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— Voleva il sesso, lui, che gli avrebbe fatto squagliare le ossa per la soddisfazione. Voleva l’amore.

Miri si trovava probabilmente già nella struttura clandestina di East Oleanta e io ero stato troppo codardo da ammettere che ne ero contento. Be’, lo avrei ammesso in quel momento. Era più al sicuro lì che a Huevos Verdes e io non avrei necessariamente dovuto vederla. Eden. Gli impulsi subliminali accuratamente programmati nelle OLO-TV dei caffè nelle Montagne Adirondack dello Stato di New York lo chiamavano "Eden". Non che i Vivi sapessero che cosa significasse questo nuovo Eden. In realtà non lo sapevo esattamente nemmeno io. Sapevo che cosa il progetto avrebbe dovuto fare, ma non che cosa significasse profondamente. Ero stato troppo codardo da ammettere le domande o di ammettere che anche la sicurezza di sé dei Super-Insonni poteva non avere come risultato automatico la giustizia.

Una pallida e mortale erba ondeggiava nella mia mente.

— Oooohhh — sospirò un uomo da un punto abbastanza vicino da permettermi di sentirlo al di sopra della musica profonda.

— Voleva eccitazione, lui.

Un uomo nella sesta o settima fila non mi stava guardando. Fissava i volti rapiti di tutti gli altri. Inizialmente restò sconcertato, quindi si mostrò a disagio. Un elemento naturalmente immune all’ipnosi. Ce n’erano sempre alcuni. Huevos Verdes aveva isolato la sostanza chimica cerebrale necessaria per una reazione al sogno lucido, solo che non si trattava di un’unica sostanza, ma di una combinazione di quello che Sara Cerelli chiamava "condizioni pre-requisito necessarie", alcune delle quali dipendevano da enzimi innescati da altre condizioni. Effettivamente non avevo capito. Ma non ne avevo alcun bisogno. Io ero il Sognatore Lucido.

L’uomo immune continuò ad agitarsi. Si mise quindi tranquillo per stare comunque a sentire. In seguito, lo sapevo perfettamente, non avrebbe detto un gran che ai suoi amici. Era troppo sgradevole essere lasciati fuori.

Sapevo tutto al proposito. I miei concerti contavano su quello.

— Voleva che ogni giorno fosse pieno di sfide che soltanto lui sapeva affrontare.

Miri mi amava in un modo in cui io non avrei mai potuto ricambiarla. Quell’amore bruciava profondamente come la sua intelligenza. Era l’amore, non l’intelligenza che non mi aveva mai fatto chiedere direttamente a lei: — Sei sicura che dobbiamo andare avanti col progetto? Che prova abbiamo che sia questa la cosa giusta da fare? — Ovviamente lei mi avrebbe risposto che era impossibile avere una prova e la sua spiegazione del perché avrebbe contenuto equazioni, precedenti e condizioni che io non avrei capito comunque.

Non era tuttavia quella la vera ragione per cui non le avevo mai sottoposto i miei dubbi. Il vero motivo era che lei mi amava in un modo in cui io non avrei mai potuto amarla e io avevo voluto il Rifugio da quando avevo sei anni e avevo scoperto che mio nonno era morto durante la sua costruzione, un povero lavoratore prima che dei Vivi si occupasse un governo affamato di voti. Ecco perché avevo consegnato la mia mente, così più debole di quella di lei, a Huevos Verdes.

Adesso però c’era la pallida erba che cresceva sulla grata nella mia mente, inghiottendo il mondo.

— Voleva…

Voleva appartenere di nuovo a se stesso.

Le forme scivolavano attorno alla mia carrozzella: gli stimoli subliminali balenavano dentro e fuori la coscienza del mio pubblico. I volti avevano abbassato completamente la guardia, dimentichi gli uni degli altri e perfino di me. Questo era il migliore concerto del Guerriero che avessi dato fino a quel momento. Lo sentivo.

Alla fine, quasi un’ora dopo, sollevai le mani. Avvertii il solito sfogo di sacro affetto per tutti loro. "Come un papa o un lama?" aveva chiesto una volta Miri, ma non era così. "Come un fratello" avevo risposto io e avevo visto farsi strada, nei suoi occhi scuri, il dolore. Suo fratello era stato ucciso al Rifugio. Avevo saputo che la mia risposta l’avrebbe ferita. Anche quella era una forma di potere e adesso ne provavo vergogna.

Era tuttavia anche la verità. In un momento, quando il concerto fosse terminato, quei Vivi sarebbero tornati a essere le stesse persone piagnucolanti, lamentose, inette e ignoranti di prima. Nel breve istante appena prima della fine del concerto, però, provavo una fratellanza che non aveva nulla a che fare con l’uguaglianza.

E non sarebbero tornati a essere esattamente quello che erano stati. Non completamente. I programmi informatici di Huevos Verdes lo avevano verificato.

— …indietro al suo regno.

La musica terminò. Le forme si fermarono. Le luci si accesero. Lentamente, i volti attorno a me si dissolsero in se stessi, prima strizzando gli occhi sbarrati, quindi ridendo, piangendo e abbracciandosi. Iniziò l’applauso.

Cercai l’uomo con l’amplificatore vocale. Non si trovava più nello stesso posto fra la folla. Non dovetti aspettare tuttavia a lungo per ritrovarlo.

— Andiamo dove è deragliato il treno, è solo a settecento metri di distanza. Lì c’è ancora più gente ferita che unità mediche, l’ho visto io! E non hanno abbastanza coperte! Possiamo aiutare a portare qui i feriti… Noi!

Noi. Noi. Noi.

Ci fu confusione nella folla. Tuttavia un numero sorprendente di Vivi seguì il nuovo capo, smaniosi di fare qualcosa. Di essere eroi, che è il vero impulso nascosto della mente umana. Alcuni cominciarono a organizzare un angolo-ospedale. Altri se ne andarono ma, da dietro lo scudo ora reso opaco che mi permetteva di guardarli senza essere visto, notai che perfino i Vivi in partenza donavano giacche, camicie e coperte a favore dei feriti. La Congressista Sallie Edith Gardiner arrivò di fretta lungo la passerella per venirmi incontro.

— Be’, signor Arlen, è stato semplicemente meraviglioso…

— Lei non lo ha visto.

Non mi stava ascoltando. Fissava l’attività nella KingDome. — Che cos’è adesso "questo"?

Dissi: — Si stanno preparando ad aiutare i sopravvissuti del deragliamento.

— Loro? Aiutare come?

Non risposi. Mi sentii improvvisamente stanchissimo. Avevo dormito solamente poche ore e avevo passato la notte precedente a visionare orrori fatti dall’uomo.

Come quella donna.

— Be’, possono anche smetterla subito con queste sciocchezze!

Si allontanò in tutta fretta. Restai a guardare ancora per qualche istante e poi andai a cercare il pilota, che aveva ovviamente giurato che non avrebbe mai più guidato un aeromobile. Questo era tuttavia successo prima che il deragliamento mostrasse che non c’era nulla che funzionasse bene. Avrei trovato comunque un modo per tornarmene a Seattle. All’aeroporto. A Huevos Verdes. E da lì a East Oleanta. C’erano delle cose che dovevo chiedere a Miranda, cose importantissime, cose che avrei dovuto chiedere molto tempo prima. E le avrei dette, io, Drew Arlen. Che ero stato il Sognatore Lucido molto prima di conoscere Miranda Sharifi.

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