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— Fratello Haas? Io sono il dottor Urquhart. No, no… non si alzi, la prego. Resti comodo — aggiunse, mentre l’uomo scattava in piedi nervosamente salutandolo con un cenno del capo. Ethan lo aggirò per andare dietro la sua scrivania, dove ebbe l’impressione assurda di essere più al sicuro.

L’uomo era grosso come un orso, con la faccia arrossata dai lunghi giorni trascorsi al sole e al vento. Le sue mani, che giravano e rigiravano il berretto, erano robuste e callose. Dopo aver scrutato Ethan commentò con voce rombante: — Mi aspettavo un medico più anziano.

Lui si passò le dita sul mento glabro, poi si rese conto di quel gesto e abbassò subito la mano. Se solo avesse portato la barba, o magari anche i baffi, la gente avrebbe smesso di prenderlo per un ventenne malgrado il suo metro e ottantacinque di statura. Fratello Haas aveva un’ispida barba di due settimane, cortissima a paragone dei lussureggianti mustacchi che lo proclamavano — evidentemente da molto tempo — genitore alternativo. Un solido cittadino.

Ethan fece un sospiro. — Si accomodi, prego. — E ripeté il cenno.

L’uomo sedette sul bordo della sedia, stringendo il berretto quasi in gesto di supplica. L’abito che indossava, probabilmente il suo unico vestito buono, era fuori moda e un po’ liso, ma lavato e stirato con cura; Ethan si chiese quanto avesse dovuto sfregarsi le mani con la spazzola, quel mattino, per riuscire a togliersi così bene ogni granello di polvere da sotto quelle unghie cornee.

Fratello Haas sbatté distrattamente il berretto contro un polpaccio. — Il mio bambino… dottore, c’è per caso… c’è qualcosa che non va con mio figlio?

— Uh… non le hanno detto niente per videofono?

— No, signore. Mi hanno detto soltanto di venire qui. Così ho firmato per una vettura al garage della mia comune, e sono venuto.

Ethan guardò il dossier sulla sua scrivania. — Lei ha guidato per tutta la strada dalle Sorgenti Cristallo fin qui, questa mattina?

Fratello Haas sorrise. — Io faccio il contadino. Sono abituato ad alzarmi presto. Comunque, nessun sacrificio è di troppo per il mio bambino. È il primo, sa… — Si passò una mano sulla mandibola e rise. — Be’, questo credo che sia ovvio.

— Come mai è venuto qui a Sevarin, e non al Centro Replicatori del suo distretto a Las Sands?

— È stato per via del CJB. A Las dicono che là non hanno un CJB.

— Capisco. — Ethan si schiarì la gola. — C’è qualche particolare ragione se ha deciso per il gruppo CJB?

Il contadino annuì con fermezza. — Sì, è una decisione che ho preso dopo un incidente durante l’ultimo raccolto. Uno di noi è caduto contro una trebbiatrice dalla parte sbagliata… ha perso un braccio. Era un tipico incidente di fattoria, ma hanno detto che se un dottore fosse potuto intervenire prima avrebbero potuto salvargli il braccio. Il fatto è che la comune sta crescendo. Siamo proprio sul confine della zona terraformata. Abbiamo bisogno di un dottore nostro. Tutti sanno che dal gruppo CJB vengono i medici migliori. Chi può dire quando mai avrò abbastanza crediti da doveri sociali per un secondo figlio, o un terzo? Così ho voluto il migliore.

— Non tutti i dottori in medicina sono CJB — disse Ethan. — E senza dubbio non tutti i CJB fanno i medici.

Haas sorrise educatamente, per nulla d’accordo. — Lei a che gruppo appartiene, dottor Urquhart?

Ethan si schiarì ancora la gola. — Be’… in effetti io sono un CJB-8.

Il contadino annuì, confermato nella sua opinione. — Dicono che lei è il migliore nel suo campo. — E guardò l’esperto in riproduzione biologica con aria famelica, come se vedesse nel suo volto quello del figlio che anelava di avere.

Ethan poggiò le mani sulla scrivania e cercò di assumere un atteggiamento gentile ma distaccato e professionale. — Senta, mi sembra di capire che per videotelefono non le abbiano spiegato la situazione, e me ne dispiace. Come lei però ha sospettato, c’è un problema col suo, uh, concepito.

Fratello Haas Sbatté le palpebre. — Mio figlio.

— Ah… no, temo che lei non potrà avere un figlio. Non questa volta. — Ethan allargò le mani con un sospiro di compatimento.

Un’ombra scese sul volto di Fratello Haas. L’uomo strinse le labbra, poi rialzò lo sguardo con un anelito di speranza. — C’è qualcosa che lei possa fare? Io so che lei fa riparazioni genetiche. Se costa molto… be’… la fratellanza della mia comune mi aiuterà, e col tempo io potrò pagare il debito…

Ethan scosse il capo. — Noi possiamo intervenire soltanto in una dozzina di problemi genetici più comuni. Alcuni tipi di diabete, ad esempio, possono essere eliminati sostituendo un gene in un piccolo gruppo di cellule che vengono poi immesse nel feto, se questo può essere curato in uno stadio precoce del suo sviluppo. Altre malattie possono essere prevenute intervenendo sullo sperma quando filtriamo via la parte difettosa, nei portatori di cromosoma X. Ci sono molti problemi abbastanza facili da individuare negli esami preliminari, eseguiti cioè prima che la blastula sia impiantata nel replicatore e cominci a formare la sua placenta. Di routine, a questo punto si sceglie una cellula iniziale che viene passata attraverso una serie di controlli computerizzati. Ma i controlli computerizzati scoprono solo ciò che sono programmati per scoprire, ovvero un centinaio dei più comuni difetti di nascita. Non è impossibile che ad essi sfugga una malattia rara, o ancora poco nota. Succede una dozzina di volte all’anno… ma succede. Il suo non è un caso unico. In genere noi procediamo subito all’annullamento del parto, e fertilizziamo un altro ovulo. È la soluzione migliore anche in termini di costo, dato che solitamente non vanno sprecati più di sei giorni di lavoro del replicatore uterino. Nel suo caso è trascorso più tempo.

Fratello Haas fece un sospiro. — Così bisogna ricominciare daccapo. Si accarezzò la mandibola. — Dag me lo diceva che porta sfortuna cominciare a farsi crescere la barba da padre prima della nascita. Suppongo che avesse ragione.

— Si tratta solo di un ritardo — lo rassicurò Ethan. — Dato che l’origine del problema era nell’ovulo, e non nel suo sperma, il Centro non le farà pagare il mese di lavoro del replicatore uterino. — Scrisse una frettolosa nota in merito, sul dossier.

— Vuole che io torni giù, al reparto paternità, per rilasciare una seconda dose di sperma? — domandò Fratello Haas, rassegnato.

— Ah… prima che lei se ne vada, sì, certo. Questo le risparmierà un altro lungo viaggio. Ma c’è un piccolo problema di cui sarà bene parlare fin d’ora. — Ethan tossicchiò. — Temo che non sarà possibile offrirle di nuovo il gruppo CJB.

— Ma io sono venuto fin qui proprio per il CJB! — protestò Fratello Haas. — Dannazione… ho il diritto di deciderlo io! — Le sue mani si chiusero a pugno in modo allarmante. — Perché non è possibile?

— Be’… — Ethan fece una pausa, e scelse le parole con cura. — La sua difficoltà con il gruppo CJB non è la sola che abbiamo avuto negli ultimi tempi. Quella cultura sembra essersi… deteriorata. In realtà abbiamo fatto un gran lavoro proprio per questo feto: tutti gli ovuli che la cultura ha prodotto in una settimana sono stati assegnati al suo caso e vagliati, in cerca di uno che… mmh, fosse almeno all’apparenza adatto. — Non c’era bisogno di dire a Fratello Haas quanto fosse stata spaventosamente esigua quella produzione. — I miei tecnici migliori hanno lavorato duro, e io anche. Parte del motivo per cui abbiamo accettato il rischio e continuato oltre i sei giorni standard con questo concepito, è che si trattava del solo gruppo di cellule di cui proseguiva la crescita dopo la suddivisione della quarta cellula. Da allora, la nostra cultura del gruppo CJB ha praticamente cessato la produzione di ovuli. Capisce?

— Ah. — Fratello Haas annuì, placato. Poi si animò di decisione nuova. — Dove posso rivolgermi, allora? Non m’importa se dovrò attraversare tutto il continente. Quello che voglio è un figlio del gruppo CJB.

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