E ora tutto ciò che Oser sapeva lo sapeva anche Cavilo: l'intero guazzabuglio di menzogne, errori e verità. Perciò, se Gregor le aveva mentito e intendeva continuare a mentirle, la reazione della bionda avrebbe potuto essere feroce. C'era quasi da augurarsi che Gregor si fosse davvero innamorato di lei. Miles si sentiva la testa così piena di domande angosciose che avrebbe voluto ubriacarsi e non pensare più a niente.
Due guardie vennero a svegliarlo a metà del ciclo notturno e gli ordinarono di vestirsi. Dunque s'erano decisi a torchiarlo? Miles ripensò al balbettante tenente oserano ed ebbe un fremito. Insisté per lavarsi la faccia, poi indossò con deliberata lentezza la tuta da fatica dei Rangers per rallentare il più possibile la sua uscita di cella, finché i due cominciarono a battere minacciosi colpetti sui loro sfollagente-storditori. Anche lui da lì a poco sarebbe stato un balbettante imbecille. E tuttavia, a quel punto, sotto l'effetto del penta-rapido cosa poteva dire che rendesse le cose peggiori? Da quanto ne sapeva lui, Cavilo aveva già il quadro completo della situazione. Si scrollò di dosso le mani dei due uomini e li precedette fuori, con tutta la scarsa dignità che ancora riusciva a mostrare.
Fu scortato lungo i corridoi in penombra e fatto salire su un ascensore che si riaprì davanti a una targa: PONTE G. I suoi sensi si tesero di colpo. Gregor doveva essere alloggiato proprio lì. Le guardie lo fecero fermare di fronte a una cabina contrassegnata 10-A e uno di loro batté un codice sulla tastiera della serratura, per identificarsi. La porta scivolò di lato.
Cavilo sedeva a una consolle di comunicazioni, sotto un cono di luce azzurrina che spandeva vaghi riflessi ultravioletti sui suoi capelli platinati. Quello doveva essere l'ufficio, adiacente all'alloggio privato, della comandante. Miles aguzzò lo sguardo nella penombra della stanza in cerca dell'Imperatore. Lo riportò su di lei e notò che malgrado l'ora tarda indossava la sua solita uniforme sexy-militaresca da lavoro. Aveva anche l'aria stanca. Se non altro, si disse, lui non era il solo a dormire poco e male in quel periodo. Cavilo poggiò lo storditore sulla consolle, a portata di mano, e licenziò le guardie. Nelle vicinanze non c'era traccia di ipospray, ma quello che Miles sentiva nell'aria non era l'odore del penta-rapido. La bionda emanava un profumo intenso, non lo stesso — a quel ricordo lui deglutì a vuoto — che aveva il giorno in cui gli si era presentata come Livia Nu.
— Si accomodi, Lord Vorkosigan.
Miles sedette sulla sedia che gli era stata indicata, e attese. Cavilo lo studiò con sguardo calcolatore. Il suo profumo era forte, così pungente da fargli prudere le narici, e tuttavia anche tanto femminile che d'un tratto lui si accorse di non vedere più alcun pericolo in quella situazione. Ne fu irritato con se stesso. Reprimere il bisogno di grattarsi il naso gli costò uno sforzo, ma era un gesto di debolezza che non voleva fare di fronte a a quella donna.
— Il suo Imperatore è in un brutto guaio, piccolo Lord Vor. Se lei vuole salvarlo non ha che un modo: tornare dai Mercenari Oserani e riprenderne il comando. Quando avrà fatto questo riceverà ulteriori istruzioni.
Miles restò a bocca aperta. — Chi lo minaccia? — ansimò. — Lei?
— Niente affatto! Greg mi è molto caro… è l'uomo della mia vita. Io lo amo, e farei qualsiasi cosa per lui. Rinuncerei perfino alla mia carriera. — Annuì fra sé, appoggiandosi all'indietro. Miles piegò gli angoli della bocca, ma più per controllare il prurito che per sorridere. — Se lei scegliesse una linea di condotta che non fosse quella di seguire le mie istruzioni alla lettera, be'… questo causerebbe immediatamente a Greg dei guai inimmaginabili. Da parte dei suoi peggiori nemici.
Peggiori di te? E chi sarebbero? - Perché vuole che io torni al comando dei Mercenari Dendarii?
— Non posso dirglielo. — Ebbe un sorrisetto, divertita per un motivo che capiva lei sola. — Sarà una sorpresa.
— Che genere di assistenza può darmi in questa missione?
— Un passaggio fino alla Stazione Aslund.
— E cos'altro? Truppe, armi, astronavi, denaro?
— Mi è stato detto che lei sa cavarsela soltanto con le sue brillanti doti. Vedremo se questo è vero.
— Oser mi farà uccidere. Ci ha già provato una volta.
— È un rischio che io devo correre.
Davvero generoso questo «io», signora. - Si direbbe che lei voglia farmi eliminare — la accusò Miles. — E se invece riuscissi nell'impresa?
— La chiave di ogni strategia, caro signore — spiegò con pazienza lei, — non è di scegliere un percorso vincente, ma di predisporre in modo che tutti i percorsi possibili siano vincenti. Teoricamente la sua morte può avere un utile, e così anche il suo successo. Voglio sottolineare che un suo tentativo di contattare Barrayar sarebbe considerato molto controproducente. Molto.
Grazioso, come concetto di strategia. Miles si propose di tenerlo a mente. — Lasci che a darmi il via per questa missione sia il mio comandante supremo, allora. Mi permetta di parlare con Gregor.
— Questo, diciamo, sarà il suo premio se avrà successo.
— L'ultima persona a cui lei ha promesso questo genere di premio si è preso un colpo alla nuca per la sua credulità. Che ne dice di risparmiare tempo e ammazzarmi fin d'ora? — Sbatté le palpebre. Il prurito al naso era così insopportabile da fargli lacrimare gli occhi, ma grattarselo apertamente non era dignitoso.
— Non voglio spararle, stia tranquillo. — Cavilo inclinò la testa, stupita e accigliata. Poi si alzò in piedi. — Santo cielo, Lord Vorkosigan, non mi aspettavo che lei si mettesse a piangere.
Lui storse il naso e fece per sollevare una mano, in un vago gesto d'impotenza. Con una smorfia sprezzante Cavilo tolse un fazzoletto di tasca e glielo gettò. Il tessuto era impregnato dello stesso pungente profumo, ma Miles aveva il fiato mozzo: lo afferrò e se lo premette sulla faccia prima ancora di accorgersene.
— La smetta di frignare, razza di codardo. Non ha un minimo… — La sua disgustata osservazione fu interrotta dal rumore con cui lui si soffiava il naso, in cinque o sei energiche riprese.
— Non sto piangendo, stupida puttana! Sono allergico al suo maledetto profumo! — ansimò Miles scaraventando via il fazzoletto, e continuò a sfregarsi il naso su una manica della tuta.
Lei si portò una mano alla fronte e scoppiò a ridere; una risata genuina, non uno dei suoi soliti manierismi. Finalmente quella era la vera, spontanea Cavilo. Miles aveva visto giusto: il suo senso dell'umorismo era alquanto distorto. — Oh, caro — cinguettò. — Non immaginavo che lei fosse così delicato. In effetti c'è chi apprezza questo, uh… be', non importa. È sicuro di sentirsi bene?
Miles non rispose. I suoi seni paranasali erano saturi di muco, e ora se lo sentiva anche scendere in gola. La bionda scosse il capo e andò a battere qualcosa sulla sua consolle.
— Meglio che lei cominci ad avviarsi, Lord Vorkosigan, prima che la sua crisi si aggravi — gli disse. — Può partire subito.
Lui si passò una mano sulla faccia, e il suo sguardo annebbiato di lacrime cadde sulle pantofole che aveva ai piedi. — Posso almeno avere un paio di scarpe decenti per questo viaggio?
Lei lo esaminò, con un sogghigno. — Sciocchezze — decise. — Credo che lei starà più comodo con la roba che ha indosso.
— Su Stazione Aslund questa uniforme mi procurerà un'accoglienza più ostile di quella di un gatto in un canile — protestò lui. — C'è il rischio che mi sparino a vista, per errore.
— Loro per errore, io di proposito… cielo, con con facilità lei s'immagina protagonista di scene emozionanti. — Gli passò davanti e andò ad aprire la porta.
Lui stava ancora sbuffando dal naso quando la sua scorta lo condusse via. Cavilo non aveva smesso di ridacchiare.