A est c’era il letto principale del fiume. L’acqua era profonda e la corrente rapida. Aveva intaccato l’isola, formando una riva scoscesa, quasi verticale. Lungo la sommità crescevano alberi e le loro radici si allungavano nel vuoto, in cerca del terriccio che era sparito. Molti si sporgevano sopra l’acqua e qualcuno vi era caduto. Il fiume vi scorreva accanto veloce, dando strattoni alle foglie gialle.
Il letto non era particolarmente ampio. Avrei potuto raggiungere a nuoto la terraferma. Non oggi, però. Ero stanca e il taglio nel piede non aveva smesso di sanguinare. Non volevo incontrare un’altra lucertola. Una buona notte di riposo e avrei potuto attraversare il fiume. Forse avrei trovato qualcuno. Nia. Derek. L’oracolo. Ulzai.
O Bodhisattva, o Compassionevole, salva quelle persone.
Mi avvicinai alla riva del fiume, tirai su acqua con le mani e bevvi. Aveva un gusto strano, ma era improbabile che mi uccidesse, e ne avevo già inghiottita parecchia. Ne bevvi ancora un po’, poi tornai verso la foresta e mi sedetti, appoggiandomi contro un albero.
Mi svegliarono gli insetti. Mi ronzavano nelle orecchie e mi camminavano sulla faccia. Un paio mi morsicarono. Li scacciai con la mano, ma non servì a niente. Tornarono e mi morsicarono di nuovo. Mi alzai e mi misi a camminare lungo la spiaggia. Il cielo risplendeva di stelle. Riuscivo a vedere chiaramente la Via Lattea: un ampio e brillante nastro di luce. Una meteora cadde più a est. Una splendida notte!
Fatta eccezione per gli insetti. Mi seguivano. Erano assai peggiori di quanto fossero mai stati in precedenza. Perché? Finalmente ne avevo trovato una specie che amava l’odore degli umani? O avevo incominciato a odorare come i nativi? Mangiavo il loro cibo da più di 60 giorni ormai.
Raggiunsi la sponda del fiume e guardai verso il largo. Potevo entrare nell’acqua. Gli insetti non sarebbero stati in grado di morsicarmi sott’acqua. Ma lì c’erano le lucertole.
Mi voltai e tornai da dove ero venuta. Doveva pur esserci qualcosa da fare. Coprirmi con qualosa. Trovare un modo di accendere un fuoco.
Mi tornarono alla mente le parole di un insegnante al college: "Ricordatevi sempre, in una società con una tecnologia preindustriale ogni cosa impiega molto più tempo di quanto pensiate. Ogni cosa comporta molto più lavoro. E ci sono quasi sempre un sacco di insetti".
Cadde un’altra meteora: una grande, verso sud. Aveva una punta bianca e una lunga coda rossastra. Incominciai ad accorgermi di una strana sensazione all’epigastrio. O era all’inguine? Un po’ di male. No. Qualcosa di più intenso. Un dolore ben definito.
Spasmi mestruali! Non potevo crederci. Avevo una capsula inserita nel braccio che avrebbe dovuto rilasciare ormoni a un determinato ritmo per 180 giorni. Ero al sicuro per sei mesi. Nessuna mestruazione. Nessuno spasmo. Niente sangue. Be’, forse qualche piccola macchia. Ci avevano avvertito di questa possibilità. Il livello ormonale era stato ridotto il più possibile.
Che cosa era andato storto? La capsula era difettosa? Forse era stato lo stress. Ne avevo passate parecchie in quegli ultimi giorni. E lo stress poteva avere notevoli effetti sul sistema endocrino.
Continuai a camminare. Il dolore peggiorò e gli insetti continuavano a seguirmi e a morsicarmi.
Sapevo qual era la cosa migliore da fare. Prendere una coperta elettrica e un recipiente di tè corretto con whiskey. Infilarmi nel letto nella mia cabina. Accendere la coperta e bere il tè. Ascoltare musica. Dormire. Purroppo però…
All’alba incominciò il flusso. Gli spasmi si fecero meno forti. Gli insetti divennero meno attivi. Mi sedetti. Il sole sorse e gli ultimi insetti se ne andarono. Mi coricai e mi coprii la faccia con il braccio.
Sognai. C’era una torre che somigliava a quella di Inahooli. Si trovava nelle Hawaii, nel cortile sul davanti della mia casa, circondata da alberi di plumeria in fiore.
Ero seduta vicino alla torre all’ombra di un albero e parlavo con qualcuno. Stavamo discutendo. All’inizio non avevo idea di chi fosse la persona. Poi mi resi conto che era piccolissima, mi arrivava più o meno al ginocchio. Continuava a mutare mentre parlava, rimpicciolendosi, poi ingrandendosi, poi rimpicciolendosi di nuovo. Oltre alle dimensioni, cambiava anche forma. A volte pareva essere un minuscolo umano. Altre volte era una minuscola persona pelosa. La cosa più strana era che a volte sembrava un insetto, ritto su sei zampe, che agitava verso di me un paio di avambracci. Era sempre bruno e lucente, del colore di una blatta. Non avrei saputo dire di che sesso fosse.
Aveva una voce acuta e stridula.
— Io sono il Piccolo Spirito Insetto. Appaio alle persone quando incominciano a prendersi troppo seriamente. Loro credono di essere grandi. Io le riduco alla giusta misura.
Questo mi mandò in collera. Cercai di parlare, ma non riuscivo a rimettere ordine nei miei pensieri.
La creatura proseguì: — Io sono la pietra sotto i tuoi piedi. Sono l’insetto che ti morde nel sedere. Sono la scoreggia che ti viene quando ti presentano a un importante professore in visita. Sono gli spasmi mestruali e la diarrea.
Mi stavo infuriando ancora di più.
— I miei strumenti sono inganni e menzogne, malintesi e infortuni. Tutto ciò che è stupido e poco dignitoso capita a causa mia. Hola! Sono importante!
Cercai di afferrare l’individuo, ma mi scappò via e rimasi sola, sentendomi felice.
Una voce disse: — Non serve a niente.
Guardai in su. Il tipo era sopra di me, seduto su un ramo, circondato da fiori di plumeria color panna. Agitava le sue antenne. Il suo corpo scuro luccicava.
— L’oracolo penserà che sia accaduto a causa degli spiriti della grotta. Ulzai penserà che sia accaduto a causa degli umazi. Nia si sentirà colpevole e furiosa, come se fosse lei la responsabile. E tu penserai che la barca si sia capovolta senza alcun motivo.
"Te l’assicuro, sono stato io. Hola! Sono speciale, anche se sono piccolo!" Distese le ali e volò via, facendo un suono ronzante. Oltrepassò la torre e sparì nel cielo verdeazzurro.
Mi svegliai. Era metà mattina e giacevo al sole sotto un cielo terso dello stesso colore del cielo del mio sogno. Per un po’ mi sentii confusa. Dove mi trovavo? Non nelle Hawaii. E neppure nel Minnesota. Mi tirai su a sedere e ricordai. Ero a 18 anni luce da casa. La pelle mi prudeva. Mi guardai le braccia. Erano coperte di bernoccoli.
— Non farti prendere dal panico — mi dissi dopo un momento di terrore. — Sono morsicature di insetti, e le zanzare del Minnesota ti hanno conciata anche peggio.
La mia voce risuonò calma. Era confortante. Mi alzai. Avevo i vestiti appiccicati addosso. Sudore, per lo più. C’era una chiazza scura al cavallo dei miei jeans. Sudore e sangue.
La prima cosa da fare era un bagno, poi lavare i miei indumenti e fare il mio yoga.
Scesi lungo la spiaggia finché non fui oltre la barriera di legname. Quindi scavai un buco nella sabbia vicino all’acqua. Fu un lavoro lento. Non avevo nessun attrezzo a parte le mani e un pezzo di legno.
Quando la buca fu abbastanza grande, scavai un canale fino al fiume. L’acqua si riversò dentro. Mi svestii, mi inginocchiai nella piccola pozza sabbiosa e mi lavai, usando come strofinaccio il solo calzino rimastomi.
Dopo di che vi misi a mollo i miei indumenti e feci lo yoga. Terminai con la meditazione, fissando il fiume con gli occhi semichiusi. La luce scintillava sull’acqua verde e bruna. O gioiello del loto.
Strizzai i miei vestiti e li stesi sulla sabbia ad asciugare, mi sedetti ed esaminai la mia attrezzatura. Questa volta l’accendino si accese. Lo provai su un pezzo di legna, che prese subito fuoco. Questo mi risolveva due problemi: gli insetti e il modo di mandare segnali ad altre persone.
Misi da parte l’accendino ed esaminai il coltello. La lama era lunga dieci centimetri, fatta di acciaio inossidabile. Tagliente. Potevo usarla per tagliare a pezzi il cibo.