Van Atta si scostò di un altro mezzo metro dal capitano della Sicurezza, che di colpo si era trasformato in un poeta.
— Armi — disse, — che genere di armi ha in dotazione la Sicurezza?
— Storditori — rispose Bannerji, raddrizzandosi e fissandosi l’unghia del pollice destro: c’era forse una scintilla di ironia nel suo sguardo? No, non avrebbe osato.
— Voglio dire sulla vostra navetta — replicò Van Atta irritato. — Armi montate sulla nave. Strumenti di forza. Non si può minacciare se non si hanno gli strumenti per farlo.
— Ci sono due unità laser di media potenza. L’ultima volta che le abbiamo usate è stato, vediamo… per bruciare un pezzo di tronco che stava trattenendo un torrente in piena, minacciando un accampamento di esplorazione.
— Sì, bene, è più di quello che hanno a disposizione loro, in ogni caso — disse eccitato Van Atta. — Possiamo attaccare l’Habitat o la supernave, anzi, magari tutti e due. La cosa importante è impedire che si uniscano. Sì, bisogna prendere subito la nave. La sua navetta è rifornita di carburante e pronta a partire, capitano?
La dottoressa Yei era impallidita. — Aspetti un attimo! Chi ha parlato di attaccare? Non siamo neppure riusciti a stabilire un contatto verbale. Se i pirati sono davvero dei quad, sono certa che riuscirei a ricondurli alla ragione…
— È troppo tardi per ragionare. Questa situazione richiede un’azione immediata — L’umiliazione bruciava le viscere di Van Atta, rinfocolata dalla paura. Se gli alti papaveri della Compagnia avessero scoperto che il controllo gli era completamente sfuggito di mano… Be’, era meglio che per ora riacquistasse il controllo in pieno, e fermamente.
— Sì, ma… — la dottoressa si umettò le labbra, — le minacce vanno benissimo, ma usare veramente la forza è pericoloso… forse distruttivo. Non farebbe meglio a procurarsi qualche tipo di autorizzazione, prima? Se qualcosa va male, non penso che voglia ritrovarsi nei guai.
Van Atta tacque. — Ci vorrebbe troppo tempo — replicò alla fine. — Forse più di un giorno, per raggiungere il Quartier Generale del Distretto su Orient IV e ritorno. E se per caso decidessero che la cosa scotta troppo, passando la patata bollente ad Apmad sulla Terra potrebbero trascorrere parecchi giorni prima di ricevere una risposta.
— Ma ci vorranno lo stesso parecchi giorni, no? — disse Yei, guardandolo fisso. — Anche se riuscissero ad adattare l’Habitat alla supernave, non potranno certo imprimergli la spinta di un caccia: non reggerebbe alla sollecitazione, ci vorrebbe troppo carburante… abbiamo ancora un mucchio di tempo. Non sarebbe meglio ottenere un’autorizzazione, per andare sul sicuro? Così, se qualcosa va storto, non sarebbe colpa sua.
— Be’… — Van Atta esitò ancora. Com’era tipico della dottoressa essere tanto titubante e indecisa. Poteva quasi sentirla: adesso sediamoci e discutiamone da persone ragionevoli… Detestava lasciarsi convincere da lei, ma in effetti su di un punto aveva ragione: coprirsi le spalle era una regola fondamentale di sopravvivenza, anche per i più forti.
— Be’… no, maledizione! Una cosa su cui posso giurare è che la GalacTech vorrà che tutto questo fiasco passi sotto silenzio. L’ultima cosa che si augurerebbero è il diffondersi di voci incontrollate sui loro pupilli improvvisamente impazziti. È meglio per tutti noi se la cosa viene trattata nello spazio locale di Rodeo. — Si rivolse a Bannerji. — Allora questo ha priorità assoluta: lei e i suoi uomini dovrete riportare indietro quella supernave, o almeno metterla in condizioni di non funzionare.
— Questo — fece notare Bannerji, — sarebbe un atto di vandalismo. E inoltre, come è già stato sottolineato prima, la Sicurezza del Porto Tre non è alle sue dipendenze, signor Van Atta. — E lanciò uno sguardo significativo al suo capo, che era rimasta ad ascoltare in silenzio, giocherellando con una ciocca di capelli sfuggita alla sua impeccabile pettinatura.
— È vero — confermò Chalopin. — L’Habitat può essere un problema suo, signor Van Atta, ma il furto della supernave rientra chiaramente nella mia giurisdizione. E c’è ancora uno dei miei trasporti mercantili ancorato lassù, anche se la stazione di trasferimento ha riferito di aver tratto in salvo l’equipaggio da una capsula di emergenza.
Van Atta ribolliva di rabbia: era stato bloccato. Bloccato da due maledette donne. La dottoressa Yei aveva parlato a beneficio di Chalopin, si rese conto all’improvviso, e aveva fatto centro. — Allora così sia — disse alla fine a denti stretti, — passeremo la palla al Quartier Generale. E allora vedremo chi comanda qui.
La dottoressa Yei chiuse gli occhi un istante, in un gesto di sollievo. A un ordine di Chalopin, un operatore predispose i sistemi per l’invio di un messaggio di emergenza al Distretto. Trasmesso via radio alla velocità della luce verso la stazione vicina al corridoio, sarebbe stato registrato sulla prima nave disponibile pronta al balzo, e poi di nuovo trasmesso via radio a destinazione.
— Nel frattempo — chiese Van Atta a Chalopin, — cosa pensa di fare per la sua - e sottolineò con sarcasmo l’aggettivo, — nave rubata?
— Procedere con cautela — rispose lei in tono controllato. — Dopo tutto, abbiamo ragione di pensare che vi sia coinvolto un ostaggio.
— Non siamo sicuri che tutto il personale della GalacTech sia stato allontanato dall’Habitat — si intromise la dottoressa.
Van Atta grugnì, non potendo contraddirla. Ma se davvero c’erano ancora dei terrestri sull’Habitat, le alte sfere si sarebbero certamente rese conto della necessità di una risposta rapida e decisa. Doveva chiamare la Stazione di Trasferimento e accertare il numero definitivo degli scampati. Se tutti quegli idioti lo avessero obbligato a starsene con le mani in mano per i giorni seguenti, almeno poteva fare i suoi piani per quando avrebbe avuto via libera.
E presto o tardi avrebbe avuto via libera. Non gli era sfuggito l’orrore malcelato che Apmad nutriva nei confronti dei mutanti quad. Quando fosse venuta a conoscenza di questo pasticcio, sarebbe schizzata in aria con una tale pelle d’oca, ostaggi o non ostaggi… Van Atta socchiuse gli occhi. — Ehi — esclamò ad un tratto, — non siamo così inermi come pensavamo. Questo gioco possiamo affrontarlo ad armi pari… anch’io ho un ostaggio!
— Sì? — domandò perplessa la dottoressa, e poi si portò una mano alla gola.
— Può starne certa. E pensare che me ne ero quasi dimenticato. Quel furfante a quattro mani di Tony è qui!
Tony era il cocco di Graf… e lo stallone favorito di quella puttanella di Claire, e lei di sicuro era tra i caporioni… per Dio, egli avrebbe sfruttato la cosa a suo vantaggio! Girò sui tacchi. — Avanti, Yei! Quei piccoli bastardi risponderanno alle nostre chiamate, adesso!
I piloti del balzo potevano anche ritenere che le loro navi fossero meravigliose, pensò Leo, mentre la D-620 virava silenziosa entrando nel suo campo visivo, ma in verità non sembrava altro che un mostruoso calamaro meccanico. All’estremità anteriore c’era una sezione a forma di capsula, contenente la camera di guida e gli alloggi dell’equipaggio, protetta dai rischi materiali dell’accelerazione tramite uno schermo laminato schiacciato alle estremità, mentre un invisibile cono magnetico la riparava dalle radiazioni. Dietro di essa si incurvavano quattro lunghissimi bracci collegati fra loro. Due contenevano i motori a propulsione normale, mentre negli altri due era alloggiato il nucleo centrale che costituiva lo scopo della nave, le barre dei generatori di campo Necklin che spingevano la nave nello spazio dei corridoi durante il balzo. Tra le quattro braccia c’era un enorme spazio vuoto che normalmente veniva occupato dalle capsule di carico. La strana nave avrebbe assunto un aspetto meno bizzarro quando quello spazio fosse stato riempito dai moduli dell’Habitat, decise Leo, e a quel punto forse anch’egli non avrebbe più esitato a definirla meravigliosa.