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"Quelle donne divennero le piccole luci che vagano per il cielo notte dopo notte. Noi le chiamiamo le Vagabonde o le Ladre o le Donne Senza Rispetto."

Le piccole lune, pensai. I planetoidi catturati. Una bellissima spiegazione, se non che noi avevamo contato solo dodici piccole lune.

— Hai detto che c’erano quattordici ambasciatrici — dissi alla fine. — Ma io ho visto soltanto dodici luci.

— Questo è vero — rispose l’oracolo.

— Che ne è stato delle altre due?

— Questa è un’altra storia, e non credo che un uomo dovrebbe raccontarla a una donna.

— Oh.

— Non è decoroso. — Usò la forma negativa della parola che significava "giusto", "ben fatto", "equilibrato" o "appropriato".

— Oh — feci di nuovo.

Proseguimmo in silenzio. Alla fine l’oracolo disse: — Ho dimenticato una cosa sulla storia della pentola per cucinare. Se guardi in su verso il cielo, vedrai che la pentola diventa sempre più vuota notte dopo notte. E poi, una notte dopo l’altra, la vedrai riempirsi di nuovo.

— Chi mangia da quella pentola? — domandai.

— Nessuno lo sa con certezza. Forse sono i grandi spiriti, o forse le persone che sono morte. Devono pur andare da qualche parte e, quando ci arrivano, devono mangiare.

Feci il gesto dell’incertezza e poi il gesto dell’intesa. Significava che ero d’accordo, ma non con particolare entusiasmo.

— Adesso ho fame — disse l’oracolo. — Avrei dovuto raccontare un’altra storia.

— Vuoi farlo? Ascolto volentieri.

— Non adesso. Forse Nia sarà presto di ritorno.

Così non fu. Dopo un po’ incominciò a piovere: una pioggerella sottile. Ci riparammo in un boschetto di erba enorme. La pioggia si fece più intensa. Le gocce d’acqua penetravano fra il fogliame e ci bagnavano.

L’oracolo disse: — In una giornata come questa, ricordo la casa di mia madre.

— Davvero?

Fece il gesto dell’affermazione. — Ricordo che era sempre asciutta, perfino quando la pioggia scendeva dal cielo come un fiume, come la cascata in cui abita il mio spirito. Aiya! Com’era confortevole! Un lembo del soffitto era sollevato sopra l’apertura per il fumo e il fuoco ardeva basso. Le gocce di pioggia vi cadevano sibilando. Il fumo si attorcigliava su se stesso sotto il soffitto, come le lucertole a primavera inoltrata quando si accoppiano. — Tacque per un momento. — Quando aveva finito di attorcigliarsi, il fumo scivolava fuori attorno alle estremità sollevate della falda, proprio come fanno i maschi delle lucertole quando hanno finito con le loro femmine e sono ansiosi di andarsene ma anche stanchi.

Che discorso! Era sorprendente come le persone sapessero parlare bene in una cultura priva di libri e olovisione. Noi, che davamo grande valore alla parola scritta e all’immagine proiettata, parlavamo a grugniti ed evitavamo il più possibile le metafore.

Guardai l’oracolo. Teneva le spalle curve contro la pioggia. La tunica gli si incollava al’corpo. Il tessuto era così sottile che non offriva quasi protezione. Poverino!

Qualcosa scattò nella mia mente. Perché questi individui non portavano pantaloni? Eppure cavalcavano. Sulla Terra, per gran parte della nostra storia, i pantaloni erano stati collegati all’uso del cavallo. Le culture che si spostavano a cavallo usavano i pantaloni. Le altre culture no.

La regola non valeva per la Cina. Lì tutti indossavano i pantaloni e l’avevano fatto per secoli, ma pochissimi andavano a cavallo.

Mi ero fatta l’idea che i pantaloni cinesi fossero giunti dall’Asia Centrale. In questo caso avevo trovato il mio legame con i cavalli.

C’era un’altra eccezione alla regola: gli indiani delle pianure del Nord America. Costoro non indossavano pantaloni. Ma non avevano i cavalli da molto tempo, quando furono annientati dalla "civiltà" dei bianchi. Forse col tempo avrebbero acquisito i pantaloni. E comunque portavano gambali.

Guardai di nuovo l’oracolo. Naturalmente la sua pelliccia era una protezione, ma di certo non lo era per i suoi organi sessuali. Mi resi conto che mi trovavo di fronte alla domanda consacrata dal tempo: che cosa si indossa sotto un gonnellino? O una tunica, a seconda dei casi. Frugai nel mio vocabolario, nel tentativo di trovare le parole giuste.

L’oracolo disse: — La pioggia è cessata. — Toccò il suo animale sulla spalla e questo si rimise in cammino sulla pista. Il mio animale lo seguì. Forse sarebbe stato meglio se avessi chiesto a Derek di domandarglielo.

Per il resto della mattinata meditai su perizomi e calzoncini corti, pantaloni alla ciclista e il problema della fertilità maschile. Se costoro si accoppiavano solo una volta all’anno, non potevano permettersi un’alta percentuale di sterilità. Forse era questa la ragione per cui non portavano pantaloni. Ma senza dubbio era disagevole per gli uomini.

Derek e Nia tornarono nel primo pomeriggio, portando del cibo: un bipede azzurro. Era un piccolo: cucciolo o pulcino o comunque si potesse chiamare.

Ci fermammo e ci accampammo. Ricominciò a piovere. Derek e io andammo in cerca di legna secca. Ne approfittai per porgli la mia domanda sull’abbigliamento.

Lui rise. — Immagino che avrei dovuto dirtelo. L’ho già chiesto all’oracolo molto tempo fa. Alcuni uomini non indossano niente. Altri portano qualcosa che sembrerebbe un sospensorio. E ci sono popolazioni nel sud che portano pantaloni corti invece del gonnellino. Ma non sa che cosa indossino sotto.

— Un sospensorio dovrebbe avere qualche effetto sulla fertilità.

— Non ho visto l’indumento in questione — disse Derek. — Non so quanto sia aderente, e inoltre non sappiamo molto sulla fisiologia di questi individui. Per quel che ne sappiamo, quelle cose che ha l’oracolo non sono testicoli. Forse conserva i suoi spermatozoi nelle orecchie.

Feci il gesto che significava "no". — Intralcerebbe il suo udito. Ma… — feci il gesto dell’assenso. — Dobbiamo fare altre ricerche.

Derek sorrise.

Aggiunsi: — Penso che lascerò a te questo particolare problema.

— Okay. Probabilmente ne verrà fuori un articolo. "Variazioni nella biancheria fra una specie umanoide aliena." Il titolo non è del tutto giusto. Non è abbastanza enfatico. Ma è sempre un inizio.

— Cominci sempre dal titolo?

— Il titolo è molto importante, mia cara Lixia. E faremmo meglio a procurarci la nostra legna prima che si metta a piovere più forte.

Quando tornammo all’accampamento, Nia aveva finito di pulire il bipede. Senza le penne aveva un’aria meno aliena, anche se non riuscivo a decidere che cosa mi ricordasse. Un coniglio? Una scimmia? L’arrostimmo. Aveva un gusto delicato, simile al pollo.

Dopo cena Derek chiamò la nave. Rispose uno dei computer. Aveva una voce femminile con un dolce accento caraibico. Eddie era occupato, ci disse. Avrebbe passato la nostra chiamata ad Antonio. Ci furono dei suoni simili a scampanii, un’intera serie, poi un bip.

— Dov’è Eddie? — s’informò Derek.

— A una riunione — rispose Tony. — A redigere un manifesto.

— Oh, sì? — disse Derek. — Su che cosa?

— C’è bisogno di chiederlo? Il non intervento.

— Facciamola breve — intervenni io. — I nativi sono qui, e non si sentono a loro agio quando parliamo una lingua che non capiscono.

— Okay — disse Tony. — Fatemi il vostro rapporto.

Derek gli raccontò dei tre fratelli.

Tony tacque per un momento. Infine disse: — Siete stati fortunati. Siamo stati fortunati. Se quegli uomini si fossero infuriati, saremmo quassù a discutere di come raccogliere i pezzi. Ed Eddie starebbe dicendo che non si deve intervenire.

— Sì — convenne Derek. — Hai qualche informazione sull’appuntamento?

— Certo! Proseguite. Il fiume che state seguendo è un affluente di un fiume molto più grande. Quando ci arrivate… al fiume grande, intendo… andate verso valle. Il lago si trova più a sud di circa 80 chilometri. L’aereo atterrerà lì, anche se Lysenko è tuttora scontento della cosa. Continua a chiedere una pianura di sale. Gli abbiamo risposto che i mendicanti non possono fare i pignoli. Lui ribatte che non ci sono mendicanti in una società socialista.

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