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— Non lo so. lo ho fame.

Annie doveva avere preso il gettone-pasto di Lizzie. Potevo ottenere cibo a sufficienza con il mio. Non mangio più tanto, io e quella mattina mi sentivo di potere vivere d’aria.

Non c’era nessuno al caffè, eccetto la dottoressa Turner. Stava seduta a mangiare la colazione e a guardare un canale da Muli sulla Olo-visione. Sembrava stanca.

— In piedi presto — le ho detto. Mi sono preso una tazza di caffè e una ciambella e per Lizzie uova, succo di frutta, latte e un’altra ciambellina. Io o Annie avremmo riscaldato le uova sull’unità a energia-Y. Mi sono seduto vicino alla dottoressa Turner, solo per essere socievole per qualche minuto. O forse per pensare a cosa dire ad Annie. La dottoressa Turner ha guardato le uova come se erano una marmotta morta da tre giorni.

— Riuscite davvero a mangiarle, Billy?

— Le uova?

— "Uova". Soia sintetica modellata e colorata, come tutto il resto. Non hai mai assaggiato un vero uovo naturale?

E la cosa strana è stata che proprio nel momento che lei lo ha detto, mi sono ricordato che sapore avevano le uova vere. Fresche di gallina, cotte dalla nonna per due minuti e servite con fette di pane tostato caldo e vero burro. Si inzuppava il pane nell’uovo e il rosso lo ricopriva e poi si mangiava tutto quanto caldissimo. Tutti quegli anni e in un minuto me lo sono ricordato, io, e mai prima di allora. Mi si è riempita la bocca di acquolina dolciastra.

— Guarda lì — ha detto la dottoressa Turner e ho pensato che si riferiva ancora all’uovo ma non era così, guardava verso l’OLO-TV. Un Mulo di bell’aspetto stava seduta davanti a una grossa scrivania di legno, parlando, come fanno sempre. Non capivo le parole:

"…anche se c’è una possibilità di un disgregatore autoreplicante sfuggito… non verificata… duragem… il governo dovrebbe sottoporci il fatto…"

Ho detto: — Mi sembra sempre la solita vecchia roba.

La dottoressa Turner ha fatto un rumore, lei, in fondo alla gola, un rumore così strano e inaspettato che io ho smesso di mangiare, bloccando la forchetta in sintoplastica a mezza via dalla bocca. Devo avere avuto l’aspetto di un perfetto imbecille. Lei ha ripetuto nuovamente quel rumore e poi si è messa a ridere e poi si è coperta la faccia con una mano e poi si è messa a ridere ancora una volta. Non avevo mai visto un Mulo comportarsi in quel modo prima di allora, mai.

— No, Billy, non è la solita vecchia roba. Decisamente no. Potrebbe però molto facilmente diventare la solita nuova roba, nel qual caso ci dovremmo preoccupare tutti.

— Di che? — Ho cominciato a mangiare più velocemente, io, per portare a Lizzie il cibo ancora caldo. Lizzie aveva fame. Un buon segno.

— Che diavolo è questa merdaccia? — ha chiesto un delinquentello nello stesso istante che è entrato dalla porta del caffè. — Chi ha acceso questo schifo da Muli? — Ha visto la dottoressa Turner, e ha guardato da un’altra parte. Avrei potuto giurare che non voleva averci niente a che fare con lei, il che era parecchio strano: i delinquenti non si tirano mai indietro quando devono dar fastidio a qualcuno, loro. Ho smesso di mangiare, per la seconda volta, e me ne sono restato a occhi sbarrati. Il delinquentello ha detto a voce alta: — Canale 17 — e l’olovisore ha voltato su un qualche canale sportivo, ma il ragazzotto ha continuato a non guardare la dottoressa Turner. Ha preso il cibo dal nastro trasportatore, lui, e si è andato a sedere a un lontano tavolinetto in un angolo.

La dottoressa Turner ha sorriso debolmente: — Ho litigato con lui due sere fa. Si stava facendo un po’ troppo egoista. Non vuole che succeda di nuovo.

— Le ha fatto male, a lei?

— Non come pensi. Forza, andiamo a vedere come sta Lizzie questa mattina.

— Sta abbastanza bene, lei — ho detto, ma la dottoressa Turner si stava già alzando in piedi ed era chiaro che se ne veniva con me. Non riuscivo a pensare a un motivo perché non lo doveva fare, eccetto che io ancora non sapevo quali parole dovevo dire ad Annie rispetto a quello che era successo la notte prima. Mi stava crescendo dentro un piccolo groppo gelido che magari Annie pensava che io non mi dovevo più fare vedere in giro. Per non essere in imbarazzo, lei, io, o tutti e due. Se succedeva una cosa simile non avrei avuto più motivo per andare avanti a trascinare attorno questo vecchio corpo con questa vecchia testa da pazzo.

Lizzie era seduta sul divano e giocava con una bambola. — La mamma è andata a prendere dell’acqua per lavarmi — ha detto. — Ha detto che io ancora non posso andare ai bagni, io. Che cosa mi hai portato da mangiare, Billy?

— Uova, una ciambellina e succo di frutta. Non esagerare, tu.

— Chi è lei? — Gli occhi neri erano di nuovo scintillanti ma il viso di Lizzie appariva magro e tirato. Mi sono spaventato un’altra volta.

— Io sono la dottoressa Turner. Ma mi puoi chiamare Vicki. La notte scorsa ti ho dato una medicina.

Lizzie ha studiato la situazione. Riuscivo a vedere quella piccola e svelta mente lavorare. — Vieni da Albany, tu?

— No, da San Francisco.

— Sull’Oceano Pacifico?

La dottoressa Turner è sembrata sorpresa, lei. — Sì. Come fai a sapere dove è?

— Lizzie va molto a scuola — ho detto io in fretta in caso che Annie entrava e mi sentiva — ma sua madre ci si arrabbia.

— Io ho lavorato su tutto il software della scuola media. Non è stato difficile.

— Probabilmente no — ha detto seccamente la dottoressa Turner. — E adesso? Software delle superiori? Con l’indicazione di dove sta l’Oceano Indiano?

Ho detto: — Sua mamma non…

— Non c’è software delle superiori a East Oleanta — ha detto Lizzie — ma io lo so già dove sta l’Oceano Indiano.

— Sua mamma non vuole davvero…

— Mi puoi procurare il software delle superiori? — ha detto Lizzie, con voce bassa ma per niente spaventata, proprio come se era una cosa da tutti i giorni chiedere a un Mulo di fare un lavoro che non è tenuto a fare per noi. O qualsiasi altra cosa. Ultimamente non ero più sicuro io di sapere chi stava studiando e lavorando per chi.

— Forse — ha detto la dottoressa Turner. La sua voce era cambiata e stava fissando molto attentamente Lizzie. — Come ti senti questa mattina?

— Meglio. — Io mi sono accorto però che Lizzie si stava stancando.

Le ho detto: — Adesso mangi e poi ti metti di nuovo giù. Sei stata molto ammalata, tu. Se quella medicina… — La porta si è aperta alle mie spalle ed è entrata Annie.

Io non riuscivo a vederla, però la potevo avvertire. Era calda, morbida e grossa fra le mie braccia. Solo che non sarebbe mai più successo. La dottoressa Turner stava guardando lei, con quello sguardo tagliente da Mulo. Ho stabilizzato la faccia e mi sono voltato. — Buon giorno, Annie. Lascia che ti aiuto con quei secchi.

Annie mi ha guardato, poi ha guardato Lizzie e poi la dottoressa Turner. Mi sono accorto che non sapeva con chi irrigidirsi per primo. Ha scelto Lizzie. — Mangia quella roba e poi mettiti giù, Lizzie. Sei stata malata.

— Adesso sto meglio — ha detto Lizzie imbronciata,

— Adesso sta meglio, lei — ha detto Annie alla dottoressa Turner. — Se ne può andare. — Non era da Annie essere così scortese. Lei era quella che credeva che anche i Muli avevano dei diritti.

— Non ancora — ha detto la dottoressa Turner. — Prima devo parlare con Lizzie.

— Questa è casa mia! — ha esclamato Annie a labbra serrate.

Io volevo dire alla dottoressa Turner: "Non è arrabbiata con lei, è confusa per me", ma non c’era modo di dire una cosa simile a un dottore Mulo, vestito con una tuta gialla strappata in un salottino che non è nemmeno tuo e dal quale hai paura di stare per essere cacciato fuori anche tu per avere amato nella maniera sbagliata. Non c’era modo.

Lizzie ha detto: — Ti prego lascia restare Vicki, mamma. Ti prego. Mi sento meglio quando lei è qui.

Annie ha appoggiato a terra i due secchi d’acqua che stava portando. È sembrata pronta a esplodere, lei. Ma poi la dottoressa Turner ha detto: — Ho bisogno di esaminarla, Annie. Per essere sicura che la medicina sia quella giusta. Sai che se l’unità medica funzionasse la verrebbe a visitare ogni giorno cambiando a volte il dosaggio. Un dottore vivente non è diverso.

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