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— … per Dio! Ehi, voi là dentro… rispondete!

— Sì, che cosa volete? — chiese Silver.

Ci fu una pausa piena di scoppiettii. — Perché non rispondevate?

— Non sapevo che la chiamata fosse rivolta a me — rispose con molta logica.

— Già, be’… quella navetta mercantile è proprietà della GalacTech.

— E anch’io. Allora?

— Eh?… Senta, signora, qui è il sergente Fors della Sicurezza della GalacTech. Dovete sbarcare e consegnarci la navetta.

Una voce in sottofondo, non proprio soffocata, si informò: — Ehi, Bern… pensi che avremo il dieci per cento per il recupero di proprietà rubate su questa navetta?

— Continua a sognare — borbottò un’altra voce. — Nessuno ci darà mai un quarto di milione.

La signora Minchenko alzò una mano e si sporse in avanti per intervenire con voce tremula: — Giovanotto, sono Ivy Minchenko. Mio marito, il dottor Minchenko, ha requisito questo velivolo per rispondere a un’emergenza medica. Non solo è suo pieno diritto, ma è anche suo dovere legale, e il regolamento della GalacTech le impone di aiutarlo, non di ostacolarlo.

Un grugnito sconcertato salutò quelle parole. — Io devo riportare indietro questa navetta, questi sono i miei ordini. Nessuno mi ha detto niente di un’emergenza medica.

— Be’, glielo sto dicendo io!

Di nuovo la voce sullo sfondo: — … sono solo due donne! Avanti!

Il sergente: — Volete aprire il portello?

Silver non rispose. La signora Minchenko sollevò un sopracciglio in una muta domanda, ma Silver scosse il capo. Madame Minchenko sospirò e annuì.

Il sergente ripeté la sua richiesta, con tono sempre più alterato, trattenendosi a stento dall’imprecare. Dopo qualche minuto, smise.

Trascorsi altri cinque minuti, le porte del veicolo si aprirono verso l’alto e tre uomini muniti di respiratori, scesero, avanzarono di qualche passo e si fermarono a fissare i portelli della navetta che si trovavano in alto sopra di loro. Ritornarono al veicolo, salirono… il veicolo compì un’inversione. Se ne stavano andando? Silver se l’augurò contro ogni speranza. No, il veicolo avanzò, venendo a fermarsi sotto il portello anteriore della navetta. Due degli uomini frugarono nella parte posteriore, cercando degli attrezzi, e poi salirono sul tetto della macchina.

— Hanno degli arnesi da taglio — disse allarmata Silver. — Vogliono provare ad entrare tagliando la lamiera.

Una serie di colpi risuonò sulla navetta.

Con un cenno del capo, Madame Minchenko indicò la saldatrice laser. — È arrivato il momento di usarla? — chiese impaurita.

Silver scosse la testa con aria infelice. — No, non un’altra volta. Ma non posso neppure lasciare che danneggino la nave… deve poter volare nello spazio, altrimenti non potremo tornare a casa.

Aveva osservato Ti… trasse un profondo respiro e afferrò i comandi del velivolo. I pedali erano difficili da manovrare, doveva farne a meno. Motore di destra, acceso; motore di sinistra, acceso… un sommesso ronzio scosse la nave. I freni… là, certo. Tirò dolcemente la leva in posizione di rilascio. Non accadde nulla.

Poi la navetta balzò in avanti. Spaventata per quel movimento brusco, Silver tirò di nuovo indietro la leva e la nave si fermò sobbalzando. Scrutò ansiosamente la veduta esterna trasmessa dal monitor. Dove…?

La superficie portante di sinistra della navetta era passata sopra il tetto del veicolo mancandolo di appena mezzo metro. Con un brivido, Silver capì che prima di muoversi avrebbe dovuto controllare l’altezza. Avrebbe potuto scardinare l’ala, con conseguenze che non voleva neppure immaginare.

Le guardie della Sicurezza non si vedevano da nessuna parte… no, eccole là sparpagliate sul lago in secca. Una di esse si alzò da terra, ritornando verso il veicolo. E adesso? Se fosse rimasta ferma, o anche se si fosse spostata più in là, per poi fermarsi, ci avrebbero riprovato. Non sarebbero stati necessari molti tentativi prima che si facessero furbi e sparassero alle ruote della navetta o cercassero di immobilizzarla in qualche altro modo. Una situazione di stallo molto precaria.

Silver si succhiò il labbro inferiore. Poi, sporgendosi in avanti in un sedile che non era certo stato progettato per i quad, mollò i freni a metà e aumentò i giri del motore di sinistra. La navetta scivolò di qualche metro in avanti, sbandando vistosamente. Il monitor mostrò dietro di loro l’immagine del veicolo per metà oscurato da una nuvola di polvere arancione sollevata dagli scarichi, tremolante per il calore emesso dai motori.

Tirò i freni al massimo e ancora una volta aumentò i giri del motore di sinistra. Il ronzio divenne un gemito… Silver non osava tramutarlo nell’urlante frastuono prodotto da Ti durante l’atterraggio, perché in quel caso, chissà cosa sarebbe potuto succedere.

Il rivestimento di plastica del veicolo si incrinò e cominciò a piegarsi. Se Leo aveva avuto ragione nel descrivere l’idrocarburo usato per rifornire i veicoli di terra, tra pochi secondi avrebbe dovuto ottenere…

Una palla di fuoco giallo avvolse il veicolo, brillando per un attimo con un’intensità maggiore del sole al tramonto. Volarono pezzi in ogni direzione, arcuandosi e rimbalzando in modo spettacolare nel campo gravitazionale. Uno sguardo al monitor rivelò a Silver che gli uomini stavano fuggendo nella direzione opposta.

Diminuì il numero di giri nel motore di sinistra, allentò i freni e lasciò che la navetta rullasse in avanti sul fango rappreso e duro. Per fortuna, il vecchio lago prosciugato era una distesa abbastanza uniforme, così non ebbe bisogno di preoccuparsi di sottigliezze di guida come le sterzate improvvise.

Uno degli uomini della Sicurezza le inseguì per un minuto o due, agitando le braccia, ma presto rimase distanziato. Silver lasciò che la navetta rullasse per un paio di chilometri, poi frenò di nuovo e spense i motori.

— Bene — disse con un sospiro, — e con questo ci siamo liberati di loro.

— Non c’è dubbio — rispose Madame Minchenko debolmente, regolando l’ingrandimento sul monitor per dare un’ultima occhiata alle loro spalle. Una colonna di fumo nero ed un alone arancione che andava smorzandosi nelle prime ombre del crepuscolo, indicava il luogo in cui si erano fermati in precedenza.

— Spero che almeno i respiratori fossero pieni — aggiunse Silver.

— Oh, santo cielo — esclamò la signora Minchenko. — Forse dovremmo tornare indietro e… fare qualcosa. Ma certo avranno il buon senso di restare accanto alla macchina in attesa di soccorsi, senza andarsene in giro per il deserto. I video per le operazioni di salvataggio della Compagnia lo raccomandano sempre. «Restate con il vostro veicolo e attendete le squadre di Ricerca e Salvataggio».

— Non dovrebbero essere loro la Ricerca e Salvataggio? — Silver studiò le minuscole immagini sullo schermo. — Non resta molto del veicolo, ma sembra che tutti e tre intendano restare lì. Be’… — scosse il capo. — Tornare indietro a prenderli è troppo pericoloso. Quando il dottore e Ti torneranno con Tony, forse le guardie della Sicurezza potranno prendere il suo fuoristrada e tornarsene con quello. Se nel frattempo non arriva nessuno.

— Oh! — convenne la signora Minchenko, — è vero. Buona idea. Mi sento più sollevata. — Scrutò intenta il monitor. — Poveri ragazzi!

Ghiaccio.

Dalla cabina di controllo sigillata da cui si dominava il vano di carico merci dell’Habitat, Leo osservò quattro quad in tuta pressurizzata che spostavano dall’esterno il riflettore di vortice intatto preso dalla barra Necklin del D-620. Il riflettore era un oggetto ingombrante da maneggiare, in pratica un enorme imbuto di titanio, largo tre metri e spesso un centimetro ai bordi, curvato con precisione matematica e dello spessore di due centimetri nella depressione centrale. Una curva deliziosa, ma assolutamente insolita, un fatto questo di cui gli schemi di fabbricazione di Leo dovevano per forza tener conto.

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