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— Ah — disse Ethan, con una smorfia. — Su Athos, clonare è uno dei Sette Peccati Capitali.

Lei inarcò un sopracciglio. — Ah, sì? Quale peccato?

— La vanità.

— Non sapevo che la vanità fosse un peccato… oh. be’. Il punto è che se qualcuno avesse offerto a Casa Bharaputra abbastanza soldi, loro avrebbero riempito quelle nove scatole di… di tritoni morti. O di super-soldati bio-modificati alti due metri e mezzo, o di qualsiasi cosa gli fosse stata richiesta. — Quinn tacque, e bevve la sua birra.

— Allora, quale sarà la nostra prossima mossa? — domandò baldanzosamente lui.

La mercenaria si mordicchiò un labbro.

— Non lo so. Io non avevo pianificato la morte di Okita, cerca di capirmi. Non ho l’ordine di intervenire attivamente in questo affare… al contrario, le mie istruzioni sono di osservare. Professionalmente parlando, nel salvarti io ho commesso un errore. Avrei dovuto assistere alla tua dipartita, prenderne nota con rammarico, e poi spedire un rapporto cifrato all’ammiraglio Naismith.

— E lui, uh, le farà passare dei guai per questo? — domandò nervosamente Ethan, mentre in lui lampeggiava la visione paranoica di quell’ammiraglio che ordinava severamente a Quinn di restaurare l’equilibrio originario mandandolo a raggiungere Okita.

— Naah. Anche lui si permette degli errori professionali, a volte. Questo è pericoloso; un giorno o l’altro si farà ammazzare. Ma finora è riuscito a far andare dritte le cose, perché sa come farsi baciare dalla Dea Bendata. — Quinn spazzò via l’ultima confezione fast-food dal vassoio, vuotò il bicchiere di birra e si alzò in piedi. — Il dovere mi chiama. È adesso che devo tenere d’occhio Millisor. Se qui su Stazione Kline ha degli agenti di cui non so nulla, mettendosi a cercare te e Okita dovrebbero uscire dall’ombra. Tu puoi dormire qui. Non devi lasciare la stanza.

Di nuovo imprigionato, anche se più comodamente. — Ma i miei abiti, il mio bagaglio, la mia stanza… — La sua Camera Turistica Economica, che continuava a costargli soldi. — Io ho un incarico da svolgere, per conto del mio governo.

— Tu non devi neppure avvicinarti a un chilometro dalla tua stanza d’albergo! — Quinn sbuffò spazientita. — Mancano otto mesi al giorno in cui dovrai imbarcarti per tornare su Athos, giusto? Ti propongo questo: tu mi aiuti nella mia missione, e io ti aiuterò con la tua. Se fai quello che ti dico potresti perfino vivere abbastanza da portarla a termine.

— Sempre presumendo — disse Ethan, di malumore, — che il Ghem-colonnello Millisor non le offra per i suoi servizi più di quanto la stanno pagando Casa Bharaputra e l’ammiraglio Naismith.

Lei infilò le scarpe, poi si gettò sulle spalle la blusa bianca e grigia, un indumento pieno di tasche che sembravano aver contenuto cose troppo pesanti per quella stoffa. — Voglio sprecare il fiato per segnalarti un fatto, athosiano: ci sono cose che il denaro non può comprare.

— Quali, mercenaria?

Sulla porta Quinn si fermò e le sue labbra si curvarono lievemente, malgrado la freddezza dello sguardo.

— Gli errori professionali.

Il primo giorno della sua semi-volontaria detenzione Ethan lo trascorse dormendo, per smaltire la stanchezza, il terrore, e il cocktail biochimico delle 24 ore precedenti. Fece torpidamente ritorno alla coscienza una prima volta mentre la comandante Quinn attraversava la stanza in punta di piedi, ma non gli parve che l’atteggiamento di lei fosse sospetto e richiuse gli occhi.

La seconda volta che si svegliò, molto più tardi, trovò la mercenaria addormentata sul pavimento in pantaloni e camicia, con la blusa arrotolata sotto la testa. Gli occhi della femmina si socchiusero per seguirlo quando lui scese dal letto per andare nel bagno.

Il secondo giorno, tentando la maniglia della porta, scoprì che la comandante Quinn non lo chiudeva dentro a chiave durante le lunghe ore in cui stava assente. Un po’ sorpreso andò avanti e indietro nel corridoio deserto dell’albergo per una ventina di minuti, cercando di spremersi il cervello su qualche progetto razionale che non comprendesse l’eventualità di cadere nelle mani di Millisor, i cui uomini lo stavano senza dubbio cercando per tutta la stazione. Il ronzio di un robot delle pulizie che girava l’angolo lo indusse a rientrare precipitosamente in camera, col cuore in gola. Forse non c’era niente di male nel lasciare che la femmina mercenaria lo proteggesse ancora un po’ di tempo.

Il terzo giorno aveva recuperato abbastanza chiarezza di mente da preoccuparsi di ogni aspetto della pericolosa situazione in cui si trovava, anche se non gli era tornata energia fisica sufficiente per far qualcosa in merito. Di malumore cominciò a leggere un testo di storia galattica sullo schermo della consolle di comunicazione. La biblioteca dell’albergo era ben fornita di libri e film.

Alla fine del giorno successivo si rese dolorosamente conto di quant’era inadeguata la cultura che si stava facendo, e che fino a quel momento consisteva in due libri di storia galattica molto generale e riassuntiva (una storia delle esplorazioni, e una storia del commercio interstellare) un manuale alberghiero per turisti in visita a Cetaganda, che comprendeva anche una storia di quel pianeta, e un film olovideo intitolato Naufragio sul Pianeta dell’Amore, su cui era inciampato per caso in un momento in cui era troppo stordito per spegnerlo e guardare qualcos’altro. Vivere con le donne non generava soltanto strani problemi negli uomini, ma a quanto pareva anche stranissimi comportamenti. Quanto gli restava prima che le irradiazioni telepatiche, o qualunque cosa emanasse la comandante Quinn, cominciassero a far agire in quel modo anche lui? Avrebbe spalancato d’improvviso la camicetta davanti a lui. esibendo la sua ipertrofia mammaria, allo scopo di fissare "l’impronta" nella sua mente, come mamma anatra sui pulcini appena usciti dall’uovo? O gli avrebbe conficcato in corpo la sua vibrolama. se lui avesse avuto (o non avesse avuto) una reazione ormonale causala dalla sua vicinanza?

Ethan scosse il capo, frustrato, e maledisse la timidezza che lo aveva indotto a restare in cabina nei due mesi di viaggio fino a Stazione Kline. Mantenere la purezza di mente e di propositi era positivo, ma restare ignorante significava prendere la scorciatoia per l’inferno; se la sua anima doveva essere sacrificata sull’altare della necessità, per Dio il Padre, il bene di Athos meritava questo ed altro. Coraggiosamente mise da parte il pudore e continuò a leggere.

Nella sua discesa spirituale, lo stato psichico opposto al nirvana era l’eccitazione euforica, e il sesto giorno l’aveva raggiunta.

— Cosa diavolo sta facendo quel Millisor, là fuori? — domandò alla comandante Quinn durante una delle sue brevi soste nella camera d’albergo.

— Al momento non sta facendo nulla di ciò che avevo sperato — ammise lei. Depose sullo scaffale le forbicine con cui s’era tagliata le unghie dei piedi e si mise un paio di calze rosse. Aveva appena acquistato diversi articoli in un grande magazzino, fra cui qualcosa anche per lui. — Non ha notificato la sparizione di Okita alle autorità della stazione, e non ha contattato il tuo albergo per sapere se ti hanno visto, anche se probabilmente lo sta facendo sorvegliare. Non ha convocato altro personale a me sconosciuto, il che tuttavia non esclude che ce ne sia. dato che i cetagandani hanno un consolato qui. Non ha prenotato posti su navi in partenza, e per ora non sembra intenzionato a lasciare la stazione. La cura che sta mettendo nel tutelare la sua copertura fa anzi pensare che progetti di restare qui per qualche tempo. L’altra settimana ero convinta che avrebbe cercato di penetrare sulla nave del censimento arrivata da Athos, nell’ipotesi che tu fossi venuto qui portando con te quel materiale per restituirlo al mittente. Ma adesso è chiaro che sta aspettando qualcos’altro. E deve trattarsi di una cosa importante, se rinuncia perfino a indagare sulla misteriosa scomparsa di uno dei suoi dipendenti.

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