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Ci vollero due giorni, anziché uno, e furono terribili.

Si fermarono spesso a sterilizzare le bende di Bill. La ciotola che usavano per scaldare l’acqua funzionava in modo molto approssimativo, e l’acqua impiegava quasi un’ora a bollire, perché su Gea la pressione era superiore a un’atmosfera.

Gaby e Cirocco dormivano a turno, per poche ore, quando il fiume era tranquillo. Ma spesso dovevano spingere tutte e due l’imbarcazione per non incagliarsi.

Continuava a piovere regolarmente.

Bill si svegliò dopo ventiquattro ore. Sembrava invecchiato di cinque anni. La sua faccia era grigia e quando Gaby gli sostituì il bendaggio la ferita non aveva un bell’aspetto. La parte inferiore della gamba e metà del piede erano grandi il doppio del normale.

Dopo un po’ fu preso dal delirio, con una febbre altissima che lo faceva sudare copiosamente.

All’inizio del secondo giorno Cirocco lanciò il solito richiamo a un aerostato di passaggio, ma cominciava già a temere che fosse troppo tardi. Lo guardò volare tranquillamente sopra il mare ghiacciato, e si chiese perché avesse insistito per lasciare la foresta, oppure perché mai anche lei non avesse voluto chiudersi nel ventre di Finefischio, anziché affrontare cose orribili come quei pesci che si rifiutavano di morire.

I motivi che l’avevano spinta a quella decisione erano sempre validi; ma era stanca di sopportare quel peso. Gaby non poteva volare nei dirigibili e dovevano trovare un’altra soluzione. Come sarebbe stato più semplice, più soddisfacente abbandonare ad altri le responsabilità di tutte quelle vite e in più, si sentiva infelice anche per la propria esistenza. Perché mai aveva pensato di voler fare il capitano? Cosa aveva fatto di buono da quando aveva assunto il comando del Ringmaster?

In realtà voleva una cosa semplicissima, ma difficile da trovare. Voleva amore, come chiunque altro. Bill aveva detto di amarla; perché non riusciva a dirglielo anche lei? Aveva sperato di riuscirci, un giorno, ma adesso lui stava morendo, ed era colpa sua.

E poi voleva l’avventura. L’aveva inseguita per tutta la vita, dal primo albo a fumetti che aveva avuto per le mani, dal primo documentario sullo spazio che aveva guardato con gli occhi sbarrati dell’infanzia, dal primo western spaccone in bianco e nero che aveva visto. La voglia di fare qualcosa di eroico e violento non l’aveva mai lasciata. L’aveva aiutata a sopravvivere alla carriera di cantante che sua madre aveva pianificato per lei e al ruolo di casalinga che molti avrebbero voluto imporle. Quello che voleva era piombare all’improvviso sul covo dei pirati spaziali, i laser lampeggianti, oppure strisciare furtiva nella giungla con una banda di fieri rivoluzionari per un attacco notturno a una fortezza nemica, oppure partire alla ricerca del Santo Graal o distruggere la Stella della Morte. Da adulta aveva trovato altri motivi per lavorare con tenacia al college e costringersi a essere sempre la migliore in attesa che la sorte la favorisse, perché loro non potessero scegliere nessun altro per la missione su Saturno. Dietro a tutto quello, comunque, c’era la voglia di viaggiare e vedere posti strani e fare cose che nessun altro aveva mai fatto, e questo l’aveva portata fino al ponte di comando del Ringmaster.

Ed eccola lì, l’avventura. Stava solcando un fiume su un gigantesco guscio di noce, all’interno della struttura più titanica che l’occhio umano avesse mai visto; e un uomo che l’amava stava morendo.

La regione orientale di Iperione era una terra di colline dai profili dolci e di grandi pianure, cosparse di alberi piegati dal vento come in una savana africana.

Il fiume diventò più stretto e più veloce, e misteriosamente più freddo.

Furono trascinati dalla corrente per cinque o sei chilometri, videro scogliere che terminavano bruscamente sulla riva. Quando andava troppo forte, il Titanic diventava ingovernabile. Cirocco cercò a lungo un punto per attraccare.

Lo trovò, e per due ore dovettero lottare contro la corrente con remi e timone. Sia lei sia Gaby erano allo stremo delle forze. Per di più le scorte di cibo erano finite, e lì la terra non sembrava fertile.

Trassero l’imbarcazione a riva e la portarono verso l’interno per metterla al sicuro. Bill non si accorse di niente. Non parlava più da molto tempo. Cirocco restò a vegliarlo; Gaby cadde in un sonno profondo come la morte.

Cirocco si sforzò di rimanere sveglia esplorando la zona lì attorno nel raggio di un centinaio di metri.

Poco lontano dalla riva c’era una collina bassa. Salì in cima.

Iperione est sembrava la terra ideale per un contadino. Ampie zone di terreno sembravano campi coltivati a grano. L’illusione era spezzata da altre aree color rosso, e da altre ancora di un blu pallido misto all’arancione. Il vento muoveva tutto, come se si trattasse di un unico tappeto d’erba. Le ombre scure prodotte dalle nubi si muovevano sul terreno. Alcune formazioni nuvolose erano estremamente basse.

A est, le colline si protendevano verso la zona di confine tra giorno e notte di Rea ovest. Diventavano sempre più verdi, probabilmente per la presenza di foreste; poi si perdevano nel buio, diventando montagne scure e aride.

A ovest, la terra si appiattiva, costellata di laghi e zone paludose. Più oltre c’erano il verde fitto della foresta tropicale; e più oltre ancora, le pianure che sembravano curve svanivano nel tramonto di Oceano col suo mare ghiacciato.

Scrutando le colline lontane, vide un gruppo di animali, puntini neri sullo sfondo giallo. Due o tre sembravano più grandi degli altri.

Stava per tornare all’accampamento quando sentì la musica. Era così debole e lontana che la stava ascoltando già da un po’ senza rendersi conto che si trattava di musica. Un rapido addensarsi di toni diversi, poi una nota forte, dolce e chiara. Parlava di luoghi tranquilli, di una pace che non credeva di poter provare mai più; ed era familiare come una ninnananna dell’infanzia.

Si scoprì a piangere, tranquilla, immobile. Poi la musica svanì.

Il titanide li trovò mentre stavano togliendo le tende, prima di spostare Bill. Apparve in cima alia collina che Cirocco aveva scalato il giorno precedente. Lei aspettò che fosse la creatura a fare la prima mossa, ma evidentemente avevano avuto la stessa idea.

Sembrava la copia esatta di un centauro. La parte inferiore del corpo era equina, la metà superiore così umana da risultare spaventosa. Cirocco non era certa di credere ai propri occhi.

Non assomigliava ai centauri immaginati da Disney, e nemmeno tanto al classico modello greco. Possedeva una peluria abbondante, ma la maggior parte del corpo era costituita di pelle nuda e pallida. C’erano grandi cascate multicolori di pelo sulla testa e sulla coda, sulla parte inferiore di tutte e quattro le zampe, e sugli avambracci. Cosa ancora più bizzarra, c’erano peli tra le due zampe anteriori, dove ogni cavallo che si rispetti non aveva nulla, ma era perfettamente liscio. Il titanide aveva un bastone da pastore e non indossava vestiti, a parte qualche ornamento.

Cirocco era sicura che si trattasse di uno dei titanidi di cui le aveva parlato Calvin, la razza di sole femmine; ma Calvin aveva commesso un errore: non avevano sei gambe, ma sei arti.

Cirocco fece un passo in avanti. Il titanide si portò una mano alla bocca, poi fece un gesto velocissimo.

— Attenta! — disse. — Sii cauta, per favore.

Per un attimo lei si chiese di cosa stesse parlando il titanide, poi fu travolta dalla sorpresa. La creatura non aveva parlato né in inglese, né in russo, né in francese; e sino ad allora, quelle erano le uniche lingue che Cirocco conoscesse.

— Cosa… — S’interruppe, schiarendosi la gola. Alcune delle parole erano su un tono troppo alto. — Cosa c’è? Siamo in pericolo? — Porre domande era difficile, richiedeva toni complessi.

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