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— Ora voi, Pramod e Bobbi, portate la saldatrice e il registratore e metteteli in posizione di inizio. Julian, tu dirigerai il programma di allineamento del laser ottico ed effettuerai i collegamenti.

Dodici figure a quattro braccia, con il nome e i numeri stampati a chiare lettere sul casco e sulla schiena delle tute argentee da lavoro, si spinsero in avanti. Dai razzi delle tute uscì uno sbuffo quando si disposero per avere una visuale migliore.

— Ora, in queste saldature a parziale penetrazione e ad alta intensità di energia — spiegò, attraverso il microfono della radio della tuta, — non si deve permettere al fascio di elettroni di raggiungere uno stadio di penetrazione continua. Questo raggio è in grado di trapassare anche mezzo metro di acciaio. Basta un solo effetto di punta e, per esempio, il vostro veicolo a pressione nucleare o la camera di propulsione possono perdere la loro integrità strutturale. Ora, il generatore di impulsi che Pramod sta controllando in questo momento… — Leo diede un tono molto particolare alla sua voce; Pramod sobbalzò e in fretta cominciò a richiamare le letture del sistema sul suo apparecchio, — utilizza le oscillazioni naturali del punto d’urto del raggio all’interno della cavità di saldatura per installare una tabella di impulsi che mantenga una frequenza fissa, eliminando così il problema delle punte di energia. Prima di cominciare, controllate sempre due volte il suo funzionamento.

L’anello di chiusura venne saldato al tubo flessibile e scrupolosamente esaminato alla ricerca di imperfezioni per mezzo di controlli a vista, ricerca olografica, corrente parassita, esame e confronto della registrazione simultanea a raggi X, nonché con il classico test del tira e molla. Leo si preparò a dirottare i propri studenti verso il lavoro successivo.

— Tony, tu porta la saldatrice… SPEGNILA, PRIMA! — L’eco del grido stridette nelle cuffie di tutti quanti e Leo ridusse il tono di voce dopo quel primo urlo belluino di panico. Il raggio in effetti era spento, ma i controlli no; una semplice disattenzione mentre Tony brandeggiava l’apparecchio e… con gli occhi, Leo tracciò l’ipotetico squarcio sul lato più vicino dell’Habitat, e rabbrividì.

— Ma dove hai la testa, Tony! Ho visto un uomo tagliato in due da uno dei suoi amici, una volta, proprio per uno scherzetto imprudente come quello.

— Mi dispiace… pensavo che ci avrebbe fatto risparmiare tempo… mi dispiace — mormorò Tony.

— Sai bene che non è così. — Quando il suo cuore smise di palpitare, Leo si calmò. — In questo vuoto assoluto, il raggio non si sarebbe fermato finché non avesse colpito un satellite o qualunque cosa avesse incontrato sulla propria strada. — Fu sul punto di continuare, ma poi ci ripensò: no, non sul canale di comunicazione pubblica. Più tardi.

Più tardi, mentre gli studenti si stavano cambiando nello spogliatoio, ridendo e chiacchierando, Leo si accostò al pallido e silenzioso Tony. Di certo non l’ho maltrattato fino a questo punto, pensò tra sé. Credevo che avesse una maggiore capacità di recupero. — Fermati a parlare con me, quando hai finito — gli disse sottovoce.

Tony trasalì con aria colpevole. — Sissignore.

Dopo che tutti i suoi compagni furono usciti, impazienti di andare al pasto di fine turno, Tony rimase sospeso in aria, con entrambe le paia di braccia incrociate attorno al corpo, come se volesse proteggersi. Leo gli si avvicinò e parlò in tono grave.

— Dove avevi la testa, oggi?

— Mi spiace, signore. Non accadrà più.

— È tutta la settimana che succede. Hai qualcosa che ti tormenta, ragazzo?

Tony scosse il capo. — Niente… niente che abbia a che fare con lei, signore.

Il che significa: niente che abbia a che fare con il lavoro, tradusse Leo. Va bene, allora. — Se distoglie la tua mente dal lavoro, allora ha qualcosa a che fare con me. Vuoi parlarmene? Hai problemi con le ragazze? Il piccolo Andy sta bene? Sei in conflitto con qualcuno?

Lo sguardo di Tony si fece di colpo incerto e i suoi occhi azzurri scrutarono il viso di Leo, poi di nuovo si richiuse in se stesso. — No, signore.

— Ti preoccupa il nuovo contratto? Immagino che questa sarà la prima volta che voi ragazzi vi allontanate da casa.

— Non è quello — rispose Tony, e si interruppe, fissando di nuovo Leo. — Signore, ci sono molte altre Compagnie là fuori oltre alla nostra?

— Non tantissime, per quello che riguarda il lavoro nello spazio interstellare — rispose Leo, preso un po’ alla sprovvista da quell’inaspettato quesito. — La nostra è la più grande, naturalmente, anche se ce n’è forse un’altra mezza dozzina che possono farci davvero concorrenza. Nei sistemi densamente popolati, come Tau Ceti, Escobar, Orient o naturalmente anche la Terra, ci sono sempre molte piccole Compagnie che operano su scala più piccola. Superspecialisti o imprenditori indipendenti, o anche tutti e due. I mondi esterni hanno cominciato ad andare forte, in questi ultimi tempi.

— Quindi… quindi se lei lascerà la GalacTech potrà sempre trovare un altro lavoro nello spazio.

— Certamente. In effetti ho ricevuto delle offerte, ma la nostra Compagnia assicura la maggior parte del lavoro che io preferisco svolgere, quindi non ho ragione di andare da un’altra parte. E a questo punto ho già accumulato una sufficiente anzianità, con tutto quello che ne consegue. Probabilmente resterò alla GalacTech fino al momento di andare in pensione, se non muoio prima. — Magari per un attacco cardiaco osservando le imprudenze di uno dei miei studenti che rischia accidentalmente di suicidarsi. Leo non espresse ad alta voce quel pensiero: Tony sembrava già abbastanza contrito, ma era sempre piuttosto assente.

— Signore, mi parli del denaro.

— Denaro? — Leo inarcò le sopracciglia. — Che cosa c’è da dire? È la cosa che ti permette di vivere.

— Io non l’ho mai visto: mi sembrava d’aver capito che fosse una sorta di convenzione a cui viene assegnato un valore codificato per facilitare i commerci e tenere i conti.

— Esatto.

— Come si ottiene?

— Be’, i più lavorano. Prestano la loro opera in cambio di denaro. Oppure se posseggono, producono o coltivano qualcosa, possono venderlo. Io lavoro.

— E la GalacTech le dà del denaro?

— Uh, sì.

— Se lo chiedessi, la Compagnia mi darebbe del denaro?

— Ah… — Leo si rese conto che stava pattinando su uno strato di ghiaccio molto sottile. Era meglio che le sue opinioni personali sul Progetto Cay restassero solo sue, fintanto che mangiava nel piatto della Compagnia. Il suo lavoro era quello di insegnare le procedure di saldatura ad alta sicurezza, e non di… fomentare rivendicazioni sindacali o qualunque cosa dovesse scaturire da quella conversazione. — E per cosa lo spenderesti, quassù? La GalacTech ti dà tutto quello di cui hai bisogno. Quando sono a terra o non mi trovo in una delle installazioni della Compagnia, devo comprarmi il cibo, gli abiti, devo spostarmi e tutto il resto. E inoltre — Leo si aggrappò ad un argomento un po’ meno specioso e imbarazzante, — fino a questo momento tu non hai davvero lavorato per la GalacTech, mentre questa ha fatto moltissimo per te. Aspetta finché sarai partito per il primo contratto e avrai realmente prodotto qualcosa: forse allora verrà il momento di parlare seriamente di denaro. — Leo sorrise, sentendosi un ipocrita, ma quantomeno leale nei confronti della Compagnia.

— Oh — Tony sembrò immergersi in una sua personale delusione, poi gli occhi azzurri si alzarono, scrutando ancora Leo. — Quando una delle navi a balzo della compagnia lascia Rodeo, dove si dirige?

— Dipende da dove la si richiede, penso. Alcune vanno dritte fino alla Terra. Se c’è un carico o un gruppo di passeggeri da smistare per altre destinazioni, di solito la prima fermata è la Stazione Orient.

— La GalacTech non è proprietaria della Stazione Orient, vero?

— No, appartiene al governo di Orient IV, anche se la GalacTech ne ha preso in affitto un buon quarto.

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