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Lois McMaster Bujold

La spia dei Dendarii

Per quelli che mi hanno ascoltato:

Dee, Dave, Laurie, Barbara, R.J., Wes

e le pazienti signore del M.A.W.A.

CAPITOLO PRIMO

Il parto procedeva regolarmente. Le lunghe dita di Ethan staccarono con delicatezza la sottile cannula dai supporti.

— Ora dammi la soluzione ormonale C — ordinò al meditec in attesa al suo fianco.

— Eccola, Dr. Urquhart.

Ethan premette l’hypospray contro la membrana discoidale all’estremità della cannula e sparò nell’interno una dose calcolata. Controllò i monitor: la placenta ondeggiava libera, separata dalla superficie nutritiva che l’aveva sostenuta negli ultimi nove mesi. Era il momento.

Con gesti rapidi spezzò i sigilli, alzò il coperchio del contenitore cilindrico e passò il vibro-bisturi sullo spesso rivestimento di microscopici tubicini per lo scambio dei liquidi. Quand’ebbe aperto la massa spugnosa, il meditec la trasse di lato con una pinza e chiuse il tubo che la riempiva di soluzione oxi-nutriente. Solo poche gocce di fluido chiaro spruzzarono le mani guantate di Ethan. La sterilità dell’interno non era stata compromessa, notò con soddisfazione, e il suo passaggio col bisturi era stato così leggero che l’argenteo sacco amniotico sotto i tubicini era intatto. Una piccolo corpo roseo si muoveva impaziente nell’interno. — Fra un momento sarai fuori — gli promise allegramente lui.

Un’altra incisione, ed Ethan estrasse l’umido e sporco infante da quella che era stata la sua prima casa. — Detergente!

Il meditec gli mise il bulbo in mano, e lui ripulì dal fluido il naso e la bocca del bambino per prepararlo al suo primo stupefatto respiro. Il neonato ansimò, gemette, sbatté le palpebre e vagì nella gentile ma ferma presa di Ethan. Il meditec spostò il tavolino con la bacinella d’acqua sotto la luce calda e lui vi appoggiò il neonato, per chiudere e tagliare il cordone ombelicale. — Ora sei libero di andare per il mondo, piccolo — gli disse.

Il tecnico in attesa presso la porta venne a prendere il replicatore uterino che aveva così fedelmente incubato il feto per tre quarti di un anno. Le luci spia e i monitor dell’apparecchio erano spenti, adesso; l’uomo cominciò a staccarlo dal banco dov’era fissata una fila di macchinari identici, per portarlo al piano di sotto dove sarebbe stato pulito e riprogrammato.

Ethan si volse al padre dell’infante, che s’era fatto avanti con ansia. — Peso ideale, colorito ottimo, riflessi soddisfacenti. Posso assegnare a suo figlio un A-più, signore.

L’uomo sorrise, tirò su col naso, ebbe una breve risata e si asciugò una lacrima d’emozione dall’angolo di un occhio. — È un miracolo, Dr. Urquhart.

— È un miracolo che succede una decina di volte al giorno, qui a Sevarin. — Ethan sorrise.

— Lei non si annoia mai, dottore?

Ethan abbassò uno sguardo compiaciuto sul neonato, che agitava le gambe e apriva e chiudeva i pugni dentro la bacinella. — No. Mai.

Ethan era preoccupato per il CJB-9. Accelerò il passo nei silenziosi e pulitissimi corridoi del Centro di Riproduzione del Distretto di Sevarin. Era quasi la fine del turno di notte, e lui era stanco; la sera prima era venuto in anticipo per occuparsi di un paio di nascite difficili.

L’ultima mezzora del turno era stata come al solito la più indaffarata per tutti, un crescendo di rapporti da compilare e di istruzioni ai colleghi che sbadigliando arrivavano per sostituirli. Ethan non aveva sbadigliato, ma si fermò a prendere due tazze di caffè nero al distributore nell’ingresso del reparto tecnico, prima di far visita al caposquadra dei tecnomedici nel suo cubicolo di monitoraggio.

Georos lo salutò con un cenno, e la sua mano proseguì il movimento per afferrare la tazza che lui gli porgeva. — Grazie, signore. Come sono andate le sue ferie?

— Bene. Mio fratellastro, il minore, si è preso una settimana di permesso dalla caserma dove presta servizio, così per una volta tanto ci siamo ritrovati insieme a casa. Nella Provincia Meridionale. Per il nostro vecchio è stato bello. Il ragazzo ha avuto una promozione: ora è primo controfagotto nell’orchestra del reggimento.

— Ha intenzione di fare la firma, dopo i due anni di leva?

— Credo di sì. Almeno per altri due anni. Sta coltivando la sua esperienza musicale, cioè la cosa che più gli interessa, e i crediti extra per i doveri sociali che si metterà in tasca non gli daranno affatto fastidio.

— Mmh. — Georos annuì. — Provincia Meridionale, eh? Mi chiedevo perché non la vedevamo mai in giro quando ha un momento libero.

— È il solo modo in cui ho l’impressione di prendermi una vacanza vera: uscire dalla città — ammise seccamente Ethan. Guardò le file di monitor allineati nel cubicolo. Il capo della squadra notturna tacque e sorseggiò il caffè, gettando un’occhiata al medico che ora, esaurito il suo unico argomento di conversazione spicciola, sembrava un po’ a disagio.

I display mostravano il Banco 1 di Replicatori Uterini. Ethan chiamò sugli schermi il Banco 16, dei quali faceva parte l’embrione CJB-9.

— Ah, dannazione. — Scosse il capo e fece un lungo sospiro. — Proprio come temevo.

— Già — annuì Georos, con un sorrisetto malinconico. — Totalmente non-utilizzabile, non c’è dubbio su questo. Un paio di sere fa ho eseguito un ecoscandaglio… è solo una massa di cellule.

— Non potevano diagnosticarlo la settimana scorsa? Perché il replicatore non è stato riciclato? Ci sono altri in attesa. Dio il Padre sa che è vero.

— Per eliminare l’embrione bisognava aspettare il permesso paterno. A proposito… — Georos si schiarì la gola. — Roachie ha chiesto al padre di venire a colloquio con lei, questa mattina.

— Umpf… — Ethan si passò una mano fra i corti capelli neri, lasciandoli assai meno ben pettinati di prima. — Ricordami di dire grazie al nostro beneamato capo. Mi avete tenuto da parte qualche altro lavoro sporco?

— Soltanto una riparazione alla genetica del 5-B… probabilmente una deficienza ormonale. Ma immagino che ci tenga a occuparsene lei stesso.

— Infatti.

Il capo della squadra tecnica cominciò a registrare il suo rapporto di fine turno.

Ethan arrivò con qualche minuto di ritardo al colloquio con il padre del CJB. Durante l’ispezione mattutina era entrato in una delle camere dei replicatori trovando il tecnico di servizio che lavorava tenendo a tutto volume una canzone rauca e aritmica dal titolo Resta Sveglio Tutta La Notte, popolare fra i giovani non specializzati, che con versi folleggianti esaltava gli stimo-vocali. Le sue note stridule avevano fatto allegare i denti a Ethan; difficilmente la si poteva considerare una stimolazione sonora prenatale per i feti in crescita.

Quand’era uscito, nella camera risuonava il classico inno Dio dei Nostri Padri, Illumina la Strada, eseguito dall’Orchestra Sinfonica della Fratellanza Unita, e il tecnico stava sbadigliando vistosamente.

Nella camera successiva aveva trovato un banco di replicatori uterini che da quella notte andavano avanti con una saturazione del 75% di sostanze di rifiuto nella soluzione di scambio-eliminazione. Il tecnico di servizio s’era affrettato a spiegargli che stava aspettando il regolamentare minimale dell’80% prima di eseguire il cambio dei filtri. Ethan gli aveva spiegato, con voce dura e nitida, la differenza fra minimale e ottimale, quindi aveva assistito al cambio del filtri e atteso che la saturazione delle sostanze di rifiuto scendesse a un più ragionevole 40%.

L’impiegata all’ingresso del Centro dovette far squillare a lungo il suo avvisatore per penetrare nell’attenzione di Ethan, occupato a illustrare al tecnico l’esatta gradazione di trasparenza giallo-limone in una soluzione oxi-nutriente che operasse al meglio. Lui salì di corsa al piano degli uffici e restò ad ansimare qualche momento fuori dalla porta, in bilico fra l’urgenza di ritrovare la sua dignità di rappresentante del Centro e la scortesia del far aspettare un cliente. Poi inalò un lungo respiro che non aveva nulla a che fare col suo galoppo su per le scale, si dipinse sulla faccia un sorriso cordiale e aprì la porta dove la scritta Dr. Ethan Urquhart — direttore del Reparto Riproduzione Biologica risaltava in lettere dorate sulla superficie di plastica bianca.

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