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— Guarda che neanche io ne so niente — precisò Mayhew. — Mi fido dell'istinto di Elena. Giuramento a parte, dico.

— Siete mercenari o gente che segue ciecamente il suo istinto?

— C'è una differenza? — sogghignò Miles.

— Venendo qui ci hai fatto uscire allo scoperto — replicò Tung. — Pensaci! Noi ti aiutiamo, tu tagli la corda e ci lasci esposti alla reazione di Oser. Come agisce quando ha paura l'hai appena visto. Abbiamo già agitato troppo le acque. Ormai l'unica sicurezza sta nella vittoria, non nelle mezze misure.

Miles guardò dolorosamente Elena. Dopo le sue ultime esperienze non aveva difficoltà ad immaginarla mentre un paio di scagnozzi la prelevavano dalla sua cabina per gettarla fuori da un portello. Tung notò con soddisfazione che il sottinteso aveva avuto su Miles l'effetto voluto. Elena gettò a Tung un'occhiata incerta.

Gregor si agitò nervosamente. — Io penso che… potreste essere accolti come rifugiati politici, su Nostra richiesta. — Miles vide che Elena aveva sentito (a differenza degli altri due, ovviamente) la N di quel plurale maiestatis. — Possiamo fare in modo che non abbiate a soffrirne. Finanziariamente, almeno.

Elena annuì, mostrandosi d'accordo. Tung la fissò a denti stretti, poi girò un pollice verso Gregor. — Senti un po', chi diavolo è questo tipo? — Lei scosse il capo e non rispose.

Tung gli rivolse una smorfia. — Figliolo, non per offenderti, ma così a vederti non so come potresti aver cura di noi. Tutt'al più dei nostri cadaveri, magari.

— Abbiamo rischiato di farci ammazzare per molto meno — disse Elena.

— Per molto meno di cosa? — scattò Tung.

Mayhew controllò la strumentazione di bordo e poi s'infilò un auricolare. — È tempo di decidere, gente.

— Questa navetta può attraversare il sistema? — chiese Miles.

— No. Non abbiamo abbastanza carburante — disse Mayhew, in tono di scusa.

— È troppo lenta, e male armata — aggiunse Tung.

— Allora dovrete farci salire su una nave da trasporto, aggirando in qualche modo la polizia doganale della Stazione Aslund — disse Miles, in tono infelice.

Tung guardò le facce di quel piccolo recalcitrante comitato e sospirò. — Le misure di sicurezza sono più strette per chi arriva che per chi parte. Forse sarà possibile. Portaci dentro, Arde.

Dopo che Mayhew ebbe attraccato con la navetta da carico in uno dei moli interni della Stazione Aslund, Miles e Gregor restarono in cabina di pilotaggio e si tennero bassi, in modo da non farsi scorgere dall'esterno. Gli altri due uscirono per «Vedere cosa si poteva fare» come aveva promesso Tung, secondo Miles vagamente e senza alcun entusiasmo. Lui sedette su una delle poltroncine, senza altra occupazione che mordicchiarsi cupamente le unghie e sobbalzare a ogni clangore, sibilo o ticchettio del robot che stava caricando i rifornimenti per i mercenari dall'altra parte dello scafo. Sul profilo di Elena, notò con invidia, non c'era alcun sintomo di nervosismo. Una volta l'amavo, Oggi chi è diventata?

Era possibile decidere di non amare più la ragazza di un tempo, o di non innamorarsi ancora di questa nuova persona? Forse sì. Elena sembrava più dura, anche più spontanea — il che era bene — ma nei suoi modi c'era qualcosa di aspro, di amaro. Anche verso di lui. E quell'asprezza lo feriva.

— Ti sei trovata bene? — le domandò, esitante. — A parte lo scherzo che vi ha giocato Oser, voglio dire. Tung è stato comprensivo con te? Doveva essere lui il tuo maestro… insegnarti sul lavoro quello che io imparavo in teoria all'Accademia.

— Oh, per questo è un buon maestro. Mi ha fatto studiare un po' di tutto, dalle tattiche di combattimento alla storia militare… sono in grado di cavarmela in molte situazioni, ora: cartografia, servizio di pattuglia, logistica, armi, tecniche di assalto o sganciamento. Anche atterraggi e decolli d'emergenza con una navetta, se non fai caso a qualche scossone. Posso quasi meritare il grado che mi è stato dato, almeno per quanto riguarda le necessità spicciole della flotta. A lui piace insegnare quello che sa.

— Mi sembra che ci sia un po' di tensione fra voi.

Lei scosse il capo. — Tutti sono un po' tesi, di questi tempi. Non è possibile trovarsi bene «a parte» quello che ha fatto Oser ai quadri di comando. Anche se… suppongo di non aver perdonato Tung per essersi lasciato giocare. Una volta credevo che non sbagliasse mai.

— Già. Be', sono in molti a sbagliare di brutto in questo periodo — disse Miles, a disagio. — Ah… come sta Baz? — E tuo marito ti tratta bene? avrebbe voluto chiederle, ma si trattenne.

— Baz sta bene — disse lei con aria infelice. — Ma è scoraggiato. Queste lotte per il potere non sono per lui, lo disgustano, credo. In fondo all'anima è un tecnico appassionato del suo lavoro, e non gli interessa altro… Tung ha insinuato che se non si fosse sepolto nella sezione ingegneria avrebbe potuto prevedere, anzi impedire, la presa di potere di Oser, e combattere. Ma io penso che non lo avrebbe fatto. Baz non si abbasserebbe alla zuffa, ad azzannarsi con Oser per il suo osso. Così si è ritirato dove può comportarsi secondo il suo concetto di onestà… finché ci riesce. Questo scisma sta avvelenando il morale di tutti, mercenari e ufficiali.

— Mi dispiace — disse Miles.

— Questo è il minimo, da parte tua. — La voce di lei s'era fatta ancor più secca e dura. — Baz sente di averli deluso, ma tu hai deluso noi per primo, quando te ne andasti. Non potevi aspettarti che mantenessimo le nostre illusioni in eterno.

— Illusioni? — disse Miles. — Io sapevo… che per voi non sarebbe stato facile. Ma pensavo che tu e Baz poteste… adattarvi. Fare dei mercenari qualcosa di vostro.

— I mercenari possono bastare a Tung, forse. Anch'io credevo che sarebbero andati bene per me, certo, finché non ci trovammo a dover ammazzare per vivere… io detesto Barrayar, ma meglio servire Barrayar che nessun altro, o il proprio ego.

— E Oser chi serve? — domandò Gregor, curioso, inarcando le sopracciglia a quella contrastante affermazione sul pianeta che era la loro patria.

— Oser serve Oser. La flotta, dice lui. Ma la flotta serve Oser, così è solo un circolo vizioso. — Elena ebbe un gesto irritato. — La flotta non è una patria. Non ci sono case, terra, bambini… è sterile. E non m'importa di aiutare o no Aslund, anche se ne ha bisogno. È un pianeta povero, minacciato, spaventato.

— Tu e Baz, e Arde, avreste potuto andarvene e trovare di che vivere bene da qualche altra parte — disse Miles.

— E come? — esclamò Elena. — Tu ci avevi affidato i Dendarii. Baz ha già disertato una volta in vita sua. Non lo farebbe mai più.

Tutta colpa mia, pensò Miles. Meraviglioso.

Elena si volse a Gregor, che nel sentir parlare di andarsene e di disertare aveva assunto un'espressione rigida, guardinga. — Tu non mi hai ancora detto cosa stai facendo qui, e non lo capisco. Si tratta forse di una qualche segreta missione diplomatica?

— Sarà meglio che tu glielo spieghi — lo consigliò Miles, cercando di non sogghignare. Sì, spiegale come sei sceso da quel balcone, di ramo in ramo.

Gregor fece spallucce, evitando lo sguardo che Elena gli teneva inchiodato fermamente sul volto. — Come Baz, ho disertato. E come Baz, ho scoperto che non c'erano i miglioramenti in cui avevo sperato.

— Ora capisci perché è così urgente riportare Gregor in patria — disse Miles. — Stanno pensando che sia stato rapito, o addirittura ucciso. — In poche parole le diede un resoconto del loro incontro casuale nel carcere della Stazione Aslund.

— Dio mio. — Elena s'era scurita in viso. — Capisco che per te è urgente, certo. Se gli succedesse qualcosa mentre è in tua compagnia, quindici partiti politici griderebbero al complotto. Come minimo saresti sospettato di alto tradimento.

— È un pensiero che ho già contemplato — grugnì Miles.

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