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— Noi non abbiamo toccato la torre — disse Nia.

— Sono stati gli uccelli, o il vento — ribatté Inzara. — In ogni caso, i clan si stanno scambiando accuse di magia e pensieri malvagi. È quello che ha detto il giovane. Avrei potuto spiegare che cosa era accaduto realmente, ma chi dà ascolto agli uomini su queste cose? — Fece una pausa. — Ho pensato: il mondo sta cambiando, ed è evidente chi c’è dietro tutti questi cambiamenti. Le persone senza pelo, l’oracolo e Nia.

"È arrivato l’uomo che porta il sale. Mi ha parlato della donna del traghetto sul fiume. Ho pensato: quasi certamente si tratta di Nia. Quante strane donne possono esserci, che vagano per la pianura?"

— Un’opinione giusta, ma perché ti sei preoccupato? Non credo di essere responsabile di nessuno dei cambiamenti, e se lo sono, ormai non c’è niente che possa fare a questo riguardo.

— Sono responsabili le persone senza pelo? — domandò Inzara.

— Forse. Credo di sì.

— E tu sei loro amica.

— Forse.

— Dimmi dove sarai in primavera.

Nia alzò lo sguardo, sorpresa. — Perché?

— Tu hai molta fortuna, più di qualunque donna di cui abbia mai sentito parlare. Non sono sicuro di che genere di fortuna sia. A volte sembra più cattiva che buona. Ma è senza dubbio potente, e non c’è alcun dubbio sulla mia fortuna. È sempre buona.

"Se tu avessi un figlio, e il padre fossi io, o Ara, o Tzoon, pensa alla fortuna che avrebbe! Pensa al potere!"

Nia si sentì ancora più sorpresa. Se ne restò lì a bocca aperta. Le mani rimasero dov’erano, sulle cosce.

L’uomo proseguì: — Ne abbiamo discusso, noi tre. Se ti interessa, tireremo a sorte. Quello che prenderà la paglia più lunga verrà a cercarti. Questa zona dovrebbe essere buona. Non è probabile che ci siano altri uomini nei dintorni. Né donne. È facile distrarsi nel periodo degli accoppiamenti, e questa è una cosa che dovrebbe essere fatta nel modo corretto. Con attenzione.

— No — disse Nia.

Inzara fece il gesto della domanda.

— Ho già fatto troppe cose strane, e sto diventando vecchia. Non credo di volere altri figli.

— Hai già dei figli? Ci sono figlie femmine? Quanti anni hanno?

Nia fece il gesto che significava "smettila" o "taci".

— Perché? — s’informò Inzara.

— Tutto questo è assurdo. Gli uomini non scelgono le donne con le quali si accoppiano. Agli uomini non importa chi siano i loro figli o come siano.

— E tu che ne sai degli uomini? Che cosa ne sanno le donne in generale? Ve ne state sedute nei vostri villaggi! Chiacchierate! Fate pettegolezzi! Vi dite l’una con l’altra come sono gli uomini. Come potete capire qualcosa di noi? Hai mai passato un inverno da sola sulla pianura?

— Sì — rispose Nia.

Lui brontolò, poi fece il gesto delle scuse. — Dimenticavo chi sei. — Tacque un istante e aggrottò la fronte. Poi parlò di nuovo. — Dimmi dove sarai, Nia. Vuoi davvero accoppiarti col primo uomo che capita, uno qualsiasi? Potrebbe essere un uomo da poco. Potrebbe essere vecchio o pazzo. Chissà che specie di figlio uscirà?

Nia guardò l’uccello che cuoceva sul fuoco. La pelle si stava dorando. Era coperto dal grasso liquido, che luccicava. Rigirò l’uccello, poi si volse verso Inzara. — Te l’ho detto, non voglio più figli. Inoltre, sono stanca di fare le cose in modi nuovi e insoliti. Voglio essere normale per un po’ di tempo.

Inzara fece il gesto che significava "non è probabile che succeda".

— Inoltre, non mi va che altre persone facciano progetti per me. Io faccio quello che voglio.

— E vuoi essere normale — fu il commento di Inzara. Si alzò e si stiracchiò. Uh! Era enorme! La sua pelliccia luccicava alla luce del fuoco. Altrettanto facevano i suoi gioielli. — Mi porti al di là del fiume?

— Perché vuoi andare?

— Le persone senza pelo hanno edificato un villaggio a sud di qui sul Lago Lungo. Voglio vederlo.

— Perché? Non potrai entrarci.

— Le persone senza pelo mi cacceranno via?

Nia rifletté un momento. — No.

— Posso sopportare la gente. Guardami adesso. Sono seduto a parlare con te, e non è il periodo degli accoppiamenti. Se il villaggio sembra interessante, forse entrerò. Ara vuole informazioni. Io sono quello che va d’accordo con la gente, così sono venuto io. Ma è lui quello curioso.

Mangiarono l’uccello terrestre. Inzara prese una coperta e andò dietro la casa. Dormì per terra accanto al suo animale. Nia dormì dentro la tenda. Sognò il villaggio della gente senza peio. Si trovava dentro il villaggio e si aggirava fra le grandi case rotonde e scolorite. C’erano anche Inzara e altre persone che non riconosceva. Alcune di loro erano persone vere, persone con la pelliccia. Altre erano come Li-sa e Deragu.

Al mattino traghettò Inzara sull’altra sponda del fiume. — Non c’è una buona pista lungo il fiume. Dovrai andare a ovest sulla pianura e poi girare a sud.

Lui fece il gesto che significava che aveva capito.

Nia tornò alla casa di Tanajin.

Trascorsero altri giorni. Ci fu parecchia pioggia. Caddero le foglie. Il sole si spostò a sud. Quando era visibile, era del pallido colore invernale. Stava diventando affamato, come solevano dire le vecchie, benché questo non avesse alcun senso per Nia. Il sole era una fibbia. Lo sapevano tutti. L’aveva fatto la Signora della Fucina e l’aveva donato allo Spirito del Cielo, che lo portava sulla sua cintura. Com’era possibile che una fibbia avesse fame?

Non c’era nessuno che potesse rispondere alla sua domanda.

Da ovest arrivò un gruppo di viaggiatrici: donne del Popolo dell’Ambra, che tornavano a casa. Erano silenziose e sembravano turbate. Nia non domandò loro il perché. Le traghettò e loro le diedero una coperta fatta di pelliccia maculata e una pentola di stagno.

Il tempo si faceva sempre più freddo. Ora c’era ghiaccio nelle paludi: sottile e delicato. Lo si trovava nelle prime ore del mattino ed entro mezzogiorno era sparito. Se lo toccava, si spezzava. Aiya! Era simile alle tazze per bere delle persone senza pelo o ai loro strani pezzi di ghiaccio quadrati e cavi.

Il sole si spostò ancora più a sud. Il cielo era basso e grigio. Una mattina Nia udì un tuono, ma non vide niente.

Un’altra isola, pensò. Che saliva o scendeva. Quante ce n’erano ormai nel lago? Dove andavano quando partivano?

Inzara tornò. Accese un fuoco e Nia andò a prenderlo.

— Non ce l’ho fatta. Ho visto le loro barche e i loro carri. Ero consapevole che mio fratello avrebbe voluto saperne di più, ma non sono riuscito a farmi forza per entrare nel villaggio. Neppure dopo che l’uomo senza pelo mi ha invitato.

Nia fece il gesto della domanda.

— Quello che ho incontrato prima. Deragu. Mi ha trovato sulla scogliera sopra il villaggio. Abbiamo parlato. Ha detto che altre persone, persone vere, erano venute a guardare il villaggio ma non erano entrate. Non molte. Tre o forse quattro. Mi ha chiesto di portarti un messaggio.

— Sì?

— Vieni al villaggio per l’inverno. Tu hai fatto molti doni alla gente senza pelo, ha detto, soprattutto a lui e a Li-sa. Loro ti hanno dato pochissimo. Questo li fa sentire a disagio, ha detto. Un carro non procede in linea retta se i cornacurve che lo tirano non sono ben appaiati. Un arco non scaglia una freccia diritta se i due bracci non sono di uguale lunghezza.

Nia aggrottò la fronte. — Non ricordo di aver dato loro niente di importante.

Inzara fece il gesto che significava "può darsi". — Uno scambio non è concluso finché non sono tutti d’accordo che lo sia. È difficile dire che tipo di persona causi maggiori problemi: quella che rifiuta di dare o quella che rifiuta di prendere.

Nia non disse nulla.

Inzara continuò: — Un anno mi sono accoppiato con una donna a cui non piaceva prendere. Mi ha fatto quasi uscire di senno. Tutto quello che le davo era "troppo" o "troppo bello" o "troppo buono" per lei. Quanto ai suoi doni, che erano eccellenti, sosteneva che erano "piccoli" e "brutti". Avrei voluto picchiarla. L’ho lasciata il più in fretta possibile.

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