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— Glielo ripeto — disse pazientemente Metzov, come se sapesse di avere tutto il tempo del mondo. — Perché lei si trova qui in compagnia dell'Imperatore?

— Lei che ne pensa? — replicò Miles, dicendosi che di tempo ne aveva parecchio anche lui.

— Un complotto politico, ovviamente. — Metzov scrollò le spalle.

Miles sbuffò. — Ovviamente? Ma non mi faccia ridere! — Fece un gesto sprezzante. — E secondo lei quale folle complotto politico potrebbe esserci dietro il nostro arrivo qui, noi due soli, da Aslund? Lei ci vede forse una manovra occulta? — Un paranoico di professione sì, ce la vede eccome. - Se è così mi dica pure quale, mi piacerebbe saperlo.

— Mmh… — ponderò Metzov, suo malgrado coinvolto. — Lei è riuscito a separare l'Imperatore dalla sua scorta, eh? Lei stava progettando un assassinio piuttosto elaborato, oppure aveva in programma una forma di lavaggio cerebrale per il controllo della personalità.

— Questo è il primo logico sospetto che le viene in mente, eh? Molto intuitivo. — Miles si appoggiò con le spalle alla paratia e scosse il capo.

— O forse state svolgendo una segreta… e quindi disonorevole, missione diplomatica. L'Imperatore si sta vendendo.

— In questo caso, dov'è la sua scorta? — disse Miles.

— Già. Allora la mia prima ipotesi è quella giusta.

— In questo caso, dov'è la mia scorta? — ribatté lui.

— Un complotto dei Vorkosigan… no, l'ammiraglio è da escludersi. Ha sempre controllato Gregor fin da bambino, in casa sua…

— Grazie. Speravo che questo fatto le fosse evidente.

— Allora il complotto segreto di una piccola mente malata. Lei sta sognando di diventare Imperatore di Barrayar, mutante?

— A volte ho quest'incubo, infatti. Perché non chiede a Gregor cosa ne pensa?

— Non importa. In infermeria basterà un'iniezione a farle sputare tutti i suoi segreti, appena Cavilo autorizzerà l'interrogatorio. È una vergogna che il penta-rapido sia stato inventato. Mi sarebbe piaciuto spezzarle un osso dopo l'altro fino a farla parlare. O magari urlare. Disteso su un tavolaccio non avrebbe suo padre dietro cui nascondersi. — Sogghignò. — Qui non è nella sua ricca tenuta sul lago, eh, Vorkosigan? — Poi assunse un'aria pensosa. — Forse lo farò lo stesso. Un osso al giorno, finché non ne avrà più uno intero.

In un corpo umano ci sono 206 ossa. 206 giorni. Illyan dovrebbe riuscire a rintracciarci, in 206 giorni. Miles ebbe un sorrisetto melenso.

Metzov sembrava però troppo pigro e rilassato per alzarsi e cominciare subito col primo osso. Quella conversazione speculativa non poteva considerarsi un vero interrogatorio. Ma se non intendeva interrogarlo, né vendicarsi con un po' di tortura, perché era venuto lì?

La sua amante lo ha scaricato, si sente solo e fuori posto qui, e vuole qualche faccia nota con cui parlare. Anche la faccia di un nemico. Era sgradevolmente comprensibile. Dal tempo della conquista di Komarr l'uomo non doveva esser mai uscito da Barrayar; una vita spesa nel limitato ambiente militare, sicuro, prevedibile, dove la meccanica dei regolamenti non consentiva sorprese. E ora quell'uomo così rigido era alla deriva, di fronte a scelte più libere di quanto avesse mai immaginato. Dio, il maniaco ha nostalgia. Intuirlo gli diede un brivido.

— Sto cominciando a pensare di averle accidentalmente procurato delle ottime occasioni professionali — disse. Se Metzov era di umore discorsivo, perché non incoraggiarlo? — La comandante Cavilo è assai più attraente dei suoi vecchi colleghi.

— Così pare.

— E il suo stipendio è più alto?

— Chiunque paga meglio del Servizio Imperiale — sbuffò Metzov.

— Senza contare che sull'isola Kyril ogni giorno era uguale al precedente. Qui lei non si annoia di certo, senza mai sapere cosa le porterà il domani. Oppure la comandante si confida con lei?

— Io sono essenziale per la sua strategia.

— Anche strategia da camera da letto, eh? Molti anni fa lei era nelle truppe d'assalto, ma scommetto che il vecchio istinto di andare alla carica è ancora forte… contro certi avversari.

Metzov ebbe un sorrisetto storto. — Ora lei sta diventando ovvio, Vorkosigan.

Miles scrollò le spalle. In tal caso sono l'unica cosa ovvia, qui dentro. - Da quanto ricordo, lei non ha molta considerazione per le donne in uniforme. Sembra che Cavilo le abbia fatto cambiare opinione.

— Non del tutto. — Metzov si grattò la mandibola, accigliato. — Mi aspetto di avere il comando dei Randall Rangers entro sei mesi.

— Questa cella non è monitorata? — si stupì Miles. Non che gli importassero i guai in cui Metzov poteva mettersi, anzi…

— Non in questo momento.

— Cavilo ha idea di ritirarsi, allora?

— Ci sono diversi modi per accelerare il suo ritiro. L'incidente fatale che Cavilo organizzò a suo tempo per Randall è un buon esempio. Potrei perfino trovare il modo di farla processare, visto che è stata così stupida da vantarsi di averlo ammazzato mentre erano a letto insieme.

Quella non era una vanteria, signor mio, era un avvertimento. Miles provò un attimo di vertigine nel tentativo d'immaginare Metzov e Cavilo a letto insieme. — Voi due avete molto in comune. Non c'è da meravigliarsi che vi siate subito intesi.

Il sorrisetto di Metzov si spense. — Io non ho niente in comune con quella cagnetta mercenaria. Io ero un ufficiale imperiale. — Gonfiò il petto. — Trentacinque anni di carriera. E hanno osato cacciarmi. Be', presto scopriranno quale errore sia stato. — Gettò uno sguardo al suo orologio. — Ancora non capisco perché lei sia venuto qui. È sicuro che non ci sia qualcosa che vuole dirmi, privatamente, prima che domani Cavilo le faccia raccontare tutto con una dose di penta-rapido?

Cavilo e Metzov, decise Miles, dovevano essersi accordati sul vecchio sistema d'interrogatorio il-buono-e-il-cattivo. Solo che non s'erano intesi sui particolari e stavano recitando entrambi la parte del cattivo. — Se lei vuole davvero ottenere dei vantaggi, porti l'Imperatore al consolato di Barrayar. O almeno li informi che si trova qui.

— A suo tempo forse lo faremo. Quando ci saranno le condizioni adatte. — Gli occhi di Metzov si strinsero, studiando Miles, e in fondo ad essi tornò a palpitare il barlume rossastro del suo rancore. Dopo una ventina di secondi di silenzio teso chiamò la guardia col comunicatore da polso e uscì, senza altre minacce che un freddo: — Ci vediamo domani, Vorkosigan — abbastanza sinistro.

Neppure io capisco la tua presenza qui, pensò lui, mentre la porta si chiudeva e all'esterno risuonava il bip-bip della serratura a combinazione. Chiaramente la flotta mercenaria aveva in programma anche un attacco in superficie. Che i Randall Rangers volessero installare una testa di ponte per un'invasione ad opera dei vervani? Cavilo s'era incontrata in segreto con un potente personaggio del Gruppo Jackson. Perché? Per garantirsi la neutralità dei confederati durante il conflitto ormai prossimo? Questo sembrava logico, ma perché i vervani non avevano trattato direttamente? Si tenevano al coperto per poter negare gli accordi di Cavilo, nel caso che qualcuno li avesse scoperti e denunciati prima del tempo?

E chi, o cosa, era il loro obiettivo? Non la Stazione Confederata, ovviamente, né il corridoio di transito per il Gruppo Jackson a cui apparteneva. Questo lasciava Aslund e Pol. Aslund, in fondo al suo vicolo cieco, strategicamente non era una gran tentazione. Meglio dunque occuparsi prima di Pol, tagliar fuori Aslund dal Mozzo (con la collaborazione dei confederati) e disporre poi di quel pianeta dopo averlo così indebolito. Ma Pol aveva alle spalle Barrayar, a cui nulla sarebbe stato più gradito di un'alleanza con il nervoso vicino che poteva dargli modo di mettere una mano imperiale sul Mozzo Hegen. Un attacco aperto avrebbe gettato Pol nelle ansiose braccia dei barrayarani. Aslund era dunque un bersaglio più probabile, ma…

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