— Ti prego, Silver, parla prima che arrivino. Non posso aiutarli, se…
Era troppo tardi: Van Atta e la dottoressa irruppero nella stanza.
— Silver, sai dove sono andati Tony e Claire? — chiese la dottoressa Yei senza fiato. Leo si ritrasse in un silenzio riservato, apparentemente interessatissimo ad osservare la delicata struttura di un bocciolo bianco di fagiolino.
— Certo che lo sa — ringhiò Van Atta, prima che Silver potesse rispondere. — Quelle ragazze si tengono bordone, te lo dico io…
— Oh, lo so - mormorò la dottoressa.
Van Atta si rivolse di scatto a Silver. — Sputa l’osso, Silver, se davvero sai quello che ti conviene.
Silver chiuse la bocca, stringendo con fermezza le labbra, e sollevò il mento.
Alle spalle del suo superiore, la dottoressa Yei alzò lo sguardo al cielo. — Senti, Silver — disse in tono conciliante, — non è questo il momento di giocare. Se, come sospettiamo, Tony e Claire hanno cercato di lasciare l’Habitat, adesso potrebbero trovarsi in guai seri, anche in pericolo di vita. Mi fa piacere che tu senta il desiderio di essere leale con i tuoi amici, ma ti prego, fa che sia una lealtà responsabile… gli amici non lasciano che altri amici si facciano del male.
Il dubbio comparve nello sguardo di Silver e lei socchiuse le labbra, sul punto di parlare.
— Maledizione — gridò Van Atta, — io non ho tempo di stare a circuire questa piccola stronza con paroline dolci. Quella infida creatura che manda avanti le Operazioni, in questo preciso istante sta aspettando che abbia inizio lo spettacolo. Comincerà a fare delle domande e se non avrà immediatamente delle risposte, verrà a cercarsele da sola. Di tutti i momenti che si potevano scegliere per commettere un’idiozia, questo è certo il peggiore. Qualcuno deve averlo fatto apposta. Niente di così disastroso può essere avvenuto per caso.
Il suo viso paonazzo e congestionato dall’ira stava avendo il consueto effetto su Silver: sentiva una morsa allo stomaco, e le lacrime cominciarono ad appannarle la vista. Una volta avrebbe concesso qualunque cosa, e avrebbe fatto tutto il possibile, purché tornasse ad essere calmo, sorridente e scherzoso.
Ma non questa volta. La sua iniziale infatuazione se n’era andata un po’ alla volta, ed era sorprendente accorgersi di quanto poca ne fosse rimasta. Un guscio vuoto poteva essere resistente e forte… — Tu — sussurrò, — non puoi farmi dire nulla.
— Proprio come pensavo — ringhiò Van Atta. — Dov’è la sua socializzazione totale, dottoressa Yei?
— Se lei gentilmente si astenesse — rispose a denti stretti la dottoressa, — dall’insegnare ai miei soggetti un comportamento antisociale, non si troverebbe costretto ad affrontarne le conseguenze.
— Non capisco di che cosa stia lamentandosi. Io sono un funzionario: essere duro fa parte del mio compito. È per questa ragione che la GalacTech mi ha messo a capo di questo pozzo orbitante di quattrini. Il controllo del comportamento invece è responsabilità del suo dipartimento, o così lei afferma. Quindi faccia il suo lavoro.
— Formazione del comportamento — lo corresse gelida la dottoressa.
— E a che cosa serve se cade a pezzi proprio quando le cose si fanno più difficili? Io voglio qualcosa che funzioni sempre. Se lei fosse un ingegnere, non avrebbe mai superato le specifiche di affidabilità. Non è esatto, Leo?
Leo spezzò lo stelo di una foglia, sorridendo, mentre una luce gli brillava negli occhi. Stava probabilmente rimasticando una risposta: sicuramente, soffocò qualcosa dentro di sé.
Silver si affidò a un piano semplice, così semplice che di sicuro sarebbe riuscita a portarlo a termine. Tutto quello che doveva fare era di non fare nulla. Non fare nulla, non dire nulla: alla fine la crisi sarebbe passata. Dopo tutto, non potevano danneggiarla fisicamente, perché lei era una proprietà di valore della GalacTech. Il resto erano solo seccature. Si ritrasse nella sicurezza del silenzio totale e dell’inerzia.
Il silenzio si fece pesante e insostenibile, minacciando di soffocarla.
— Allora è così che intendi comportarti — sibilò Van Atta. — Molto bene, la scelta è tua. — Si rivolse alla dottoressa. — In infermeria ha qualcosa di simile al penthorapid, dottoressa?
Le labbra della dottoressa Yei tremarono. — Il penthorapid è legale solo per i dipartimenti di polizia, signor Van Atta.
— E anche loro hanno bisogno di un ordine del tribunale per poterlo usare, vero? — si informò Leo, senza alzare lo sguardo dalla foglia che rigirava tra le dita.
— Sui cittadini, Leo. Quella — Van Atta indicò Silver, — non è un cittadino. Allora, dottoressa?
— Per rispondere alla sua domanda, signor Van Atta, no, la nostra infermeria non tiene droghe illegali!
— Io non ho parlato di penthorapid, ho detto qualcosa di simile - replicò Van Atta irritato. — Qualche tipo di anestetico o roba del genere, da usare nei casi di emergenza.
— Ci troviamo in un caso di emergenza? — chiese Leo in tono blando, continuando a rigirare la foglia tra le dita. Ormai stava appassendo. — Pramod sostituisce Tony, e certamente una delle altre ragazze che ha un figlio può prendere il posto di Claire. Come potrebbe accorgersi della differenza il Vice Presidente delle Operazioni?
— Se ci ritroviamo a dover raccattare i pezzi di due nostri operai dalla superficie del pianeta… — Silver trasalì a quell’eco della sua stessa spaventosa fantasia, — … o li ritroviamo a galleggiare freddi e stecchiti da qualche parte qui fuori, sarà maledettamente difficile far finta di nulla. Lei non ha conosciuto quella donna, Leo. Annusa i guai come un cane da tartufi.
— Mmm… — disse Leo.
Van Atta tornò a rivolgersi alla dottoressa. — Allora? Cosa mi dice? Preferisce aspettare che qualcuno ci chiami chiedendo cosa deve fare dei corpi?
— La thalizina IV-5 è un po’ come il penthorapid — mormorò riluttante la dottoressa, — in certe dosi. Ma la farà star male almeno per un giorno.
— La scelta è di Silver. — Si rivolse alla ragazza. — È la tua ultima possibilità, Silver. Ne ho abbastanza, disprezzo chi è sleale. Dove sono andati? Dimmelo, o ti farò fare l’iniezione, subito.
Silver venne strappata dall’inerzia per affrontare un tipo di coraggio umano molto più attivo e doloroso. — Se mi farà questo — sussurrò, in un disperato tentativo di riaffermare la propria dignità, — tra noi sarà finita.
Van Atta si ritrasse oltraggiato e furente. — Finita? Tu e i tuoi amichetti cospirate per sabotarmi la carriera davanti agli alti papaveri e tu vieni a dire a me che per noi è finita? Hai proprio ragione, siamo finiti!
— Sicurezza, Porto delle Navette Tre, risponde il capitano Bannerji — scandì George Bannerji nel microfono. — Cosa posso fare per lei?
— È lei al comando? — chiese senza preamboli l’uomo ben vestito che comparve sullo schermo del suo video. Era chiaro che si trovava in preda ad una forte emozione e il suo respiro era affannoso. Un muscolo guizzò sulla mascella rigidamente serrata.
Bannerji levò i piedi dalla scrivania e si sporse in avanti. — Sì, signore?
— Sono Bruce Van Atta, Capo del Progetto all’Habitat. Controlli la mia impronta vocale o segue comunque la procedura.
Bannerji si raddrizzò, e batté il codice di controllo; la parola «positivo» lampeggiò per un istante riflessa sul volto di Van Atta. — Sissignore, prosegua.
Van Atta si interruppe, come se stesse cercando le parole, e poi iniziò a parlare con lentezza, nonostante il suo viso tradisse molta impazienza. — Qui abbiamo un problemino, capitano.
Luci rosse e sirene si accesero nella mente di Bannerji. Era in grado di riconoscere un tentativo di minimizzare eventuali guai. — Oh?
— Tre dei nostri… soggetti sperimentali sono fuggiti dall’Habitat. Abbiamo interrogato l’altro cospiratore e abbiamo ragione di credere che si siano nascosti nella stiva del veicolo B119 e che si trovino adesso da qualche parte al Porto Tre. È assolutamente urgente che vengano catturati e restituiti a noi al più presto possibile.