— Data l'identità di questo ostaggio, posso garantirti che loro interverranno. L'Imperatore di Barrayar, Gregor Vorbarra, è stato rapito. Io l'avevo trovato, poi l'ho perduto, e ora devo recuperarlo. Come potete immaginare, mi aspetto che il premio per la sua salvezza sia piuttosto sostanzioso.
La faccia di Tung passò dallo sbalordimento all'illuminazione. — Quel giovanottello magro e malconcio che stava con te… non mi dirai che quello era lui?
— Sì, proprio lui. E, detto fra noi, finora non ha molte ragioni per esserci grato: tu ed io l'abbiamo fatto finire dritto nelle mani della comandante Cavilo.
— Oh, merda! — Tung si grattò la testa calva. — Quella non ci pensa due volte a venderlo ai cetagandani.
— No. Cavilo ha in programma di riscuotere un lauto premio da Barrayar.
Tung aprì la bocca, la richiuse, alzò un dito. — Aspetta un momento…
— Sì, è complicato - concesse Miles con un sospiro. — Per questo intendo delegare la parte più semplice, cioè tenere il corridoio di transito, a te. Del recupero dell'ostaggio me ne occuperò io.
— Semplice, sì. I Mercenari Dendarii sono cinquemila. E dall'altra parte la flotta dell'Impero Cetagandano. Hai dimenticato la nobile arte del conteggio aritmetico, in questi quattro anni?
— Pensa alla gloria. Pensa a come brillerà il tuo nome. Pensa ai premi d'ingaggio che potrai chiedere in futuro.
— Il mio nome non brillerà neppure sul marmo di una lapide. Nessuno riuscirà mai a radunare i miei atomi polverizzati per seppellirli. Tu sei in grado di pagarmi un funerale come si deve, ragazzo?
— Di lusso. Con stendardi colorati e splendide ballerine discinte, e abbastanza birra da far galleggiare la tua bara fin nel Valhalla.
Tung sospirò. — Facciamo vino d'annata, per la bara. E fra le ballerine ci voglio almeno una rossa autentica, con gli occhi verdi. Be'… — Per un poco restò in silenzio, massaggiandosi la mandibola con una mano. — Il primo passo è di mettere la Flotta in stato di pre-allarme a un'ora, invece che a ventiquattro ore.
— Non è già così? — Miles si accigliò.
— Siamo sulla difensiva. Calcolavamo di avere almeno trentasei ore per prepararci a reagire a qualunque cosa arrivasse attraverso il Mozzo. O meglio, così calcolava Oser. Ci vorranno almeno sei ore per passare al preallarme di un'ora.
— Va bene, ma questo sarà il secondo passo. Il tuo primo compito è di dare un dolce bacetto sulla fronte del capitano Auson.
— Questo gli do sulla fronte! — gridò Tung agitando un pugno. — Non ti ho forse detto che quell'idiota…
— C'è bisogno di lui al comando della Triumph, mentre tu dirigi la tattica della Flotta. Non puoi fare due cose. E io non posso certo riorganizzare i quadri di comando a così breve distanza dall'azione. Se avessi una settimana… ma non ce l'ho. La gente di Oser dev'essere persuasa a mantenere il suo posto. E se avrò Auson — Miles unì le mani e le strinse, — potrò avere anche il resto. In un modo o nell'altro.
Tung grugnì un assenso, di malavoglia. — D'accordo. — Poi sul suo volto comparve un lento sogghigno, come una crepa nel granito. — Ma darò la paga di un mese se tu persuaderai lui a baciare Thorne.
— Un miracolo alla volta.
Il capitano Auson, che già quattro anni prima era un uomo corpulento, sembrava aver messo su un altro po' di peso ma per il resto non era cambiato. Entrò nell'alloggio di Oser, s'accorse che su di lui erano puntati due storditori e si fermò, mentre la sua espressione si faceva tempestosa. Quando però vide Miles, seduto sulla consolle della strumentazione (una mossa psicologica per avere la testa al livello di quella degli altri; su una sedia Miles temeva sempre di sembrare un bambino che avesse bisogno di un rialzo per sedersi alla tavola dei grandi), la sua rabbia lasciò il posto a uno sguardo inorridito. — Oh, Cristo! Non è possibile!
— Lo è, lo è — gli confermò Miles. I due mercenari armati di storditori, Chodak e l'altro uomo, si scambiarono un sogghigno ferino. — In effetti, stiamo per entrare in azione.
— Lei non può permettere che questo… — cominciò Auson, rivolto a Oser. S'interruppe. — Cosa avete fatto all'ammiraglio?
— Diciamo che il suo atteggiamento è stato ammorbidito. In quanto alla Flotta, è già mia. — Be', ci stava lavorando, comunque. — La domanda è: lei desidera stare dal lato vincente? Intascare un buon extra a cose fatte? Oppure dovrò dare il comando della Triumph al suo pari grado…
Auson si volse a guardare Tung e fece una smorfia.
— … capitano Bel Thorne?
— Cosa? — trasalì Auson. — Lei non può, e dico non può…
Miles lo interruppe, secco: — Ha già dimenticato come lei stesso è stato trasferito dalla Ariel al comando della Triumph?
Auson accennò verso Tung. — E lui?
— Nel contratto che ho firmato può essere inserita una clausola con cui la Triumph, come proprietà del commodoro Tung assegnata alla Flotta, sia considerata parte contraente. Con la stessa clausola Tung rinuncerà ai diritti finanziari sull'attività della nave. Io confermerò a Tung l'incarico di Capo dello Staff/Direttore Tattico, e a lei quello di comandante della nave ammiraglia Triumph. La sua paga, poiché è stata contrattata allorché lei aveva il comando della Ariel, sarà confermata finché continuerà a prestare servizio nella Flotta, di cui faranno parte entrambe le navi.
— Lei è d'accordo con tutto questo? — chiese Auson a Tung.
Miles guardò con fermezza l'eurasiatico, che non sembrava affatto convinto di quella soluzione. — Mmh, sì — borbottò infine Tung.
Il cipiglio di Auson si approfondì. — Non è soltanto la parte economica che… — Scosse il capo, incerto. — E le gratifiche per l'eventuale partecipazione attiva al combattimento? E le polizze d'assicurazione? Non sono certo che questo mi piaccia.
Chi disprezza, compra. - Desidera partecipare, o no?
Auson assunse un'espressione dura. — Accetto… se lui si scuserà pubblicamente con me.
— Cosa? Questo voltagabbana pensa che io…
— Sii cortese, Tung. Fai le tue scuse al comandante Auson — disse dolcemente Miles, — e chiudiamo questa faccenda. O mi costringerai a mettere al comando della Triumph un capitano che ancora non conosce la nave… e che tuttavia, fra le altre sue doti, ha quella assai apprezzabile di non discutere le mie istruzioni.
— Ovvio che non discute. Quel piccolo invertito betano si è preso una cotta per lei — sbottò Auson. — Sicuramente è già venuto a strusciarsi ai suoi pantaloni come una gatta in calore, ruffiano o innamorato che sia…
Miles sorrise e alzò una mano. — Calma, calma — disse a Elena, che aveva rinfoderato il suo storditore per passare a un distruttore neuronico. Puntato alla testa di Auson.
Il sorriso della giovane donna gli ricordava uno di quelli del sergente Bothari. O, peggio, un'espressione di Cavilo. — Non le ho mai detto, Auson, che il suono della sua voce mi dà molto fastidio? — ringhiò Elena.
— Lei non oserà sparare — disse l'uomo.
— Io non glielo impedirei — mentì Miles. — Dopotutto ho bisogno della sua nave. La soluzione più conveniente, anche se non l'unica, è che lei la comandi per me. Comunque, signori, il tempo stringe. — Il suo sguardo saettò sul nuovo Capo dello Staff/Direttore Tattico, incalzante come la lama di un coltello. — Tung?
Di malavoglia l'eurasiatico prese a scusarsi, iniziando col dare atto ad Auson delle sue doti personali: carattere, intelligenza, antenati da cui discendeva e aspetto fisico… finché il volto dell'altro si fece così scuro e minaccioso che Miles azzitti Tung a metà dell'elenco e gli impose di ricominciare daccapo. — E sii breve, per favore.
Tung fece un sospiro. — Auson, qualche volta lei è solo un piccolo egoista immorale, ma dannazione, in combattimento sa farsi valere. L'ho visto coi miei occhi. Nelle situazioni tattiche più schifose, ripugnanti e sventurate preferirei avere al fianco lei piuttosto che ogni altro capitano della Flotta.