— Per il Cristo degli Spazi — mormorò l’agente della Sicurezza, che aveva finalmente fatto i suoi conti. — Allora devo arrestare una della Sorveglianza Ecologica?
Teki ridacchiò. L’altro tecnico, chiaramente colto di sorpresa dalla confessione di Helda, aveva l’aria di non sapere se dire la sua opinione o restare in disparte e rendersi invisibile.
— Ma cosa ne hai fatto delle altre? — Millisor si piegò verso di lei, a denti stretti.
— Le altre cosa? — tirò su col naso Helda.
— Le colture ovariche congelate che hai tolto da quei contenitori diretti ad Athos — spiegò Millisor, sillabando le parole come se stesse parlando a un animale che forse, pazientemente interrogato, poteva essere in grado di rispondere come un essere umano.
— Oh, quelle. Le ho buttate via.
Sulle tempie del cetagandano pulsavano vene e capillari. Ethan avrebbe potuto dire di quant’era salita la sua pressione. Sembrava avere anche qualche difficoltà a respirare. — Stupida puttana — ansimò. — Stupida puttana, tu non sai cos’hai fatto…
La risata di Quinn li colse di sorpresa, facendoli voltale stupiti. Se l’ammiraglio Naismilh fosse qui, si divertirebbe un mondo.
L’autocontrollo del Ghem-colonnello cedette, alla fine. — Maledetta cagna senza cervello! — gridò gettandosi su Helda, e le artigliò le mani alla gola. Il raggi degli storditori di Quinn e dell’agente della Sicurezza s’incrociarono, e il robusto cetagandano si afflosciò al suolo.
Rau si fece indietro, scuotendo la testa e mugolando fra sé: — Oh, merda, merda, merda…
— Resistenza all’arresto… — batté l’agente della Sicurezza sul minicomp, e fece una pausa per precisare l’accusa. — No. Tentata aggressione a una funzionaria della Sorveglianza Ecologica che espletava i suoi compiti…
Rau scivolò verso la porta.
— Non dimentichiamo l’evaso dal Reparto Detenzione — disse subito Quinn. — Sarà meglio non lasciarlo allontanare, agente. — Indicò Rau. — È lui l’individuo che state cercando da due giorni, dopo la sua fuga dal C-9. E scommetto che se perquisite questo alloggio troverete armi e attrezzature militari che la dogana di Stazione Kline non ha mai consentito d’importare.
— Prima viene la quarantena — disse l’altro sorvegliante ecologico, dopo un’occhiata alla collega ormai emotivamente svuotata.
— Ma senza dubbio l’ambasciatore Urquhart vorrà sporgere denuncia per il furto e la distruzione di beni appartenenti ad Athos — fece presente Quinn. — perciò chi deve arrestare chi?
— Tutti noi andremo al Reparto Quarantena, dove potrò tenervi sotto controllo finché non avrò chiarito ogni aspetto della situazione — disse fermamente l’agente della Sicurezza. — Chi è evaso dal C-9 scoprirà che fuggire dalla quarantena è un’altra cosa.
— Questo è vero — mormorò Quinn.
Rau ricominciò a imprecare fra i denti quando altri due agenti della Sicurezza apparvero sulla porta, sbarrandogli la sola via di fuga. La stanza sembrò all’improvviso troppo affollata. Ethan non aveva visto il robusto funzionario della Sicurezza chiamare rinforzi, ma evidentemente doveva averlo fatto ancor prima di entrare. La sua stima per quell’uomo in apparenza lento e indeciso salì di qualche grado.
— Sì, signore? — chiese uno dei nuovi venuti.
— Ve la siete presa comoda — disse l’agente della Sicurezza. — Perquisite quell’uomo. — Indicò Rau. — Poi darete una mano a scortare tutti alla Quarantena. Questi tre sono accusati di aver portato e sparso un contagio. Quello lì è l’uomo evaso dal C-9 e indagato per altri reati. Questa funzionaria è stata accusata di furto da quest’uomo, il quale indossa una tuta della stazione senza apparente giustificazione e nel contempo afferma che quel giovanotto del Bio-controllo è stato rapito. E ho una lista di accuse lunga da qui ai moli da notificare all’individuo disteso sul pavimento, quando si sveglierà. Questi tre hanno bisogno di cure mediche, anche se non urgenti…
Ricordando i suoi doveri, Ethan si avvicinò a Teki e gli applicò a un braccio l’hipospray con l’antidoto del penta-rapido. Si sentì quasi triste per il giovanotto, quando il suo sorriso vacuo ma tranquillo fu sostituito dall’espressione di chi si sveglia con un forte mal di capo. Nel frattempo la squadra della Sicurezza stava estraendo ogni genere di misteriosi oggetti dalle tasche di Rau, che non faceva resistenza.
— E l’attraente signora in uniforme bianca e grigia, che sembra saperla lunga sugli affari di tutti quanti, sarà trattenuta come testimone finché non avrò accertato le sue responsabilità — concluse l’agente della Sicurezza. — Ma… ehi, dov’è andata?
CAPITOLO DODICESIMO
Nel Reparto Quarantena Rau tenne dietro alla lettiga su cui era disteso il suo superiore ancora privo di sensi, sopportando tutte le ispezioni fisiche e le analisi pretese dal Bio-controllo senza una parola di protesta. In effetti non aveva più aperto bocca da quando avevano lasciato l’albergo sotto pesante scorta, ma era rimasto accanto a Millisor con una sorta di cupa fedeltà, come un cane che rifiutasse di allontanarsi dalla bara del padrone.
Ethan non poteva immaginare quali esami si richiedessero per rivelare la plasmosi virale Alpha S-D-2 — o la sua mitica mutazione 3 — ma dall’espressione tetra che vide sulla faccia di Rau suppose che non fossero stati molto gradevoli.
Si sarebbe sentito meglio se Rau avesse mostrato almeno un minimo di fair play. Lo sguardo che c’era negli occhi del cetagandano quando lo riportarono in sala d’attesa per far entrare lui fu invece amichevole come una lama di coltello.
Seguendo fuori l’inserviente Ethan fu condotto in un ufficio per un colloquio con due agenti della Sicurezza, l’uomo robusto che aveva eseguito gli arresti all’albergo e un ufficiale femmina che sembrava essere il suo diretto superiore. A metà del colloquio i due furono raggiunti da un terzo funzionario della Sicurezza, che si presentò come il capitano Arata, un eurasiatico magro e nervoso con lisci capelli neri, faccia pallida e occhi acuti come aghi, che parlava poco e ascoltava molto.
Il primo impulso di Ethan, che si sentiva tentato d’essere franco e dire tutto, si smorzò subito allorché dovette pensare al problema della sparizione di Okita. Prudentemente decise che non avrebbe fatto il minimo accenno a quell’individuo, se non ci fosse stato costretto. Gli esperimenti genetici cetagandani e i tragici fatti culminati nella fuga dei loro due telepati divennero, sotto quelle tre paia d’occhi kliniani sicuramente molto interessati alle manovre politiche altrui, la vaga notizia che "un’ordinazione di colture ovariche per Athos era stata sostituita, sul Gruppo Jackson, con del materiale genetico rubato su Cetaganda". Ethan evitò con cura di menzionare Terrence Cee. Questo avrebbe potuto rendere le cose troppo complicate…
— In questo caso — disse la funzionaria della Sicurezza, — la sorvegliante biologica F. Helda ha fatto un favore ad Athos, agli effetti pratici, anche se involontariamente. Ha impedito che materiale genetico alterato fosse introdotto nella vostra società.
La funzionaria, comprese Ethan, stava cercando obliquamente di fargli pressione perché lui lasciasse cadere le accuse contro Helda, risparmiando così uno scandalo imbarazzante a una stazione la cui economia si basava sul traffico di merci e di viaggiatori. Ripensò alle dimensioni dei loro magazzini, e alla quantità di navi che attraccavano continuamente ai moli. Capire che quella gente stava sudando come lui lo fece sentire meglio, al punto che passò subito all’offensiva.
I tre funzionari assunsero un atteggiamento di fredda cortesia, dicendosi disposti a collaborare. Questo significava che la mezza dozzina di infrazioni commesse da Ethan, ed elencate con precisione burocratica dall’agente che aveva eseguiti gli arresti, potevano esser lasciate evaporare in considerazione del fatto che lui rappresentava Athos, anche se la presentazione delle sue credenziali di ambasciatore non era stata richiesta da Stazione Kline (e non era avvenuta). Nessun altro vandalismo come quello perpetrato dalla sorvegliante ecologica F. Helda, gli fu assicurato, sarebbe stato permesso. La sorvegliante ecologica F. Helda, che ormai aveva una certa età, avrebbe avuto il pensionamento anticipato senza che ci fossero altre pretese di Athos o conseguenze legali. L’ambasciatore Urquhart non avrebbe più dovuto preoccuparsi del Ghem-lord Harmon Dal, o colonnello Millisor che fosse, poiché lui e i suoi assistenti erano già in lista per la deportazione a bordo della prima nave disponibile, con l’accusa di rapimento, presentazione di false generalità e sospetta truffa (accuse, queste ultime, per cui la Camera di Commercio s’era già costituita parte civile).