presso la macchinetta distributrice di droga. Indossava una tuta blu e una collana di lattina, ogni tondino di metallo tenero piegato e ribattuto fino a formare una rozza stella. Mi piantai davanti a lei. — Sono malata.

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