— Te l’avevo detto di non dirglielo. Doc — lo rimproverò Teki. — Dopo che suo figlio scappò di casa, come ti ho raccontato l’altro giorno. Helda rimase sola. Il ragazzo se l’era squagliata su una nave diretta ad Athos, lasciando detto che non ne poteva più di lei e di tutte le altre donne del mondo. Helda cercò di contattarlo per posta spedendogli dei video… ma la censura athosiana rimanda indietro tutte le immagini dove appaiono delle donne. Finora non è riuscita ad avere una parola da lui. — Teki ricominciò a ridere stupidamente. — Scommetto che è felice come un topo nel formaggio.
Ethan ebbe una smorfia al pensiero di poter essere trascinato in una lite di famiglia. L’agente della Sicurezza stava annuendo con interesse professionale.
— Fuggito di casa, eh? Quanti anni aveva il ragazzo?
— Trentadue — rispose Teki.
— Ah, be’. — L’uomo ebbe un gesto come a dire che la faccenda non lo riguardava più.
— Tu… lei dispone di un antidoto a questo cosiddetto siero della verità, dottore? — chiese gelidamente Helda. — In tal caso voglia per cortesia somministrarlo. Poi risolveremo gli altri aspetti della cosa giù al Reparto Quarantena.
Ethan rallentò il lavoro sulle caviglie di Teki. Le parole gli uscirono di bocca come lame di coltello: — Dove lei possiede poteri dittatoriali, e dove io… — Alzando la testa incontrò lo sguardo ostile della sorvegliante ecologica. Il tempo si fermò. — Dove io…
Il tempo accelerò di colpo. — Comandante Quinn! — chiamò Ethan.
La bruna mercenaria entrò subito nella stanza preceduta da Millisor e da Rau, tenuti sotto tiro dal suo storditore, ed Ethan si alzò in piedi. Si sentiva in preda all’impulso folle di correre avanti e indietro dando pugni alle pareti, o di strapparsi manciate di capelli dalla testa, o di afferrare quella femmina per il petto della sua blusa bianca e grigia e scuoterla fino a farle battere i denti. Le parole gli scaturirono in un flusso eccitato.
— Io ho cercato di dirglielo, ma lei non si è mai fermata un momento ad ascoltarmi. Immagini di essere l’agente di qualcuno, o quello che le pare, qui su Stazione Kline. e di volersi impadronire delle colture ovariche spedite ad Athos. Immagini di dover prendere l’improvvisa decisione di sostituire quei tessuti congelati con altro materiale. E noi sappiamo che la decisione è stata improvvisa, perché se lei l’avesse programmata avrebbe portato con sé delle colture autentiche e nessuno avrebbe mai saputo e indagato sulla sostituzione. Giusto? Allora dove, dove, nel nome di Dio il Padre, andrebbe a prendere 450 ovaie umane? No, neppure 450: trecento e ottantotto, più sei ovaie di mucca. Io dico che neanche sul suo Manuale del Mago dello Spazio c’è scritto da quale cilindro tirarle fuori, comandante Quinn.
La bruna mercenaria aprì la bocca, la richiuse, e assunse un’aria molto pensosa. — Vai avanti, dottore.
Millisor aveva lasciato cadere la sua maschera indignata da Harmon Dal e, come dimentico dello storditore di Quinn, fissava Ethan con rapita attenzione. Rau spiava il suo capo in attesa di qualche segnale che gli desse l’ordine di agire. L’altro sorvegliante ecologico aveva un’aria disinteressata e spazientita. L’agente della Sicurezza, benché sorpreso da quel secondo e non meno imprevisto risvolto della situazione, sembrava deciso a mettere a verbale ogni parola pronunciata in quella stanza.
Ethan continuò: — Dimentichi le 426 astronavi sospette. Segua al contrario la rotta di una sola nave, quella del censimento galattico, quando ancora era attesa qui nella sua rotta verso Athos. Metodo, motivo e opportunità, per i Nove Peccati Capitali! Chi ha accesso a ogni locale e ogni cassetto di Stazione Kline? Chi può andare dentro e fuori da un magazzino senza che nessuno faccia domande? Chi si vede passare davanti ogni giorno le salme dei defunti… cadaveri metà dei quali sono di sesso femminile, e da cui nessuno noterà mai la scomparsa di pochi grammi di tessuto, perché i corpi vengono biodegradati subito dopo il prelievo? Ma questi cadaveri femminili non erano abbastanza, eh, Helda, per sostituire l’intero insieme delle colture ovariche prima che la nave del censimento partisse per Athos. Vero? Ecco perciò le ovaie di mucca, gettate frettolosamente nel mucchio tanto per fare numero, e le scatole piene solo in parte, e la scatola vuota. — Ethan fece una pausa, ansimando.
— Lei è un folle! — rantolò Helda. La sua faccia era impallidita ancor di più, ma ora stava diventando paonazza. Gli occhi ostili di Millisor la stavano divorando. Quinn la guardava come un essere umano di fronte a una visione ultraterrena. Le dita dell’agente della Sicurezza erano inchiodate alla tastiera del minicomp in una sorta di stupefatta paralisi.
— Non folle quanto lei — disse Ethan. — Cosa sperava di ottenere?
— Domanda inutile — sbottò Millisor. — Noi sappiamo a cosa mirava. Non si faccia ingannare dalle apparenze, e le domandi chi l’ha pagata e dove ha mandato le… — Un secco gesto dello storditore di Quinn gli ricordò che era stato retrocesso dal rango di interrogatore a quello di prigioniero.
— Voi dovete andare tutti al Reparto Quarantena e…
— È finita, Helda — disse Ethan. — Scommetto che se scendessi giù al Riciclaggio troverei da qualche parte un sigillatore per pacchi postali.
— Oh, sicuro — lo informò volonterosamente Teki. — Lo usiamo per sigillare oggetti ritenuti contaminati e immagazzinarli in attesa di ulteriori analisi. È sotto il tavolo dove sezioniamo gli oggetti organici troppo voluminosi prima d’introdurli nel degradatore. Io l’ho usato per sigillare un paio di scarpe, una volta. Ho anche cercato di sigillare globi d’acqua da gettare nei pozzi antigravità, ma non ci sono riuscito perché…
— Chiudi la bocca. Teki! — protestò disperatamente Helda.
— Questo è niente. Pensa che Vernon ha sigillato dei topi bianchi e li ha spediti…
— Basta con queste chiacchiere insulse — grugnì Millisor da un angolo della bocca, esasperato. Teki si calmò e sedette, sbattendo le palpebre.
Ethan allargò le mani e fronteggiò Helda senza ostilità, scuotendo la testa. — Perché ha fatto questo? Io devo capire.
L’ostilità concentrata nell’atteggiamento della femmina esplose in parole quasi a dispetto della sua volontà. — Perché? Lei ha anche il coraggio di chiedermi il perché? Quando ho visto sull’etichetta qual era il contenuto delle scatole ho deciso che se non volevate delle madri, voi bastardi snaturati nemici delle donne, allora non avreste avuto nessuna madre. Neppure i ventri di metallo che vi partoriscono contronatura. E poiché avevate bisogno di ordinare altrove le colture ovariche ho giurato che avrei fermato anche la prossima ordinazione, e la successiva, e quella dopo ancora, finché… — Stava rantolando, adesso. Soffocava di rabbia? No, comprese Ethan: il suo vanaglorioso trionfo intellettuale s’era trasformato in veleno dentro di lei, in lacrime cocenti. — Finché non sarei riuscita a costringere Simmi a fuggire da quel pianeta, condannato all’estinzione, e allora lui avrebbe capito il suo sbaglio e sarebbe tornato a casa per vivere con una donna. E ho giurato a me stessa che stavolta non avrei criticato la sua scelta e non le avrei torto un capello, e anche la sciocca più vanitosa mi sarebbe andata bene. Ma non potevo sopportare il pensiero che i miei nipoti sarebbero nati fra i mangiafango di quel mondo di depravati, di soli uomini, posto che meritino d’essere chiamati uomini… — Helda ingoiò le lacrime e si erse rigidamente, fronteggiandoli con aria di sfida, rossa in faccia e ansimante, con un filo di saliva sulle labbra dopo quello sfogo.
Ethan pensò che ora capiva come un giovane soldato con la testa imbottita di propaganda poteva sentirsi quando, alla sua prima esperienza di combattimento, si trovava davanti la faccia odiata del suo nemico. Poco prima, in un momento di furore eroico, lui s’era gloriato della possibilità di colpire quella femmina, gli era parso di aver sempre saputo che a minacciare Athos era stata una di quelle creature maligne e subdole. Ma le cose non erano così semplici, e adesso lui si trovava lì con tutti i pezzi di quel rompicapo fra le mani, senza voler colpire nessuno. E per nulla eroico.