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— Non ho intenzione di toccare questo oggetto — disse dietro di lui Ethan con voce piatta. L’uomo si volse a mezzo con un sorrisetto, ed entrò in un ascensore antigravità. — Lo porterò alla Sicurezza! — gridò lui. L’uomo si portò una mano a un orecchio e scosse il capo, sollevandosi nel tubo trasparente. — Io lo… io lo… — Ethan imprecò fra i denti mentre la figura rosa spariva alla vista.

Girò intorno alla panchina, scrutando il piccolo oggetto con la coda dell’occhio. Sembrava innocuo. Alla fine, con un borbottio, si chinò a raccoglierlo. Alla prima occasione l’avrebbe portato al capitano Arata, e qualunque cosa ci fosse dentro se ne sarebbe occupato lui. Guardò l’orologio e si affrettò verso le auto pubbliche.

Dovette prendere una vettura a bolla per farsi portare al Molo C-8. che si trovava in un settore riservato alle navi mercantili sul lato opposto della stazione rispetto alla Passeggiata dei Viaggiatori. Stavolta aveva una mappa con sé, e non si smarrì nelle traverse.

La zona dei moli era molto silenziosa a quell’ora. Un solo ingresso al corridoio estensibile esterno era acceso, collegato a una piccola nave, probabilmente un corriere veloce che affittava anche cabine passeggeri a chi voleva spostarsi in fretta. Quelle astronavi da balzo erano perfino più costose dei grossi transgalattici di linea, ed Ethan rifletté che il conto spese di Quinn doveva essere molto elastico.

Terrence Cee, vestito con la sua tuta verde da operaio della stazione, era seduto su una cassa da imballaggio sul bordo della strada dei moli, completamente solo. Il giovanotto biondo si girò nel sentire i suoi passi sulla rampa di uscita, e quando lui gli fu accanto disse: — È in anticipo di dieci minuti, dottor Urquhart.

Ethan guardò il corridoio estensibile. — Credevo che lei avrebbe cercato un passaggio su un mercantile, o su uno di quei passeggeri che ammucchiano i turisti come sardine. Non immaginavo che lei viaggiasse con questo stile.

— Ero convinto che lei non sarebbe venuto.

— Perché? Forse perché ho scoperto tutta la verità sul materiale che lei voleva mandare ad Athos? — Ethan scrollò le spalle. — Non posso dire che approvo quel che lei cercava di fare. Ma visti gli ovvi problemi che la sua… uh, la sua razza, suppongo di poter dire, avrebbe sofferto nelle vesti di minoranza odiata e temuta, penso di capire.

Un malinconico sorriso illuminò il volto del giovanotto biondo, poi scomparve. — Lei capisce? Sì, è naturale che un athosiano capisca. — Ebbe un cenno col capo. — Forse avrei dovuto dire che speravo che lei non venisse.

Ethan si volse, seguendo la direzione del suo cenno.

Nell’ombra di un grosso carrello sollevatore c’era Elli Quinn. Ma era una Elli Quinn insolitamente sciatta e spettinata. La sua bella blusa non c’era, e indossava solo una maglietta a mezze maniche e i pantaloni dell’uniforme. Anche i suoi stivaletti non c’erano. E inoltre, notò Ethan quando barcollò avanti fuori dall’ombra, la fondina del suo storditore era vuota.

Aveva barcollato avanti perché era stata spintonata da un uomo con l’uniforme arancione e nera della Sicurezza di Stazione Kline. Così l’avevano presa, alla fine. Ethan fu sul punto di ridere. Stare a guardare come se la sarebbe cavata sarebbe stato affascinante…

Il suo buonumore s’inaridì quando poté vedere meglio la pistola che l’individuo robusto dalla faccia inespressiva le puntava alla nuca. Era un letale distruttore neuronico. Un’arma non regolamentare per gli agenti della Sicurezza.

Fu in quel momento che lo scalpiccio sulla strada dei moli lo fece voltare, e vide Millisor e Rau che venivano verso di loro.

CAPITOLO TREDICESIMO

Ethan ed Elli Quinn furono spinti uno accanto all’altra, entrambi nel potenziale raggio di fuoco della parabola con cui terminava la canna del distruttore neuronico, impugnato con truce decisione dall’individuo che portava l’uniforme della Sicurezza. Cee fu invece tenuto sotto tiro dallo storditore di Rau, in disparte. Questo bastò per far capire a Ethan quanto fosse più precaria la loro situazione.

Vista da vicino Quinn appariva ridotta ancora peggio, con un labbro spaccato, pallida e tremante sia per le percosse ricevute che per i postumi di un colpo di storditore. Senza gli stivaletti sembrava più piccola e delicata. Cee si muoveva come un cadavere in cerca di una tomba dove lasciarsi cadere, indifferente, rigido, con gli occhi azzurri vuoti e senza luce.

— Cos’è successo? — sussurrò Ethan a Quinn. — Come sono riusciti a trovarla loro, quando neppure la Sicurezza c’è riuscita?

— Mi ero dimenticata di avere addosso quel dannato rintracciatore — sibilò fra i denti lei. — Avrei dovuto sbatterlo nel primo cestino di rifiuti, quando non mi serviva più. Sapevo che avrebbe potuto compromettermi! Ma Cee mi stava distraendo con le sue chiacchiere, e io avevo fretta e… oh, all’inferno, ormai a che serve… — Si morse un labbro, frustrata, poi se ne pentì e lo leccò teneramente. Il suo sguardo continuava a scrutare i loro avversari, soppesando le possibilità, rifiutando le inevitabili conclusioni, cercando ancora altri sbocchi senza migliore fortuna.

Millisor s’incamminò intorno a loro, rilassato e soddisfatto. — È un piacere vederla qui, dottor Urquhart. Avremmo potuto organizzare due incidenti separati, uno per lei e uno per la comandante Quinn; ma avervi entrambi qui ci offre ora un’opportunità assai più… ghiotta. Per l’efficienza professionale, intendo.

— Perché vuole vendicarsi? — balbettò Ethan. — Noi non abbiamo mai cercato di ucciderla.

— Non sia sciocco — lo rimproverò amichevolmente Millisor. — La vendetta non ha niente a che fare con la professionalità. Voi due morirete per il semplice motivo che sapete troppo. Quant’è banale, vero?

Rau sogghignò aspramente. — Gli dica come, colonnello — lo invitò.

— Ma certo. Io le auguro di cuore che la cosa stimoli il suo senso dell’umorismo, comandante Quinn, perché vorrei davvero andarmene sapendo che lei è morta con il sorriso sulle labbra. — Millisor le indicò i moli. — Osservi, se non le spiace, i tubolari estensibili sulla paratia esterna della stazione. Sigillati a entrambe le estremità, essi costituiscono piccoli compartimenti privati. Proprio il posto adatto che una coppietta col gusto dell’avventura troverebbe stimolante per un amplesso un po’ insolito. Stimolante, ma ahimè sfortunato, perché nel sonno profondo seguito alle loro impegnative effusioni erotiche…

Rau alzò allegramente lo storditore. perché fosse chiaro quanto sarebbe stato inevitabile quel sonno profondo.

— … il corridoio tubolare verrà esteso nello spazio, durante i preparativi per l’aggancio automatico al convogliatore delle merci, nella stiva di una nave da carico. Detta nave trovasi in fase di avvicinamento, ed è attesa al Molo C-12, quello laggiù, dopo che il mio corriere sarà salpato. Ora, perché facciate buona impressione a chi vi scongelerà da quell’imbarazzante posa, mi domando: dovremmo lasciarvi completamente nudi? — Millisor si mostrò seriamente perplesso. — Oppure soltanto nudi dalla vita in giù, per inscenare un amplesso più appassionato e furioso?

— In nome di Dio il Padre — mugolò Ethan inorridito. — Il Consiglio della Popolazione penserà che ho raggiunto gli abissi d’ogni depravazione, per compiere atti sessuali con una femmina!

— Signore Iddio — ansimò sottovoce Quinn, non meno sbigottita. — L’ammiraglio Naismith penserà che mi sono completamente rimbecillita per fare all’amore dentro un tubolare d’attracco, fra tutti i maledetti posti che c’erano.

Lo sguardo di Terrence Cee si girò sulla paratia esterna dei moli, come se cercasse la morte con la stessa disperazione con cui la comandante Quinn vi cercava una via d’uscita. Fece un passo da quella parte. Subito lo storditore di Rau lo prese di mira.

— Illuditi pure, mutante — grugnì Rau. — Non ti lasceremo una sola possibilità. Una mossa sbagliata e sarai portato a bordo in stato d’incoscienza. — I suoi denti si scoprirono in un sorriso. — Ma non vorrai perderti lo spettacolo che i tuoi amici stanno per darci, no?

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