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Metzov sembrava malridotto, depresso, ma testardamente deciso a ignorare ciò che gli veniva fatto, e le sue labbra erano strette in una linea sottile. L'ufficiale medico gli aveva steccato il polso destro mentre si riprendeva dagli effetti dello storditore. Il suo silenzio era inutile, lui stesso lo sapeva bene, così come sapeva che fino ad allora quel silenzio era stato rispettato con la strana forma di cortesia riservata a chi stava per essere sottoposto al penta-rapido.

Oser si volse a Miles, accigliato. — Lei è esperto in questo tipo di trattamento?

— Finché non mi si chiede di fare un intervento chirurgico sul cervello, sì. Procediamo. Ho motivo di sospettare che il tempo sia una questione vitale.

Oser fece un cenno d'assenso a Elena. La giovane donna raccolse l'ipospray, calibrò la dose, appoggiò l'estremità svasata della siringa al collo di Metzov e premette il pulsante. L'uomo chiuse un attimo gli occhi, con una breve smorfia disperata. Dopo alcuni secondi le sue mani si rilassarono sui braccioli. La muscolatura del volto si ammorbidì bruscamente in un sorriso vacuo, da idiota. Non era una trasformazione piacevole da osservare; col crollo della tensione psicofisica la sua faccia appariva quella di un vecchio, un uomo senile d'un tratto falsamente a suo agio di fronte ad avversari a cui si compiaceva di esibire un sorrisetto sprezzante.

Elena gli controllò le pupille e le pulsazioni. — Va bene. È tutto vostro, signori. — Si fece indietro e appoggiò le spalle alla parete di vetro, incrociando le braccia, con un'espressione chiusa quasi quanto quella che aveva abbandonato il volto di Metzov.

Miles allargò le mani. — Dopo di lei, ammiraglio.

Oser annuì seccamente. — Grazie, ammiraglio. — Si accostò all'uomo legato alla poltroncina e lo scrutò, con aria speculativa. — Generale Metzov… è questo il suo nome, Stanis Metzov?

Lui ebbe un sogghigno contorto. — Sì, quello è il mio.

— Ed è lei il secondo nella linea di comando dei Randall Rangers, attualmente?

— Puoi scommetterci che sono io.

— Chi le ha dato l'ordine di assassinare l'ammiraglio Naismith?

Metzov spalancò gli occhi con ingenuo stupore. — Chi?

— Si riferisca a me col nome di Miles — suggerì lui. — Quest'uomo mi ha conosciuto… sotto pseudonimo. — Le possibilità che il suo «pseudonimo» aveva di restare sconosciuto per tutta la durata dell'interrogatorio erano quelle di una palla di neve che rotolasse verso la bocca di un forno. Ma non c'era modo di evitarlo.

— Chi le ha ordinato di uccidere Miles?

— Cavy, naturalmente. Chi credevi? Il piccolo sgorbio era scappato, capisci? Io sono il solo di cui quella… quella… quella stupida cagna possa fidarsi…

Miles alzò una mano. — In realtà è stata la stessa Cavilo a farmi imbarcare, di notte e in segreto — disse a Oser. — Di conseguenza il generale Metzov è stato ingannato. Ma a quale scopo? Ora è il mio turno, credo, se permette.

Oser allargò un braccio nel gesto di prego-si-accomodi, e fece un passo indietro. Miles si alzò dalla panca per portarsi di fronte a Metzov, nel suo campo visivo. Malgrado l'euforia artificiale del penta-rapido, l'uomo riuscì ad esprimere rabbia; emise un ringhio ostile e mosse le braccia. Poi sogghignò ancora, ferocemente.

Miles decise di cominciare con la domanda su cui si era assillato più invano e a lungo: — Chi… quale obiettivo avete programmato per l'attacco in superficie?

— Vervain — disse Metzov.

Oser sbatté le palpebre, sbalordito. In quella pausa d'incredulo silenzio Miles si sentì il sangue pulsare negli orecchi.

— Vervain è il pianeta che vi ha assoldato! — ansimò Oser.

— Oh, Dio… Dio… finalmente, ora il conto torna! — esclamò Miles. Per l'emozione vacillò, ed Elena si scostò dalla parete per sorreggerlo. — Sì, sì. Ora sì…

— Ma è follia! — commentò Oser. — Dunque è questa la sorpresa di Cavilo?

— Non è ancora tutto, però. Potrei scommetterci. Le forze da sbarco di Cavilo sono più numerose delle nostre, ma neppure lontanamente all'altezza di conquistare un pianeta come Vervain o stabilire una testa di ponte durevole. Al massimo potrebbero imboscarsi e compiere azioni di guerriglia. Oppure un'incursione rapida…

— Incursione rapida — annuì Metzov, con un sorriso soddisfatto.

— Qual è il vostro bersaglio particolare? — chiese Miles, in tono incalzante.

— Banche… musei d'arte… banche genetiche… ostaggi…

— Questa è un'incursione piratesca - disse Oser. — E il bottino? Cosa diavolo pensate di farne?

— Rivenderlo sul Gruppo Jackson, durante la fuga. C'è già chi è disposto a pagarlo bene.

— E come avete programmato di sfuggire alla flotta dei vervani, dopo un'azione così criminosa? — domandò Miles.

— Colpiremo prima che le loro nuove astronavi siano attrezzate. La flotta d'invasione cetagandana le coglierà nei cantieri orbitali. Bersagli seduti. Facile.

Il silenzio, stavolta, fu profondo.

— Questa è la sorpresa di Cavilo — mormorò infine Miles. — Già. È proprio degna di lei.

— I cetagandani… invasione? — Oser si grattò la mandibola, mentre lo sguardo vagava sulla parete.

— Il conto torna. Oh, Dio, se torna. — Miles andò avanti e indietro nel cubicolo, a passi incerti. — Qual è il solo modo per conquistare un corridoio di transito? Dai due lati contemporaneamente. I veri datori di lavoro di Cavilo non sono i vervani… ma i cetagandani. - Si volse di scatto e puntò un dito verso il generale, che continuava ad annuire stupidamente con bovina soddisfazione. — E ora vedo il ruolo di Metzov, chiaro come la luce del sole.

— Pirata — disse Oser, sprezzante.

— No: capro espiatorio.

— Cosa?

— Quest'uomo, come lei presumo non sappia, è stato scacciato dal Servizio Imperiale Barrayarano per condotta brutale.

Oser sbatté le palpebre. — Dal Servizio Imperiale Barrayarano? Avrei detto che dessero una medaglia per cose simili. Deve aver fatto qualcosa di veramente brutale.

Miles soppresse un impulso di rabbia. — Be', sì. Diciamo che, uh… ha scelto la vittima sbagliata. Comunque sia, non vede come stanno le cose? La flotta d'invasione cetagandana balza nello spazio locale dopo il segnale di Cavilo. Questo immediatamente dopo il sanguinoso raid dei Randall Rangers, che incamerano l'oro e i tesori d'arte di Vervain. Per pura bontà d'animo i cetagandani s'incaricano quindi di «salvare» il pianeta così vigliaccamente ferito dai mercenari traditori. I Rangers fuggono verso il Gruppo Jackson lasciando qui Metzov a fungere da capro espiatorio, come gettandolo dalla troika ai lupi… — oops, quella non era una tipica metafora betana, — in modo che i cetagandani possano fucilarlo pubblicamente e dimostrare la buona fede del loro intervento con una scusa di questo genere: "Guardate ciò che un diabolico generale barrayarano vi ha fatto. Sapevamo bene che avevate bisogno della nostra amichevole protezione contro la minaccia dell'Impero di Barrayar, e perciò eccoci qua".

«E Cavilo riscuote la sua paga tre volte: una dai vervani, una dai cetagandani, e una dal Gruppo Jackson a cui può smerciare il bottino mentre abbandona questa zona di spazio. Un buon profitto per tutti… salvo che per i vervani, ovviamente. — Miles tacque, per riprendere fiato.

Oser cominciava a sembrare persuaso. E preoccupato. — Lei pensa che i cetagandani intendano spingersi qui nel Mozzo? O che si fermeranno a Vervain?

— Perché dovrebbero fare le cose a metà? Il vero bersaglio strategico è il Mozzo Hegen. Vervain è solo la porta d'ingresso. E la scusa dei «mercenari pirati» è ottima, in quanto consente ai cetagandani di spendere pochissima energia per imporsi alla sconvolta opinione pubblica di Vervain. Probabilmente dichiareranno il pianeta un «protettorato» e non lo toccheranno neppure, limitandosi a prendere sotto controllo le rotte commerciali per poi assorbirlo economicamente nel tempo di una generazione. La domanda è: i cetagandani si fermeranno a Pol? Cercheranno di coinvolgere Pol nella manovra, oppure lo lasceranno come stato-cuscinetto fra loro e Barrayar? Conquista o avvolgimento? Se potessero indurre Barrayar a reagire attaccando attraverso lo spazio di Pol senza permesso, ciò porterebbe Pol nella sfera degli alleati cetagandani… mmh! — Riprese a camminare avanti e indietro.

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