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I titanidi non avevano mai sentito parlare di piani regolatori. Le case sorgevano sul terreno, sottoterra, e persino sugli alberi. Le strade nascevano dóve il traffico era più intenso. Non c’erano insegne né le strade avevano nomi; un’eventuale mappa cittadina sarebbe stata ben presto coperta dalle correzioni apportate dalle case che sorgevano nel mezzo di una strada costringendo i pedoni a cercarsi nuovi varchi fino a quando si stabiliva un nuovo, precario equilibrio.

Tutti avevano una canzone di saluto per lei.

— Ciao, Mostro-della-Terra! Ancora in equilibrio, vedo.

— Oh, guarda, Due-gambe! Vuoi festeggiare con noi?

— Chiedo scusa — cantava lei in risposta. — Ho affari urgenti da sbrigare. Avete visto Maestrocantore?

Cirocco si divertiva a tradurre così le loro frasi, anche se nella lingua dei titanidi non esistevano insulti.

E poi era molto difficile rifiutare i loro inviti. Per loro, la cucina era la forma artistica più sublime; e dopo due mesi a base di frutta e carne cruda, quei cibi erano divini, considerando anche il fatto che i terrestri potevano ingerire qualsiasi cibo andasse bene per i titanidi.

Alla fine, dopo molte difficoltà, trovò l’edificio che lei chiamava municipio. Era il municipio semplicemente perché ci viveva Maestrocantore, e Maestrocantore fra i titanidi rappresentava l’autorità più alta. Era un signore della guerra, ma anche quello entro certi limiti. Il giorno dell’attacco degli angeli aveva guidato i suoi alla battaglia, ma da allora in poi si era comportato come chiunque altro.

Cirocco voleva chiedergli se sapesse dove si trovava Gene, ma non fu necessario. Gene era già lì.

— Rocky, come sono contento di vederti. — L’abbracciò e le diede un bacio sulla guancia, fatto per cui lei si sentì irritata.

— Maestrocantore e io stavamo discutendo su alcune cose che potrebbero interessarti.

— Riesci a parlare con loro?

— Il suo canto è atroce — rispose Maestrocantore — simile a quello delle genti di Crio. Ha un orribile senso del tempo… Ma riusciamo a cantare assieme, in un certo senso.

— Capisco abbastanza di quello che dice — cantò ridendo Gene. — Considera comunque che mi parla come fossi un bambino un po’ ritardato.

— Perché non me l’hai detto, Gene? — gli chiese lei, fissandolo negli occhi.

— Non credevo che fosse importante — rispose lui, e abbassò lo sguardo. — Ho avuto anch’io una dose di quello che hai avuto tu, ma con me non ha funzionato molto bene.

— Ti ho solo chiesto perché non me l’hai detto prima, tutto qui.

— Chiedo scusa, va bene? — Sembrava irritato. Ma era assurdo pensare che sperasse di conservare il segreto. Era comunque strano che l’avesse lasciata all’oscuro di quella particolarità.

— Gene mi ha raccontato cose molto interessanti — cantò Maestrocantore. — Ha tracciato linee sul mio tavolo, ma per me hanno poco senso. Amerei capire, e ti prego di dissipare le tenebre col tuo canto chiaro.

— Sì, Rocky, provaci tu. Questo scemo non capisce niente.

Cirocco lanciò un’occhiata dura a Gene, prima di ricordare che i titanidi non capivano l’inglese. Comunque restava sempre una frase infelice: Maestrocantore era tutt’altro che stupido. Il titanide era inginocchiato davanti a un tavolo basso, del tipo che la sua razza amava molto. Il suo pelo, lungo qualche centimetro, era arancione, la pelle color cioccolato, gli occhi grigi. Le facce dei titanidi, che all’inizio le sembravano tutte uguali, adesso le apparivano espressive come quelle umane; comunque ora riusciva benissimo a distinguerli senza più dover fare riferimento al colore; anche se secondo i suoi canoni le loro erano sempre facce femminili, a prescindere dal pene.

Gene aveva usato i loro colori ornamentali per tracciare una mappa sul tavolo di Maestrocantore. Due linee parallele correvano a est e a ovest, e altre linee suddividevano in rettangoli lo spazio intermedio. Era la carta di una parte di Gea vista dall’alto.

— Qui c’è Iperione — disse Gene, indicando con l’indice sporco di tintura rossa. — A ovest, Oceano; a est, Rea. Ci sono cavi di sostegno qui, qui e qui. I titanidi vivono a Iperione est e Crio ovest. Però a Rea non ci sono angeli. E lo sai perché, Rocky? Perché vivono nei raggi.

— Ma che scopo ha questa carta?

— Un attimo di pazienza. Traduci, per favore.

Lei fece del suo meglio. Dopo diversi tentativi, Maestrocantore parve interessato. Appoggiò il dito su una linea tracciata da Gene.

— Allora questa è la grande scala verso il cielo vicina al nostro villaggio?

— Sì. E questa è Titantown.

Maestrocantore aggrottò le sopracciglia. — Perché non riesco a vederla?

— Ora te lo dico — disse Gene in inglese. — Perché non l’ho ancora segnata — cantò. E con altro colore fece un’altra macchiolina accanto a quella più grande.

— Com’è possibile che queste linee uccidano tutti gli angeli? — chiese Maestrocantore.

Gene guardò Cirocco. — Ha chiesto come mai il disegno non è completo nei particolari?

— No, ha chiesto cosa c’entra la tua mappa col fatto di uccidere gli angeli. E adesso ti pongo una domanda io: cosa diavolo vuoi combinare? Ti proibisco di proseguire questa discussione. Non ricordi la Convenzione di Ginevra? Non possiamo aiutare né gli uni né gli altri.

Gene restò in silenzio per un attimo, senza guardarla. Poi le rispose con estrema tranquillità.

— E tu non ricordi la strage cui abbiamo assistito, o non te ne sei nemmeno accorta? I titanidi hanno avuto sedici morti. Gli angeli due, più un ferito.

— Tre. Tu non hai visto cos’è successo al terzo. — Il ricordo la faceva ancor star male.

— Non fa differenza. Il punto è che gli angeli hanno usato una nuova tattica. Si sono fatti portare sul dorso da Finefischio. All’inizio abbiamo pensato che si fossero alleati con gli aerostati, ma anche Finefischio era sconvolto. Gli aerostati sono neutrali. Gli angeli gli sono saltati addosso durante un temporale, e lui non se n’è nemmeno accorto, perché pensava che si trattasse di acqua, e l’acqua lo fa diventare più pesante. In genere aumentano d’almeno due tonnellate.

— Cosa stai cercando di fare? Vuoi mettere in piedi un’alleanza? Non ne hai il potere, capito? Io posso farlo, come Comandante.

— Forse dovrei ricordarti che la tua nave non esiste più.

Se avesse voluto ferirla non avrebbe potuto vibrare colpo migliore. Si rischiarò la gola e continuò: — Gene, non siamo qui nel ruolo di consiglieri militari.

— Volevo solo mostrar loro un po’ di cose. Ad esempio questa mappa. Senza una mappa non può esistere una strategia. Ci vorrà anche qualche tattica nuova, ma…

Maestrocantore uscì nel fischio acuto che era l’equivalente dello schiarirsi la gola, e Cirocco ricordò all’improvviso che c’era anche lui.

— Chiedo scusa — disse il titanide. — Questo disegno è davvero bello. Lo dipingerò sul mio petto alla prossima riunione delle tre città. Ma stavamo parlando di come uccidere gli angeli. Vorrei sapere qualcosa della polvere grigia di violenza di cui si discuteva prima.

— Gesù, Gene! — esplose Cirocco; poi rimise sotto controllo la voce. — Maestrocantore, il mio amico ha una padronanza scarsa del vostro canto. Deve essersi espresso male. Non conosco una polvere simile.

— Allora parliamo dello strumento che scaglia in aria le frecce, più in alto di quanto non arrivi la mia mano. — Gli occhi di Maestrocantore erano due polle tranquille.

— Scusami un attimo. Devi aver capito male. — Cirocco si voltò verso Gene, cercando di mantenere la calma. — Vattene. Parleremo dopo.

— Rocky, volevo solo…

— È un ordine, Gene.

Lui esitò. Tutti e due erano esperti di combattimento corpo a corpo; difficile prevedere chi potesse vincere.

Poi Gene si rilassò, picchiò il pugno sul tavolo e uscì. Maestrocantore aveva seguito tutta la scena, e ai suoi occhi non sfuggiva niente.

— Mi scuso se ho causato un flusso di sensazioni spiacevoli fra te e il tuo amico — cantò il titanide.

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