Non ne ebbi bisogno. Feci scivolare l’impianto sotto la pelle della coscia, sigillai la piccola incisione e ripulii dal sangue l’involucro del trasmettitore. Lo dissigillai. Gli occhi neri di Lizzie erano enormi nel suo volto piccino.
Dissi: — Ti avevo detto di non venire.
— La vista del sangue non mi fa svenire!
— Bene. — Il trasmettitore era un wafer nero e piatto sul palmo della mia mano. Lizzie lo osservò con interesse.
— Usa trasformatori di onde Malkovitch, vero? — Quindi, con una voce differente: — Chiamerai il governo perché così ci viene ad aiutare?
— Sì.
— Avresti potuto chiamare prima. In qualsiasi momento?
— Sì.
Gli occhi neri restarono seri. — Allora perché non l’hai fatto?
— La situazione non era sufficientemente disperata.
Lizzie rifletté. Era tuttavia ancora una bambina, nonostante la stupefacente intelligenza, il linguaggio specifico e l’artificiosità pseudotecnica che le avevo insegnato. Aveva passato due settimane terrificanti. All’improvviso mi picchiò i pugni sulle ginocchia, deboli colpi inefficaci di mani fredde e guantate. — Avresti potuto aiutarci prima! E Billy non finiva che gli facevano male e il signor Sawicki non moriva e io non avevo così tanta, tanta fame! Potevi! Potevi!
Attivai il trasmettitore tramite codice di contatto e dissi chiaramente: "Agente Speciale Diana Covington 6084 barra A, a Colin Kowalski, 83 barra H. Emergenza Priorità Assoluta: sedici-quarantadue. Ripeto sedici-quarantadue. Inviate grande task force".
— Ho "tanta" fame — singhiozzò Lizzie contro le mie ginocchia.
Infilai in tasca il trasmettitore e la presi in braccio. Lei nascose la testa contro il mio collo: aveva il naso freddo. Guardai il fiume soffocato dal ghiaccio, il sangue dell’involucro sulla neve sporca e il cielo insolitamente azzurro. All’ECGS sarebbe occorsa forse qualche ora per arrivare da New York. I Super-Insonni, nel loro Eden nascosto, erano però già qui. Ovviamente non c’era alcuna possibilità che non avessero captato il mio messaggio. Captavano ogni cosa. Quanto meno era ciò che mi era stato detto.
Strinsi forte Lizzie ed emisi inutili mugolii materni. Il suo naso freddo mi gocciolava sul collo.
— Lizzie, ti ho mai raccontato di un cagnolino che ho visto una volta? Un cagnolino rosa modificato geneticamente che non sarebbe mai dovuto esistere, poverino?
Lei però continuò a singhiozzare, infreddolita, affamata e tradita. Era effettivamente giusto così. A quel punto la storia del cane di Stephanie Brunell sembrò sciocca perfino a me, una cosa in cui avevo un tempo creduto, in cui probabilmente ancora credevo, ma che non ricordavo più chiaramente.
Come tante altre cose.
L’ECGS si presentò nel giro di un’ora cosa che, devo ammettere, mi impressionò. Dapprima arrivarono gli aerei, quindi le aeromobili e, per la nottata, la ferrovia a gravità era in funzione ed entrava ruggendo a East Oleanta con un contingente di trenta agenti dallo sguardo tranquillo, alcuni tecnici e moltissimo cibo. I tizi del governo lavorano meglio a stomaco pieno. I tecnici si sparpagliarono per la città a riparare cose. L’ECGS sistemò il quartier generale al Caffè Congressista Janet Carol Land, estese uno scudo a energia-Y attorno alla metà di esso più lontana dai tecnici che rifornivano la catena alimentare e ordinò a tutti gli altri di restare fuori, cosa che i buoni cittadini furono felici di fare, visto che il cibo veniva dispensato dalle rovine del Deposito. Sa solo Dio come lo stessero cuocendo. Forse si stavano mangiando la sinto-soia cruda.
— Signorina Covington? Sono Charlotte Prescott. Sono temporaneamente al comando, qui, fino all’arrivo di Colin Kowalski dalla Costa Ovest. Venga con me, la prego.
Era alta, dai capelli di fiamma, assolutamente magnifica. Geni molto costosi. Aveva l’accento che si accompagna al danaroso Nord-est e occhi simili alla Foresta Pietrificata. La seguii, ma non priva di un’espressione tipica da protesta-di-piccola-Diana: spiritata, ma essenzialmente inefficace.
— Non intendo parlare finché non sarò sicura che due persone vengano nutrite. Tre, a dire il vero. Un vecchio, una bambina e la madre della bambina: potrebbero non essere in grado di cavarsela nella folla che c’è lì fuori. — Che stavo dicendo? Annie Francy se la sarebbe potuta cavare anche in mezzo all’ultima battaglia di Custer, protestando a non finire per il fatto che gli indiani non si stavano comportando correttamente.
Charlotte Prescott disse: — Di Lizzie, Francy e Billy Washington ci siamo già occupati. La guardia all’appartamento procurerà loro il cibo.
Ed era a East Oleanta da soli dieci minuti.
Charlotte Prescott e io ci sedemmo l’una dirimpetto all’altra su due sedie in sintoplastica da caffè e io le raccontai tutto ciò che sapevo. Avevo seguito Miranda Sharifi da Washington a East Oleanta dopo di che lei era sparita. L’avevo cercata per i boschi. Alcuni degli abitanti del luogo credevano che ci fosse un luogo nelle montagne chiamato Eden, probabilmente un laboratorio di modificazione genetica illegale, clandestino e schermato e io credevo che fosse il posto da cui Huevos Verdes stava liberando il disgregatore di duragem. Avevo seguito svariati abitanti del luogo nei boschi sperando di scoprire l’Eden, ma non avevo mai visto nulla e adesso ero convinta che nessuno sapesse dove, o se, questo mitico posto esistesse.
L’ultima affermazione non era del tutto vera. Sospettavo ancora che Billy Washington sapesse qualcosa. Volevo tuttavia dirlo direttamente a Colin Kowalski, di cui mi fidavo almeno parzialmente, piuttosto che a Charlotte Prescott, di cui non mi fidavo affatto. Mi ricordava molto Stephanie Brunell. Billy era un vecchio ignorante e indisponente, ma non era un cagnolino rosa e non volevo facesse la stessa fine.
La Prescott disse: — Perché non ha fatto rapporto sulla sua posizione o sulla sospetta posizione di Miranda Sharifi non appena ha raggiunto East Oleanta? O magari durante il tragitto?
— Ero abbastanza certa che l’avamposto dei Super-Insonni sarebbe stato in grado di monitorare qualsiasi strumento tecnologico avessi usato.
Era un buon colpo: nemmeno l’ECGS si vantava di potere superare in quanto a invenzioni i Super. La Prescott non palesò alcuna reazione.
— Lei stava violando ogni procedura dell’Ente.
— Non sono un agente regolare. Svolgo un ruolo da jolly per Colin Kowalski, in funzione di informatore. Lei non saprebbe, ancora adesso, della mia esistenza se lui non gliene avesse parlato.
Ancora nessuna reazione. Aveva la capacità, come una specie di rettile, di frapporre una membrana nittitante fra se stessa e qualsiasi granello di sabbia volesse intrufolarsi. Notai questo di lei: i suoi limiti, la sua rigidità derivante dall’automatica assunzione di superiorità. Non riuscii tuttavia a fare a meno di sentirmi priva di valore rispetto a lei, in un modo che non avevo provato da mesi interi. Io, con la mia tuta sgualcita turchese e i capelli incolti, lei che sembrava uscita fuori da una pubblicità olovisiva per l’Enclave di Central Park East. Perfino le sue unghie erano perfette, modificate geneticamente in rosa, così da non avere mai il bisogno di essere laccate.
L’interrogatorio proseguì. Fui onesta quanto potevo esserlo, eccetto riguardo a ciò che concerneva Billy. La cosa non alleviò il mio umore che era mediamente pessimo.
Colin Kowalski arrivò circa alle nove di sera. Ero ancora agli arresti domiciliari, o quello che erano, ma Charlotte Prescott era apparentemente a corto di domande. La catena del cibo stava funzionando, servendo un’insaziabile fila di affamati che sbirciavano con curiosità lo scudo a energia-Y, affollati in metà del loro caffè, senza potere tuttavia vedere nulla a causa dello strato esterno che era stato reso opaco in una sola direzione.
— Colin. Sono felice che tu sia qui.
Era infuriato, non lo stava nascondendo, ma teneva l’ira sotto controllo. Aveva buoni motivi per tutte e tre le cose.