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Thorne si grattò pensosamente una guancia. — A bordo di questa nave, sì. La Ariel è la più veloce della Flotta. Potrò stare alla larga dalla gratifica di Oser, se la prossima busta paga sarà quella che penso. — E fece un sogghigno.

Converrebbe fuggire verso Barrayar? No… Cavilo aveva ancora Gregor. Meglio fingere di seguire le sue istruzioni. Per un po' di tempo, almeno.

Miles trasse un lungo respiro e sedette con fermezza alla consolle di comunicazione nella plancia della Ariel. S'era fatto una doccia, e aveva avuto in prestito un'uniforme bianca e grigia dalla donna di più bassa statura a bordo della nave. Gli orli dei pantaloni erario ripiegati in un paio di stivali che gli andavano quasi a misura. La blusa mancava della protesi imbottita che avrebbe dato un taglio più regolare alle sue spalle, ma per farla modificare c'era tempo. Fece un cenno a Thorne. — Siamo in linea? D'accordo, passamelo su un videotelefono.

Uno sfarfallio di scariche, un ronzio, e il volto aquilino dell'ammiraglio Oser si materializzò su uno schermo bidimensionale. — Pronto? Cosa c'è di tanto… lei! — I suoi denti si chiusero con uno scatto quasi udibile. La sua mano destra, una chiazza sfocata quasi fuori campo, armeggiò con i controlli del video e batté qualcosa su una tastiera.

Stavolta non può tagliar corto ordinando di buttarmi nello spazio. Ma potrebbe non aver voglia di ascoltarmi. Meglio parlare in fretta.

Miles esibì un sorriso cordiale. — Buongiorno, ammiraglio Oser. Ho completato la valutazione delle forze di Vervain sul Mozzo Hegen, come le ho detto che intendevo fare. E la mia conclusione è che lei si trova in un brutto guaio.

— Com'è riuscito a mettersi in contatto? Questo canale è riservato — sbottò Oser. — Raggio ristretto, doppi codici… — Si volse a qualcun altro. — Ufficiale alle comunicazioni, rintracci l'origine di questa chiamata!

— Non si preoccupi, non avrà difficoltà a localizzarmi. Può tenermi in linea quanto vuole — disse Miles. — Ma il suo vero nemico è alla Stazione Vervain, non qui. Non su Pol, non nel Gruppo Jackson. E di certo non sono io. Noti che ho detto Stazione Vervain, non Vervain. Lei conosce la comandante Cavilo, la sua collega, dall'altra parte del sistema?

— Mi sembra di averla incontrata, una volta o due. — Nell'attesa che la sua squadra tecnica localizzasse la chiamata, Oser si mostrava guardingo.

— Un volto d'angelo e gli scrupoli di un tagliagole da strada?

Oser contrasse la bocca. — Vedo che anche lei l'ha incontrata.

— Oh, sì. Lei e io abbiamo avuto alcuni colloqui a cuore aperto. Li ho trovati… istruttivi. In questo momento la merce più importante che circola al Mozzo Hegen sono le informazioni. Le mie, comunque, lo sono. Desidero trattare un affare con lei.

Oser chiese una pausa alzando una mano e spense lo schermo. Quando riattivò la comunicazione era pallido di rabbia. — Comandante Thorne, questo è un ammutinamento!

Bel Thorne si spostò nel raggio delle telecamera e gli rivolse un sorriso smagliante. — Niente affatto, signore. Non è così. Stiamo solo tentando di salvarle il collo, sempreché lei ci permetta di farle questo favore. La invito ad ascoltare l'ammiraglio Naismith. Lui ha dei contatti che noi non abbiamo.

— Dei contatti, sicuro — ringhiò l'altro. — Maledetti betani, buoni solo a complottare insieme e…

— Se io combattessi contro di lei, ammiraglio Oser, o lei contro di me, perderemmo entrambi — disse in fretta Miles.

— Lei non può vincere — replicò l'uomo. — Non può portarmi via la Flotta. Non con la Ariel.

— La Ariel sarebbe solo la prima, se arrivassimo a questo. Ma voglio darle ragione, probabilmente non avrei la meglio. Ciò che io posso fare è rovinarla e niente più… dividere le sue truppe, renderla inutilizzabile per i suoi datori di lavoro. Ma in una battaglia di questo genere ogni mercenario ucciso, ogni astronave danneggiata, ogni pezzo d'equipaggiamento sprecato sarebbe una pura perdita. E nessuno vincerebbe davvero, a eccezione di Cavilo, la quale non spenderebbe nulla. Ed è precisamente per questo che lei mi ha mandato qui. Ora mi dica: quale profitto prevede di avere facendo esattamente ciò che il suo nemico desidera di più?

Miles aspettò, e riprese fiato. Le palpebre di Oser si stringevano e si riaprivano, come mandibole che ruminassero i suoi pensieri. — E lei che profitto ci trova? — domandò alla fine.

— Ah. Temo d'essere una pericolosa variabile in un calcolo di questo genere, ammiraglio. Io non ci sono dentro per profitto. — Miles sorrise. — Perciò non m'importa dei vantaggi e delle perdite altrui.

— Ogni informazione che lei abbia avuto da Cavilo è spazzatura — disse Oser.

Sta cominciando a trattare… l'ho agganciato. Miles mascherò la sua esultanza dietro un'espressione grave e preoccupata. — Tutto ciò che Cavilo dice va senz'altro preso con un grano di sale. Ma… le belle donne hanno sempre in mano armi a doppio taglio. E io ho scoperto il suo punto vulnerabile.

— Cavilo non ha punti vulnerabili.

— Oh, sì che li ha. La sua passione per l'utile, la fobia per ciò che non le dà un guadagno. I suoi interessi, insomma.

— Stento a vedere come ciò la renda vulnerabile, piuttosto che il contrario — ribatté Oser.

— È proprio per questo che lei ha bisogno di assumere me nel suo staff, e subito. A lei serve la mia visuale delle cose.

— Assumere lei! — Oser lo fissò sbalordito.

Be', se non altro l'aveva sorpreso. Anche questo era un obiettivo raggiunto, militarmente. — Se non sbaglio, il posto di Capo dello staff/Assistente Tattico è vacante, al momento.

L'espressione stupita di Oser lasciò il posto a una specie di rabbia sardonica, divertita. — Lei è pazzo.

— No, ho soltanto una fretta dannata. Ammiraglio, fra noi non è accaduto nulla di drastico e irrevocabile. Non ancora. Lei mi ha aggredito brutalmente, questo è certo, e ora si aspetta che io le restituisca il colpo. Ma io non sono qui in vacanza, e non ho tempo da sprecare per soddisfazioni improduttive come le vendette personali.

Oser lo scrutò a occhi socchiusi. — E Tung?

Lui si strinse nelle spalle. — Lo tenga pure in cella, per ora, se proprio vuole. Purché sia trattato bene, ovviamente. — Solo, non dirgli che ti ho detto questo.

— Supponiamo che io lo faccia fucilare.

— Ah… questo sarebbe irrevocabile. — Miles fece una pausa. — Voglio puntualizzare che tenendo in cella Tung è come se lei si legasse la mano destra prima della battaglia.

— Quale battaglia? Con chi?

— Questa è la sorpresa. La sorpresa che Cavilo sta preparando, anche se io ho elaborato un paio di idee al riguardo. Idee che vorrei condividere con lei.

— Vorrebbe? — La smorfia di Oser era quella di chi sta succhiando un limone, la stessa che Miles aveva visto ogni tanto sulla faccia di Illyan. Glielo fece apparire quasi più simpatico.

— Come alternativa alla mia assunzione — proseguì Miles, — potrei essere io ad assumere lei. Il mio… sponsor mi ha autorizzato a firmare contratti standard con forze mercenarie, con le solite clausole: buona paga, percentuale sugli utili, risarcimento danni, spese pagate, polizza d'assicurazione per chi la desidera e tutto il resto. — Illyan, ascolta le mie suppliche. - Non sarebbe in conflitto con gli interessi di Aslund. Ciò le consentirebbe di incassare da due datori di lavoro, senza cambiare bandiera. Il sogno di ogni mercenario.

— Quali garanzie può offrirmi?

— Sono io, mi pare, quello che ha diritto a certe garanzie, signore. Procediamo un passetto alla volta: io non organizzerò un ammutinamento, e lei la smetterà di farmi scaraventare fuori dai portelli stagni. Mi unirò a lei apertamente, senza nascondere la cosa a nessuno, e metterò a sua disposizione le informazioni di cui dispongo. — Quanto leggere gli sembravano le sue «informazioni» sulla brezza di quelle ariose promesse! Niente mappe, né dati tecnici, né movimenti di truppe, ma soltanto intenzioni: mutevoli topografie mentali di necessità, ambizioni e tradimenti. — Dobbiamo incontrarci e parlarne. I suoi punti di vista potrebbero perfezionare i miei. Poi stabiliremo una linea di condotta.

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