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Una volta, durante il servizio militare, lui s’era offerto volontario per il servizio di cucina nel reparto macelleria, forse affascinato da quel poco di rozza anatomia che là si eseguiva. Il ricordo gli piombò addosso come una mazzata.

— Questa roba — sibilò raucamente, a denti stretti, — è l’ovaia di una mucca!

Il suo esame del materiale fu attento e completo, e gli prese tutto il pomeriggio. Quand’ebbe finito, il laboratorio somigliava alla classe di dissezione anatomica del suo primo anno di zoologia, della quale Ethan conservava ancora sanguinose memorie, ma adesso era sicuro, più che sicuro.

Salito al piano di sopra, ci mancò poco che non aprisse con un calcio la porta dell’ufficio di Desroches. Si fermò sulla soglia a pugni stretti, faticando a controllare la rabbia che l’aveva invaso.

Desroches si stava infilando il soprabito, con l’aria d’essere già lontano da lì, a casa sua. Aveva spento l’olocubo. cosa che faceva soltanto alla fine della giornata lavorativa. Nel vedere la faccia stravolta del suo visitatore sbatté le palpebre, sconcertato. — Per Dio il Padre, Ethan. cosa le è successo?

— Avanzi di isterectomie. Rifiuti di sala operatoria, per quello che ne so. Un quarto del materiale è chiaramente canceroso, metà è roba atrofizzata, e cinque pezzi non sono neppure di tessuto umano, per l’amor di Dio! E tutti quanti sono in stato di putrefazione!

— Cosa? — Desroches ansimò, sbiancandosi in faccia. — Non avrà guastato il refrigeramento del contenitore, vero? Non avrà…

— Venga a vedere lei stesso. Venga e guardi — sbottò Ethan. Girò su se stesso, e mentre usciva disse: — Io non so cos’abbia pagato il Consiglio della Popolazione per questa roba, ma una cosa la so: siamo stati truffati.

CAPITOLO SECONDO

— Forse — disse speranzosamente il delegato anziano del Consiglio della Popolazione di Las Sands, — la Casa Bharaputra ha commesso un errore in buona fede. Forse pensavano che il materiale ci servisse per gli studenti di medicina, o qualcosa del genere.

Ethan si stava chiedendo perché Roachie l’avesse trascinato a quella riunione. Come testimone? Come esperto? In un’altra occasione avrebbe potuto sentirsi intimidito da quell’ambiente lussuoso: lo spesso ed elegante tappeto, il bel panorama della capitale dalle finestre, il tavolo di legno ondulato e le facce barbute dei consiglieri che si riflettevano sulla sua lucida superficie. Ma in quel momento era così irritato che non se ne accorgeva neppure. — Questo non spiega perché ci siano 38 pezzi in una scatola marcata 50 sbottò, — né spiega la presenza di quelle dannate ovaie di mucca. Credevano per caso che volessimo allevare minotauri, qui?

Il giovane delegato di Delara li informò, con voce blanda: — La scatola che abbiamo ricevuto noi era completamente vuota.

— All’inferno! — disse Ethan, alzandosi. — Nessun materiale così putrefatto e scadente può essere frutto di un errore "in buona fede" o di un disguido nella spedizione… — Desroches, esasperato, gli accennò di rimettersi a sedere, e lui moderò il tono: — Se non si tratta di negligenza, o di una truffa, l’unica ipotesi che posso fare è quella di un atto di sabotaggio.

— Più tardi — gli promise sottovoce Desroches. — Potrà alzarsi e approfondire questo punto più tardi.

Il presidente raccolse i dischi coi rapporti ufficiali sul materiale ricevuto da tutti e nove i Centri di Riproduzione, li registrò sulla sua consolle di comunicazioni e fece un sospiro. — Perché diavolo abbiamo ordinato le nostre forniture a quella gente del Gruppo Jackson? — chiese. Era una domanda retorica, ma sembrava aspettarsi una risposta.

Il capo del sub-comitato per gli acquisti mise due pasticche in un bicchier d’acqua e le guardò mentre cominciavano a sciogliersi in un nugolo di bollicine. — La Casa Bharaputra ci faceva il prezzo più basso — spiegò, accigliato.

— E tu hai messo il futuro di Athos nelle mani di chi fa i prezzi più bassi? — grugnì un altro consigliere.

— Voi tutti avete approvato. Ve ne siete dimenticati? — ribatté il capo del sub-comitato per gli acquisti, accalorandosi. — Anzi, avete insistito, dopo aver saputo che un’altra ditta ci avrebbe mandato soltanto trenta colture per lo stesso prezzo. La Casa Bharaputra ci aveva promesso cinquanta colture… e vi brillavano gli occhi quando ho letto il preventivo, lo ricordo benissimo.

— Cerchiamo di attenerci all’ordine del giorno, prego — lo esortò il presidente. — Non abbiamo tempo da perdere con le recriminazioni o per distribuire le colpe. La nave del censimento galattico lascerà l’orbita di Athos fra quattro giorni, e questo è il solo mezzo di trasporto disponibile fino all’anno prossimo, se vogliamo trasmettere all’estero la nostra decisione.

— Dovremmo avere anche noi le nostre navi da balzo — fece notare un consigliere. — Allora non saremmo trattati in questo modo, né ci troveremmo alla mercè dei programmi di viaggio altrui.

— I militari insistono con me da anni per averne un paio — disse il consigliere dell’Ufficio della Difesa.

— E a quale centro di riproduzione vorresti tagliare i fondi per acquistarle? — domandò ironicamente un terzo. — Noi e i militari siamo le due voci maggiori nel bilancio, insieme alle opere di terraformazione dalle quali dovrà nascere il cibo con cui vogliamo nutrire più figli… salvo che tu non desideri spiegare ai nostri cittadini che i figli da loro agognati devono esser lasciati nell’aldilà, per fare posto su questo mondo a dei giocattoli che non producono nulla in cambio del loro costo.

— Non producono nulla… finché non ce ne sarà bisogno — mugolò l’altro consigliere, irritato.

— Per non parlare della tecnologia che dovremmo importare insieme a delle astronavi da guerra… e cosà, ti prego d’illuminarmi, potremo esportare per pagarle? Il nostro reddito annuale lordo basta appena per…

— Allora facciamo in modo che le navi da balzo si paghino da sole. Se le avessimo potremmo esportare qualcosa, e avere così abbastanza valuta galattica da…

— Cercare il contatto con quelle culture contaminate sarebbe una contravvenzione ai dettami dei Padri Fondatori — lo interruppe un quarto consigliere. — Essi ci hanno portato qui, proprio in fondo a questo lungo corridoio di transito, e in una zona isolata della Distorsione Galattica, in primo luogo proprio per tutelarci dalla nociva influenza…

Il presidente batté alcuni secchi colpi sul tavolo. — I dibattiti su argomenti d’interesse planetario spettano al Consiglio Generale, signori. Oggi ci siamo riuniti per occuparci di un problema specifico, e possibilmente in fretta. — La sua voce piatta e irosa non invitava alla discussione. Intorno al tavolo i consiglieri si irrigidirono, buttarono giù note sulle loro tastiere e assunsero espressioni accigliate.

Il giovane delegato di Barka, dopo essersi consultato con un suo collega anziano, si schiarì la gola. — Evitando di andare su altri mondi, c’è un’unica possibile soluzione. Possiamo far crescere il nostro materiale genetico qui.

— È proprio perché le nostre colture non crescono più che siamo stati costretti a… — cominciò un altro.

— No, no, questo l’ho capito, è ovvio — s’affrettò a interromperlo il delegato di Barka, un capo del personale come Desroches. — Io volevo dire che, uh… — si schiarì la gola, — potremmo far crescere alcuni feti femminili noi, qui. Non sarà necessario portarli a termine, naturalmente. Tolti dal replicatore uterino prima del parto, si potrà asportare loro il tessuto ovarico, e ricominciare con altri feti.

Sul tavolo cadde un pesante silenzio e ci furono borbottìi di disgusto. Il presidente torse la bocca come se avesse succhiato un limone acerbo. Il consigliere di Barka deglutì un groppo di saliva ed evitò accuratamente di guardare dalla sua parte.

Infine il presidente disse: — Non siamo ancora alla disperazione. Tuttavia forse è un bene aver intavolato un argomento a cui qualcun altro avrebbe pensato, se le cose dovessero peggiorare.

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