— Io non ho proprio niente da discutere — ho detto io, e parlavo sul serio. Non con lei. Indipendentemente da quanti conigli modificati geneticamente se ne uscivano fuori.
Il sole ora era più basso e l’aria si stava facendo fredda. La mia passeggiata era stata comunque rovinata. Sono risalito sull’argine del fiume, prendendo tempo. La dottoressa Turner era tanto furba da sapere di non dover cercare di aiutarmi.
Lizzie stava ballando nell’appartamento, pulita dopo il bagno, agitando il terminale da studio. — Il teorema di Godel, Billy!
Era uno strazio come la dottoressa Turner con le sue lenti di ingrandimento e le tane dei conigli. Ero comunque contento di vedere Lizzie così felice.
— Guarda, Vicki, guarda cosa succede se prendi questa formula e ci inserisci questi numeri.
— Fammi togliere il cappotto, signor Godel — ha detto la dottoressa Turner, il che non aveva senso proprio come le sue parole al fiume. Lei però stava sorridendo a Lizzie.
Lizzie non riusciva quasi a stare ferma, lei. Qualsiasi cosa aveva in quel terminale-biblioteca doveva essere tremendamente eccitante. Mi ha preso il bastone e ha cominciato a ballarci attorno come se era un compagno. Poi ci si è messa a cavalcioni come se era un cavalluccio. Lo ha poi sollevato alto sopra la testa come una bandiera. Da tutto questo ho capito che Annie non era a casa.
— D’accordo, vediamo questo teorema di Godel — ha detto la dottoressa Turner. — Sei entrata nelle varianti di Sven Bjorklind?
— Certo che l’ho fatto, io — ha detto Lizzie seccata. Non riuscivo a toglierle gli occhi di dosso. Era come una luce. Un sole. La mia Lizzie.
La mattina dopo era così malata che non si poteva muovere.
Non sembrava una malattia che avevo mai visto prima, certamente non come la febbre che aveva avuto in estate. Lizzie aveva la diarrea con il sangue dentro. Annie continuava a svuotare il secchio e ripulirlo, ma l’appartamento puzzava ancora terribilmente. Lizzie non riusciva a muovere le gambe o la testa senza sentire male. Io e Annie siamo stati svegli con lei tutta notte. Ora dell’alba non piangeva nemmeno più, stava semplicemente stesa lì, con gli occhi sbarrati senza vedere niente. Ero terrorizzato. Era solo stesa lì.
Ho detto ad Annie: — Vado a chiamare la dottoressa Turner. È giù al caffè, lei, a guardare le notizie sulla legge marziale…
— Lo so io dov’è! — ha replicato seccamente Annie perché era così preoccupata per Lizzie e così esausta. — È stata lì tutta la notte, no? Ma Lizzie non ha più bisogno di un dottore Mulo lei. Questa volta l’unità medica funziona.
Io non sono stato a dirle che erano stati i Muli a inventare le unità mediche. Anche io ero troppo spaventato. Lizzie rantolava e aveva scariche di diarrea nel letto.
— Vai avanti tu e sveglia Paulie. Io la porterò non appena l’avrò lavata.
Paulie Cenverno è diventato sindaco da quando Jack Sawicki è stato ucciso. Paulie ha il codice della clinica. Ho afferrato il bastone, io, e sono partito di gran carriera per andare nell’edificio dove si trovava l’appartamento di Paulie.
Fuori era freddo e grigio, ma si sentiva un odore dolciastro il che mi ha fatto spaventare ancora di più per Lizzie. A metà strada ho incontrato la dottoressa Turner. Aveva un aspetto così stanco e stravolto che la sua faccia modificata geneticamente sembrava quasi insignificante.
— Billy? Cosa c’è? — Mi ha stretto forte un braccio. — Hai una faccia… Lizzie? Si tratta di Lizzie?
— È molto malata. È peggiorata così in fretta… morirà! — Mi è semplicemente venuto fuori dalla bocca. Ho pensato che stavo per svenire. Lizzie…
— Fai aprire a Paulie la clinica. Io aiuterò Annie. — È sparita in un attimo correndo come una volta sapevo fare anche io.
Paulie si è alzato immediatamente, lui. Quando siamo arrivati alla clinica, Annie e la dottoressa Turner erano già lì. La dottoressa Turner teneva in braccio Lizzie. Lizzie stava piangendo. Le sue povere gambe penzolavano come rami spezzati.
Mi è sembrato di avere dei carboni ardenti giù nello stomaco, tanto che avevo paura. Nessuna malattia dei bambini doveva peggiorare tanto e tanto in fretta.
La clinica non è altro che uno sgabuzzino sigillato in pietra spugnosa, niente finestre, grande abbastanza da contenere quattro o cinque persone in piedi. Paulie ha detto: — Appoggiatela qui, proprio qui. — Paulie, in effetti, non ci capiva niente. Era spaventato proprio come noi.
La dottoressa Turner ha appoggiata Lizzie sulla lettiga dell’unità medica, l’ha legata e ha infilato la lettiga all’interno dell’unità. Potevamo vedere Lizzie attraverso le finestre in plastichiara. Sono usciti fuori degli aghi che si sono infilati dentro Lizzie, ma lei non ha gridato, lei. Era come se non stava sentendo niente di quello che accadeva.
Sono trascorsi un po’ di minuti. Lizzie non si muoveva. Sembrava addormentata. Forse l’unità medica le aveva dato qualcosa per dormire. Alla fine l’unità medica ha detto: — L’unità è inadeguata per effettuare una diagnosi. La configurazione virale non è in archivio. Sono stati somministrati antivirus ad ampio spettro e antibiotici secondari… — C’era dell’altro. Nessuno è mai stato a sentire un’unità medica. Si lasciava unicamente che ci rimettesse a posto.
La dottoressa Turner invece ha fatto un balzo come se le avevano sparato. Ha scansato Paulie di lato, lei, e ha parlato con l’unità medica.
— Informazioni aggiuntive! Di che classe è la configurazione virale?
— Sono state superate le capacità di questa unità. Questa unità risponde solo manualmente a richieste mediche specifiche.
— Politici da quattro soldi. — La dottoressa Turner ha parlato ancora con l’unità medica e si è aperto un pannello su un fianco dove io non avevo mai visto nessun pannello. Dentro c’era un monitor e una tastiera. La dottoressa Turner ha digitato freneticamente. Ha poi studiato lo schermo.
— Cosa c’è? — ha chiesto Annie. — Che cos’ha Lizzie? — La voce di Annie era debole e lamentosa. Non sembrava per niente Annie.
Questa volta la dottoressa Turner non aveva più l’espressione da giocatore di scacchi. Questa volta aveva l’aspetto uguale alla sensazione che mi dava il mio stomaco. Le ossa sul suo volto sporgevano come se qualcuno gliele aveva tirate fuori dalla pelle.
— Billy, Lizzie ha toccato forse la punta del tuo bastone da passeggio? L’estremità con cui hai ribaltato il coniglio marrone?
Io ho rivisto Lizzie che danzava attorno all’appartamento con il mio bastone, che lo cavalcava, che lo agitava tenendolo in punta, che cantava su quel teorema di Godel. Qualcosa nelle budella mi è calato e ho pensato che stavo per vomitare.
— Sì. Stava giocando, lei.
La dottoressa Turner si è accasciata contro la parete. Aveva una voce densa. — Non è stato l’Eden. Non è stato l’Eden a creare quel coniglio. L’hanno fatto gli altri, il laboratorio illegale che ha diffuso il disgregatore, oh, Cristo santo all’inferno!
— Non si bestemmia — ha detto Annie, ma senza essere infuocata. Aveva gli occhi spalancati come quelli di Lizzie. Lizzie che ho capito che stava per morire.
Paulie ha detto: — Eden? Cos’è questa storia sull’Eden? — Aveva una faccia tesa e contratta.
La dottoressa Turner mi ha guardato. I suoi occhi, viola modificati geneticamente, innaturali quanto un coniglio dalle zampe bianche color marrone in un rigido novembre, non mi vedevano. Ne ero sicuro. Vedeva qualcosa d’altro, lei, e le sue parole non avevano senso. — Un cagnolino rosa. Un cagnolino rosa con quattro orecchie e degli occhi ipergrandi.
— Cosa? — ha detto di nuovo Paulie Cenverno sconcertato. — Cos’è ’sto cagnolino?
— Un cagnolino rosa. Senziente. Sacrificabile.
— Basta, adesso. Basta — ho detto io perché lei era fuori di testa, forse, e io mi sono reso conto che avrei avuto bisogno di lei. Bisogno che era in sé. Per portare Lizzie. No, poteva farlo Annie. Ma Annie non era abbastanza in forma per portare Lizzie. Paulie, allora. Ma Paulie stava già uscendo dalla clinica, lui. Lì stava succedendo qualcosa di strano e a lui non piaceva e quando a Paulie non piaceva qualcosa se ne allontanava. Non è come era il sindaco Jack Sawicki.