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— Va’ avanti — lo sollecitò Ara. — Racconta il resto.

— Dopo che ci fummo accoppiati, le domandai perché fosse adirata. Disse che ero figlio dell’Imbroglione, nato per causare guai. Aveva aspettato a lungo il momento del cambiamento. Ci aveva dato, a tutti e tre, dei bei doni e ci aveva detto addio. Finalmente, si era detta, sarebbe uscita dall’ombra e si sarebbe messa in luce. Noi non c’eravamo più. Si era liberata di noi. Ma non volevamo lasciarla in pace. Ogni primavera, disse Inahooli, nostra madre chiedeva: "Chissà chi si è accoppiata con Inzara, con Ara e Tzoon? Stanno tutti bene? Hanno superato l’inverno? Sono fortunati come sono sempre stati?".

— Unh!

Mi voltai a guardare Tzoon. Aveva gli occhi quasi completamente chiusi e sembrava soddisfatto come un gatto in una chiazza di luce del sole. Nente di male in questo, mi dissi. Tutti amano sentirsi apprezzati.

Inzara continuò: — Lei era sempre sfortunata, mi disse. I suoi figli erano normali. Non aveva nessuna particolare abilità. Nessuno la rispettava. Non aveva amiche.

"Le dissi che non era colpa mia. Allora mi colpì. Pensai che mi avrebbe fatto infuriare. Così tirai fuori un dono dell’accoppiamento. ’Vattene di qui’ le dissi. ’Se provi ancora la smania, vai verso est. Lì c’è il vecchio Hoopatoo. Non è molto bravo a confrontarsi, ma dovrebbe essere in grado di accoppiarsi.’

"Lei mi diede un dono, poi se ne andò. Non l’ho più rivista finché non l’ho messa nella fossa." Inzara fece una breve pausa. "La primavera seguente domandai alle donne, quelle che venivano da me, come stava Inahooli. Era diventata gravida, risposero. Il suo bambino era nato troppo presto. Era morto. Quella era una brutta notizia. Ma ce n’era una buona. Il clan l’aveva scelta come guardiana della torre. Era una donna difficile, mi dissero, ma solenne. Forte ed energica, e la sua famiglia era rispettata da tutti. Una buona scelta come guardiana, dichiararono tutte le donne.

"Pensai: Adesso godrà di prestigio. La smetterà di essere invidiosa." Ci guardò. "Non mi piace essere in cattivi rapporti con nessuno, salvo con altri uomini, naturalmente. E anche allora non voglio litigare seriamente. Per quanto mi riguarda, va tutto benissimo, fintantoché sono loro a farsi indietro."

Ara fece il gesto dell’approvazione. Dietro di me, Tzoon grugnì.

Inzara proseguì. — Nessun uomo vede mai le cerimonie eseguite davanti a una torre del clan, a meno che non sia molto vecchio e non abbia superato il secondo cambiamento e deciso di tornare al villaggio. Ma di quando in quando gli uomini vanno a dare un’occhiata alla torre, di solito quando le cerimonie sono terminate e la torre è stata abbandonata. Quasi sempre, la torre è stata danneggiata in un modo o nell’altro, e le maschere sacre sono sparite. Vengono sempre distrutte dopo la grande danza. Ho pensato: voglio vedere questa torre, la torre di nostra sorella, quando è nuova. Ho parlato con i miei fratelli e loro hanno deciso di venire con me. Ci siamo diretti a sud precedendo la mandria.

— Non abbiamo perso niente — disse Ara. — In estate, su a nord, non è veramente importante che genere di territorio abbia un uomo. Alcune zone sono più confortevoli di altre. Quest’estate, per esempio, avevo un tratto di fiume ricco di pesci e un affioramento roccioso dove crescevano rampicanti di bacche. Un buon territorio! Mi piaceva. In particolare mi piacevano le bacche. Erano grosse come l’estremità del mio pollice e succose. Ma non è stato troppo difficile partire e lasciare tutto a quel vecchio stupido di Oopai. Sapevo che si sarebbe intrufolato di nascosto nel momento stesso che me ne fossi andato.

— Non importa — disse Tzoon. — Quando la mandria raggiungerà la Terra dell’Inverno, noi saremo già là. Allora Oopai potrà solo ricordarsele le sue bacche. Staremo noi vicino al villaggio.

Ara fece il gesto dell’approvazione.

— In ogni caso — disse Inzara — ci siamo diretti verso il Lago degli Insetti e delle Pietre. Abbiamo trovato nostra sorella e siamo venuti a cercarvi.

Ara ripeté il gesto dell’approvazione. Per qualche istante regnò il silenzio. E adesso? Che cosa intendevano fare? Lanciai un’occhiata ai due fratelli di fronte a me. Le loro facce, scure e pelose, non mi dicevano nulla. Mi girai per guardare Tzoon. Lui si accigliò e si grattò la fronte, larga e bassa, e coperta di pelo. Le sopracciglia erano sporgenti, gli occhi infossati, il naso piatto e gli zigomi ampi. Un uomo di Neandertal quasi perfetto. Avevo visto creature come lui in diorami nei musei. No. Mi sbagliavo. La sua mascella non era forte come le mascelle di quelle creature nei musei, e la fronte, pur essendo bassa, non era arretrata. Dall’aspetto, doveva avere molto sviluppato il cervello anteriore, qualunque cosa potesse significare nella sua specie.

Tzoon grugnì e fece il gesto che significava "così sia". Poi ci passò accanto, allontanandosi dal fiume.

Ara si alzò in piedi e si stiracchiò. Un attimo dopo fu Inzara ad alzarsi.

Anche noi quattro ci alzammo in piedi.

— E adesso? — domandò Derek.

— Abbiamo avuto la spiegazione che volevamo — disse Inzara. — Non ci disturba trovarci vicini l’uno all’altro, ma voi ci mettete a disagio. Ce ne andiamo. A est di qui, abbiamo visto delle tracce. Un branco di shuwabara. Tzoon è un eccellente arciere, e anche Ara non è male. Uccideremo un animale, uno giovane, grasso e tenero, e l’arrostiremo.

— Bene — disse Tzoon.

— Mangeremo e poi ci dirigeremo a sud e aspetteremo nella Terra dell’Inverno che arrivi la mandria — concluse Ara.

Presero i loro animali e li condussero sulla pista, montarono in sella e vi si sistemarono. Come Nia, sedevano pesantemente, comodi e rilassati. Raccolsero le redini, voltarono i loro animali e si allontanarono. Dapprima cavalcarono vicini, ma dopo un po’ Tzoon si allontanò dalla pista, addentrandosi fra la vegetazione. Lo persi di vista. Qualche istante dopo anche Ara diresse il suo animale fra la vegetazione e, come il fratello, sparì alla vista. Inzara proseguì da solo. La pista faceva una curva. Inzara girò dietro la curva e sparì a sua volta.

Derek emise un sospiro. — Sia ringraziata la Santa Unità o la ruota della fortuna o quale che sia il responsabile. Detesto ammetterlo, ma quei tre mi terrorizzavano.

— Perché? — chiese l’oracolo. — Non erano pazzi. Solo i pazzi si battono quando non c’è niente da vincere, nessun territorio e nessuna donna.

Nia fece il gesto dell’assenso. — Sono uomini grandi e grossi. Quelli come loro impazziscono raramente. Sono consapevoli della propria forza. Hanno il meglio di tutto e sanno di potersi tener stretto ciò che possiedono. Sono i giovani fra le colline che impazziscono per la frustrazione. O i vecchi che hanno perso il proprio territorio.

— Dimenticavo — fece una voce.

Sobbalzai, e lo stesso fecero tutti gli altri. Ci voltammo, tutti e quattro.

Un cornacurve uscì dal boschetto. Il cavaliere era vestito di azzurro. Ara. Il fratello curioso. Tirò le redini del suo animale e ci guardò dall’alto.

— Sì? — disse Derek. — Che cosa c’è?

— Voi due. Quelli senza pelo. Che cosa siete?

— Persone — dissi io. — Veniamo da molto lontano. Nella nostra terra tutte le persone sono più o meno come noi.

— Senza pelo?

— Solo sulla testa. E ce n’è qualche chiazza in altre parti.

— Dove?

— Sotto le braccia e fra le gambe — risposi.

— Aiya! Dovete avere molto freddo in inverno.

— Indossiamo più indumenti di voi — dissi. — In estate ci togliamo quasi tutto, e stiamo probabilmente più comodi di voi.

Nia fece il gesto del dissenso. — In estate non avete nessuna protezione contro gli insetti che pungono o mordono.

Riflettei un momento. — Abbiamo unguenti con odori che non piacciono agli insetti. Ce li spalmiamo addosso e gli insetti se ne stanno lontani.

— Sembra un pasticcio — mi disse Ara. — La pelliccia sarebbe stata migliore. E anche più bella. Qualunque spirito vi abbia fatti, non rifletteva su quello che stava facendo.

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