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Tutt’a un tratto mi venne in mente una poesia. Era Anishinabe.

A volte vado in giro provando pena per me

e all’improvviso

un grande vento mi trasporta per il cielo.

Il salone era affollato. C’erano persone che portavano sedie dalla sala da pranzo. Eddie e Derek erano in piedi presso il bar.

— Com’è andata? — chiesi a Derek.

— Con Nia? Benissimo. Ha identificato l’animale. È raro e solitario. Depone uova.

— Un animale così grosso?

— I dinosauri deponevano uova. Marina è eccitata. Crede che stiamo osservando un biosistema in transizione. Animali che sono originari di questo continente vengono rimpiazzati da animali provenienti dalle isole o dall’altro continente.

— O dalla Terra — disse Eddie.

— No — ribatté Derek. — Il team medico sostiene che i nostri germi se la cavano molto male negli organismi indigeni. I batteri muoiono di fame. I virus non fanno niente. Non riescono a usare il materiale genetico locale. Non possono riprodursi. — Sorrise. — Gli organismi nativi se la stanno cavando un po’ meglio dentro di noi, soprattutto alcune specie di microscopici vermi parassiti. Liberation Minh è molto eccitata da questi. Hanno capacità che non ci aspettavamo affatto.

— La fai sembrare una buona notizia — osservò Eddie.

— Trovo la cosa interessante. E Liberation non pensa che i vermi costituiscano un vero pericolo.

— Uh!

Derek mi rivolse un’occhiata. — Il team medico dice che possiamo risalire il fiume.

— Bene.

Entrò la Ivanova, accompagnata da una dozzina circa di membri dell’equipaggio. Era uno spettacolo inquietante. Si muovevano come un solo elemento, sedendosi tutti insieme in poltroncine che erano state messe da parte da altri membri dell’equipaggio.

— È ora di incominciare — disse Derek. Si issò sul banco del bar.

Mi arrampicai al suo fianco, anche se in modo meno elegante.

Derek alzò una mano nel gesto nativo che chiedeva attenzione. Le persone tacquero. — Okay. Chi farà da moderatore?

— Qualcuno che sia neutrale — disse la Ivanova.

Un uomo domandò: — È qui il signor Fang?

Mi guardai attorno. C’era, seduto nella terza fila dal fondo. Era esile e asciutto, con un portamento eretto e un’espressione vigile. I capelli bianchi striati di grigio erano legati in una crocchia. Portava la sua solita divisa: camicia di cotone blu scolorito su pantaloni di cotone blu scolorito.

Sussurrò qualcosa alla giovane donna al suo fianco. Lei si alzò. — Il signor Fang non si sente in grado di fare da moderatore. La sua voce non è abbastanza forte.

— Allora fallo tu — ribatté l’uomo.

La giovane donna arrossì. — Io sono l’apprendista del signor Fang. Non so niente di come si parla in pubblico.

A quel punto smisi di ascoltare. Con ogni probabilità i cinesi avevano scelto qualcuno per presiedere, ma non volevano proporre la persona. Sarebbe stato presuntuoso e antidemocratico. Invece ci sarebbe stata una discussione. Mi guardai in giro per la stanza cercando di valutare il numero complessivo di persone presenti. Oltre un centinaio. Un terzo circa era costituito da membri dell’equipaggio. Dovevano aver fatto venire tutti dagli aerei a razzo. Sorrisi alle persone che conoscevo. Harrison Yee se ne stava in piedi sul fondo, appoggiato alla parete, a braccia conserte. Alzò una mano in un cenno di saluto. Strano, avrei dovuto vederlo prima di questa occasione.

Fu scelta la persona che doveva presiedere: una donna cinese di mezza età. Aveva una voce forte e ferma, con poco accento.

— Si sta facendo tardi. Queste persone dovranno alzarsi presto. Propongo un ordine del giorno molto limitato. Credo che due quesiti siano di particolare interesse per tutti i presenti.

"Anzitutto, che cosa è successo a Lixia e a Derek? Perché abbiamo perso i contatti con loro?

"E in secondo luogo, che cosa pensano che accadrà domani? Che cosa faranno i nativi?"

L’ordine del giorno venne approvato per alzata di mano. Derek fece un resoconto del nostro incidente. Fu conciso e chiaro. Io me ne stavo al suo fianco e mi sentivo a disagio. Non amavo particolarmente le riunioni e non mi andava di essere al centro dell’attenzione. Ero un’osservatrice e volevo trovarmi in mezzo al pubblico. Quando Derek ebbe concluso, la moderatrice mi chiese se avevo qualcosa da aggiungere.

— No.

— Vuoi rispondere tu alla domanda successiva?

— Che cosa faranno i nativi? Non ne ho la minima idea.

Derek aggiunse: — Sono abituati ai viaggiatori, e non hanno paura degli stranieri. Ma gli stranieri si limitano a passare. Per quanto siamo in grado di giudicare, le loro culture sono distinte le une dalle altre. Non si mescolano. Forse perché non hanno una tradizione di guerre. Non conquistano i loro vicini. Non si portano via a vicenda come schiavi. Non saccheggiano né stuprano. Non si rubano mogli.

— Questa è una tangente? — chiese la moderatrice.

— No. Se noi fossimo viaggiatori, ci farebbero una buona accoglienza. Ma noi intendiamo chiedere il permesso di restare. Non ho idea di come reagiranno.

Harrison Yee alzò la mano. La moderatrice puntò il dito verso di lui.

— Questa situazione non può essere del tutto nuova. Questo pianeta ha malattie e vulcani. Devono esserci stati villaggi che sono rimasti talmente danneggiati da qualche disastro naturale da non poter sopravvivere per proprio conto.

— Sì — ammise Derek. — Ma non ne abbiamo sentito parlare.

Un’altra persona disse: — Sei sicuro che non ci sia stato nessuno scambio di materiale genetico? Hai visto qualche prova di accoppiamento fra consanguinei?

— No — risposi. — E credo che Derek stia esagerando la situazione. Sappiamo che ci sono individui che si spostano da una cultura all’altra. Probabilmente c’è abbastanza di questo genere di movimento da impedire gravi forme di accoppiamento fra consanguinei. Ma per quanto siamo in grado di giudicare, non c’è quel genere di mescolanza di intere popolazioni che è stato frequente sulla Terra.

— In quel caso — osservò il tizio — dovrebbe esserci una diversità genetica assai maggiore. Credo che vi sbagliate. Credo che questi individui riescano a incrociarsi.

— Sto solo riferendo quello che ho visto. E la mia conclusione è che non sappiamo come reagiranno queste persone a un mucchio di stranieri intenzionati a stabilirsi in mezzo a loro.

— Non stiamo parlando di un soggiorno permanente — disse una donna. Aveva un accento delle Indie Orientali. — Non è vero?

— Siete pregati di alzare la mano prima di parlare — disse la moderatrice. — Non vogliamo che questa riunione diventi incontrollata.

Un uomo di colore alzò la mano. La moderatrice puntò il dito verso di lui. L’uomo disse: — So che è stato deciso di mandare gruppi misti. Uomini e donne. Penso che sia una follia. I nativi hanno scacciato… quanti uomini? Gregory. Derek. Harrison. Otterremo solo il risultato di farli infuriare.

— Sono assolutamente d’accordo con te — disse la Ivanova.

Eddie intervenne: — Non abbiamo intenzione di entrare in un villaggio finché non avremo spiegato la situazione e chiesto il permesso. Se diranno che gli uomini non possono entrare, non lo faremo. — Abbozzò un breve sorriso. — Il che potrebbe costituire un problema per la mia posizione. Se necessario, chiederò a Lixia di presentare le ragioni del non intervento, anche se preferirei farlo di persona.

— È probabile che vi dicano di andarvene tutti — ribatté l’uomo di colore. — Ciò che state facendo non ha niente a che vedere con l’onestà. Questa è una mancanza di rispetto per la cultura e le opinioni di un’altra popolazione.

La Ivanova annui. — Hai ragione. Ma tieni presente che abbiamo già ottenuto quello che volevamo in questa regione. Derek e Lixia sono stati salvati. Se i nativi ci diranno di andarcene, non avremo perso molto. Potremo mandare un gruppo di donne in un altro villaggio.

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