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— Comunque, preferisco venderli in lotto. Se la sua organizzazione non è del parere…

— È possibile che si venga a un accordo.

— In breve tempo, mi auguro. Presto dovrò partire.

Con aria assente lei mormorò: — Forse non… — Poi lo guardò, improvvisamente accigliata. — Qual è la sua prossima tappa?

Ungari, comunque, aveva dovuto comunicarla alle autorità della stazione. — Aslund.

— Mmh… sì, dobbiamo arrivare a un accordo. Assolutamente.

In quegli occhi azzurri c'era davvero qualcosa di simile a un «effetto camera da letto»? Lo sguardo di Livia Nu poteva ipnotizzare un uomo. Ecco che finalmente incontro una donna alta appena poco più di me, e non so neppure da che parte sta. E non l'avrebbe definita innocua. Nessuno meglio di lui sapeva che una persona di piccola statura non era necessariamente né debole né indifesa.

— Posso avere un incontro col suo capo?

— Con chi? — Lei inarcò le sopracciglia.

— L'uomo che ho visto con lei questa mattina.

— Oh… così lo ha già visto?

— Mi procuri un colloquio. Vedremo di accordarci subito. Dollari betani, ricordi.

Lidia Nu s'inclinò verso di lui. — Prima il dovere, poi il piacere, certo… ma invertendo i fattori il prodotto non cambia, no? — Miles sentì il suo alito in un orecchio.

Stava cercando di fargli abbassare la guardia? A che scopo? Ungari gli aveva detto di non rinunciare alla sua copertura, e di certo Victor Rotha era il tipo che prende tutto ciò che può avere. Più il dieci per cento. — Non è necessario che… lei lo faccia — riuscì a balbettare. Il cuore gli era balzato in gola.

— Quello che io faccio non è sempre per ragioni di affari — mormorò lei, sfiorandogli il collo con un'unghia.

E perché, allora, prendersi il disturbo di sedurre un piccolo trafficante d'armi? Che piacere poteva esserci per lei? Cosa c'era a parte il piacere per lei? Forse le piaccio. Miles deglutì saliva, cercando di figurarsi cos'avrebbe pensato Ungari di quell'ipotesi. Livia Nu gli passò le braccia intorno al collo. Lui alzò una mano ad accarezzarle una guancia e i capelli sulla tempia. Un'esperienza tattile molto piacevole, proprio come aveva immaginato…

Le mani di lei si strinsero. Per puro riflesso nervoso Miles balzò in piedi di scatto.

E restò lì, sentendosi un perfetto idiota. Era stata una carezza, non un tentativo di strangolamento. L'angolazione da cui lei s'era avvicinata le avrebbe impedito di far leva.

Livia Nu si lasciò andare contro i cuscini, allargando le braccia sopra la spalliera. Inarcò un sopracciglio e scosse il capo, divertita. — Non volevo morderti il collo. I miei denti ti sembrano tanto minacciosi?

Lui avvampò di rossore. — Io devo, mmh, andare, temo. — Si schiarì la gola per riportare la voce al timbro normale, e allungò una mano a sfilare il minidisco dal visore. Lei fece il gesto di fermarlo, ma subito lasciò languidamente ricadere il braccio, fingendosi disinteressata. Miles premette il telecomando della porta.

Il battente scivolò di lato, rivelando la massiccia figura di Keller già pronto ad entrare. Lui si rilassò un poco. Se la sua guardia del corpo non fosse stata lì, il modo di comportarsi della bionda si sarebbe spiegato subito. E troppo tardi, ovviamente.

— Forse io e lei potremmo… — disse goffamente Miles. — Dopo che avremo trattato la consegna della merce, se vuole. — Dopo aver consegnato una merce inesistente? Ma che stava dicendo?

Livia Nu scosse il capo, stupefatta. La sua risata lo seguì lungo il corridoio. Aveva qualcosa che gli diede un brivido.

Quando le luci della cabina si accesero, Miles si svegliò di soprassalto. Sulla porta c'era Ungari, già completamente vestito. Dietro di lui apparve per un momento il pilota dell'astronave, in mutande, con la faccia di chi è dell'opinione di non aver dormito quanto è suo diritto dormire.

Il capitano si volse a guardarlo. — Ti vestirai più tardi — sbottò. — Adesso portaci fuori da questa stazione, e poi oltre il limite di diecimila chilometri. Fra qualche minuto verrò a darti una mano con la rotta, appena… — Scosse la testa, con una smorfia. — Appena saprò dove diavolo stiamo andando. Muoviti!

Il pilota sparì. Ungari entrò a passi lunghi e si fermò accanto al letto. — Vorkosigan, cosa accidenti è successo in quella stanza d'albergo, si può sapere?

Miles strinse le palpebre, irritato dalla luce e dall'incombere di Ungari su di lui. — Eh? — mugolò, con voce impastata.

— Mi hanno appena anticipato la notizia, e dico anticipato di pochi minuti se siamo fortunati, che la polizia giudiziaria di Pol Sei sta per ricevere un ordine d'arresto a nome di Victor Rotha.

— Ma quella ragazza io non l'ho neanche toccata! — protestò Miles, storditamente.

— Il cadavere di Liga è stato trovato in quella stanza.

— Cosa?

— Il laboratorio della polizia ha stabilito l'ora della morte, e corrisponde circa a quella del vostro appuntamento. L'ordine d'arresto sarà diramato fra pochi minuti, e lei se ne sta lì a dormire.

— Ma non l'ho ucciso io. Non ho neppure visto Liga. Soltanto il suo capo, Livia Nu. Voglio dire… se lo avessi ammazzato io glielo direi senz'altro, signore.

— Grazie — borbottò Ungari. — Saperlo mi rassicura molto. — La sua voce s'indurì. — Lei è stato usato, ovviamente.

— Ma chi… — Sì. C'era un altro modo, meno amichevole, in cui Livia Nu poteva aver avuto da Liga il minidisco top secret. Ma se non era il supervisore di Liga, né una agente della polizia poiana, chi era? — Dobbiamo saperne di più, signore. Questo potrebbe essere l'inizio di qualcosa.

— Questo potrebbe essere la fine della nostra missione, perdio! E non possiamo neppure tornare a Barrayar via Pol. Tagliati fuori. Che cosa resta? — Ungari stava evidentemente pensando ad alta voce. Riprese ad andare avanti e indietro. — Bisogna raggiungere Aslund, è indiscutibile. Il loro trattato di estradizione con Pol non è più in vigore, attualmente… ma là ci aspettano le sue complicazioni coi mercenari. Quelli sanno che Rotha è Naismith, ora, grazie alla sua trascuratezza.

— Da quel che ha detto Chodak, devo supporre che l'ammiraglio Naismith non sarebbe accolto a braccia aperte — ammise con riluttanza Miles.

— La Stazione Confederata del Gruppo Jackson non ha trattati di estradizione con nessuno. La nostra copertura si è rivoltata contro di noi: Rotha e Naismith, entrambi inutili. Ci resta soltanto la Confederata. Dovrò portare là questa nave, provvedere a una nuova copertura, e poi andare ad Aslund per conto mio.

— E in quanto a me, signore?

— Lei e Keller lascerete il campo e tornerete in patria attraverso un'altra rotta, ovviamente molto più lunga.

Tornare in patria. In disgrazia. — Signore… rinunciare così non mi sembra onorevole. Se invece tenessimo duro e dimostrassimo che Rotha è estraneo ai fatti? Non saremmo più tagliati fuori, e Rotha tornerebbe a essere una copertura sfruttabile. C'è la possibilità che qualcuno voglia proprio questo da noi: tagliarci fuori e costringerci a sgombrare il campo.

— Non vedo chi potrebbe aver previsto che il mio informatore nella polizia poiana mi avrebbe messo sull'avviso. Penso invece che questa manovra sia tesa a inchiodarci qui. — Ungari si batté un pugno sul palmo dell'altra mano; un gesto risoluto, stavolta. — Dovrà essere la Confederata. — Girò su se stesso e uscì, facendo risuonare gli stivali sul ponte. Da lì a poco una vibrazione che pervase lo scafo e alcuni rumori metallici all'esterno informarono Miles che la piccola astronave si stava staccando da Pol Sei.

Ad alta voce disse, rivolto alla cabina vuota: — E se quelli avessero un piano per entrambe le alternative? Al loro posto io lo avrei. — Scosse la testa, dubbiosamente; poi si vestì in fretta e seguì Ungari.

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